Riprendiamo da Opinione Liberale questo notevole articolo, molto incisivo, del segretario di Stato Mauro dell’Ambrogio. Secondo noi un pezzo del genere non viene pubblicato per caso e con ogni probabilità prelude a una svolta nella strategia comunicativa del PLR. Leggeremo con interesse le reazioni domenicali a questo attacco a tutto campo.
Dell’Ambrogio prevede la “fine dell’inganno” (con conseguente caduta della Lega) proprio nel momento in cui essa si trova elettoralmente allo zenit. Ora, tutto è possibile, ma ci permettiamo di fargli notare che una cosa è la previsione, altra la speranza. (fdm)
La Lega ha costruito il suo successo in Ticino su un inganno permanente, il cui ideatore è morto prima che diventasse evidente a tutti. L’inganno consiste nel far credere che si possono ridurre le imposte, aumentare le prestazioni sociali, e che basta ridurre l’apparato dello Stato per quadrare i conti. Con questi argomenti è facile conquistare consensi in un popolo che ha secoli di ritardo nella democrazia diretta rispetto ad altre parti della Svizzera (così spiegò onestamente Pietro Martinelli già il successo del PSA, a posteriori)”.
“La politica di assunzione dei propri fedeli”
Con iniziative per meno imposte si rastrellano consensi nei benestanti e in chi diffida dello Stato. Nel settore ideologico opposto, e tra i meno benestanti, il consenso si consegue con i referendum contro ogni freno all’aumento dei costi della socialità. E contro gli apparati dello Stato, identificati con la politica di assunzione dei propri fedeli da parte dei partiti tradizionali, è facile – per un movimento politico nuovo che si spaccia per “diverso” – mobilitare il risentimento dei tanti che il favore clientelare non l’hanno ottenuto o non lo vogliono o non lo possono chiedere.
Incoerenza di Gobbi
Ma conquistati i voti e con essi i “cadreghini” bisogna fare i conti con la realtà. Il ministro leghista responsabile della sicurezza annuncia un aumento del personale di polizia. Come se la polizia non fosse anch’essa parte dell’apparato che il suo partito ha sempre detto di voler ridurre. E come se tale annuncio non legittimasse a fare altrettanto per l’educazione, la sanità, le strade, le molte cose necessarie di cui lo Stato si occupa: accanto a qualcun’altra non così necessaria, ma che sul complesso pesa poco. In politica è più efficace fare leva sul caso particolare che essere razionali quantificando. Neppure chiudendo ogni anno un ufficio cantonale, un posto di polizia e una scuola si riuscirebbe a compensare l’aumento automatico per sussidi di cassa malati e altre ridistribuzioni, il cui freno à sempre stato sabotato dalla Lega.
La telenovela del moltiplicatore
A Lugano era ovvio che la fusione tra una Città ricca e una periferia dalle risorse fiscali più modeste non avrebbe permesso di mantenere un moltiplicatore basso senza severi risparmi. Mense gratuite, rinuncia alla tassa sui rifiuti e altri lussi da città piccola e ricca si sarebbero potuti estendere alla Grande Lugano solo aumentando il moltiplicatore. Ma era più facile e politicamente redditizio far credere il contrario: come già fare e vincere i referendum sui conducenti della funicolare, tanto per cominciare.
Ci guardano dal Cielo
Flavio Maspoli e Giuliano Bignasca additavano abilmente all’opinione pubblica di volta in volta un capro espiatorio per far votare di pancia: i progettisti dei forni a griglia, qualche amministratore di casse malati, come se il problema fosse la piccola percentuale che costa l’amministrazione assicurativa e non l’esplosione dei consumi sanitari: favorita anche dalla dispersione dei servizi ospedalieri, altro cavallo della Lega. Flavio Maspoli e Giuliano Bignasca ora sono morti e parlarne male non è buona cosa, già perché non possono difendersi.
“Le stizze di un vicesindaco mancato” (così si arrabbierà ancor più, ndR)
Ma l’eredità politica in mano ai successori è indifendibile, non per difetto di leadership, ma perché contraddittoria fin nelle radici. Forza e carisma di un capo sublimano l’imbroglio, ne prolungano la durata, ma non oltre la sua scomparsa. La dipartita di Berlusconi dalla scena condanna al ridicolo chi tenta di prolungare il berlusconismo. Per vedere quanto di simile sta accadendo in Ticino basta guardare le stizze di un vicesindaco mancato. La Lega è nata imitando la reazione anti-romana della Lega Lombarda: Berna (o a Bellinzona) come a Roma, tutti ladri o scemi uguali. Visto da Berna in verità il programma politico della Lega è quanto di più italiano ci sia, nel senso degli aspetti negativi della cultura politica di quel paese: meno sono le imposte e meglio è, possibilmente da pagare dagli altri; lo Stato è comunque ladro, e se riduce le prestazioni lo è due volte; i soldi lo Stato li ha, ma i governanti li nascondono per usarli poi in modi sporchi; cresca pure il debito che qualcuno lo pagherà.
Alcuni leghisti sono “buoni” (ma chi sono?)
Ho collaborato per anni con apprezzabili esponenti della Lega, ad esempio nell’AET, spettatori delle bordate e degli sbeffeggiamenti contro le decisioni attribuite dal Nano agli avversari politici da screditare, indifferenti al fatto che le avessero condivise. Al massimo solidali a tu per tu, come a dire “scusaci, ma è fatto così”; e pensando intanto “così ci porta voti, che m’importano più della mia dignità”. Non deve essere stato diverso in governo e in qualche municipio. Ma questo sta finendo. Non solo perché il Nano non c’è più, ma perché i suoi eredi sono ormai troppi nelle istituzioni per nascondersi dietro agli altri, quando ci sono decisioni o indecisioni da sbeffeggiare la domenica mattina. Con le contraddizioni si fanno voti ma non si governa. E se governano, come tanti leghisti onestamente cercano di fare, si squaglia il carrozzone di risentimenti opposti sul quale fonda la loro fortuna.
Mauro dell’Ambrogio