L’attuazione, nei paesi più deboli della Zona euro, di politiche di austerity, il rigore di bilancio, suscita vivaci dibattiti fra gli economisti e ricorda quel che accadde in Germania negli anni 1930.

Le Monde cahier « Eco & entreprise » del 27 novembre 2012.  Pagina consacrata a Heinrich Brüning (1885-1970).
Le Monde cahier « Eco & entreprise » del 27 novembre 2012.
Pagina consacrata a Heinrich Brüning (1885-1970).


Partita dagli Stati Uniti, la crisi economica del 1929 aveva raggiunto l’Europa in breve tempo, provocando una recessione generale, un calo dei prezzi che aveva danneggiato i profitti delle imprese e milioni di disoccupati, soprattutto negli Stati Uniti e in Germania.

Di fronte a questa situazione, gli economisti “ortodossi” preconizzavano politiche economiche deflattive per ridurre i costi salariali, alfine di seguire il calo dei prezzi e permettere una ripresa dei profitti, nonchè il rilancio degli investimenti.
Si trattava anche di ridurre le spese pubbliche per ritrovare un’eccedenza di bilancio che avrebbe restaurato la credibilità degli Stati.

Questa politica fu applicata dal presidente americano Herbert Hoover sino al 1932, da Pierre Laval in Francia nel 1934-1935 e in Germania dal 1930 al 1932 dal Cancelliere Heinrich Brüning.

Brüning era stato nominato Cancelliere nel marzo 1930 in un contesto difficile : la Germania, che nel 1924 aveva subito il trauma dell’iperinflazione e il crollo del valore della sua moneta, era in recessione e contava 3 milioni di disoccupati. Inoltre, doveva far fronte all’oneroso rimborso dei danni della guerra del 1914-1918.

L’obiettivo primario di Brüning era ritrovare un’eccedenza commerciale – in un momento in cui le esportazioni della Germania erano calate di molto – ridurre o ammortare il peso del debito e delle riparazioni di guerra attraverso una politica deflattiva basata sull’aumento del tasso di sconto, forti riduzioni delle spese dello Stato, aumento dei dazi doganali, riduzione dei salari e dei sussidi di disoccupazione.

Siccome il Parlamento rigettò le sue proposte, nel luglio 1930 Brüning lo sciolse, provocando elezioni che videro l’ascesa del partito nazista (18,3 % dei voti e 107 seggi nel Reichstag).
Grazie a una coalizione fra il centro e diversi piccoli partiti, Brüning ottenne una maggioranza che accettò le sue leggi.
I principali decreti, promulgati nel 1930 e nel 1931, imponevano una riduzione dei salari degli operai e dei funzionari, una riduzione dell’aiuto ai disoccupati, l’aumento dell’età necessaria per ottenere questi aiuti (portata da 16 a 21 anni), l’esclusione delle donne dal diritto a queste indennità, la diminuzione delle allocazioni famigliari e l’aumento delle imposte del 5%.

Parallelamente, alcune grandi società beneficiarono di sovvenzioni e di riduzioni d’imposta. Lo Stato tedesco accordò prestiti alle banche in difficoltà ed estese il suo controllo del settore, arrivando a detenere sino ai 3/5 del capitale delle banche.
La politica di Brüning non puntava all’aiuto dei lavoratori colpiti dalla crisi del 1929, quanto piuttosto al rilancio dell’attività delle aziende, soprattutto di quelle attive nell’esportazione, attraverso una riduzione dei costi di produzione, qualunque fossero state le conseguenze sociali.

La politica deflattiva di Brüning permise di restaurare l’equilibrio della bilancia commerciale, ma il risultato fu solo provvisorio, a causa delle svalutazioni britannica (1931) e americana (1933) che intaccarono la competitività dei prezzi delle esportazioni tedesche.
L’impopolarità delle misure adottate da Brüning andarono a vantaggio di Adolf Hitler, che ottenne il 30% dei voti all’elezione presidenziale del 1932, quando il presidente Hindenburg fu comunque rieletto con il 50% dei voti.

Le elezioni legislative che ebbero luogo dopo la dissoluzione del Reichstag (nel luglio e dicembre 1932) fecero del partito nazista il primo partito della Germania, con il 37,3 % dei voti in luglio e il 33,1 % in dicembre. Questo portò il presidente Hindenburg a nominare Adolf Hitler nuovo Cancelliere nel 1933.

Di recente, l’economista americano Joseph Stiglitz ha fatto notare che se si può capire come la Germania abbia paura di rivivere il periodo inflazionista fra le due guerre, dovrebbe ammettere che non è l’inflazione che ha portato Hitler al potere, ma la massiccia disoccupazione.

(Fonte : Le Monde.fr)