“Osservatore interessato dalla Storia e dai mercati d’investimento, sono affascinato dal modo in cui i grandi eventi che trovano origine in tendenze a lungo termine sono spesso spiegabili con cause a breve termine”.

Così scrive l’esperto economico svizzero Marc Faber sul portale “la-chronique-agora.com”, e prosegue : “La Prima guerra mondiale viene spiegata come una conseguenza dell’assassinio dell’Arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo-Este il 28 giugno 1914 a Sarajevo. Si spiega la crisi economica del 1929 come il risultato del rigore delle politiche monetarie della banca centrale americana. Si spiega che Adolf Hitler sia la causa della Seconda guerra mondiale e che la guerra del Vietnam è stata la conseguenza della minaccia comunista.

Allo stesso modo si attribuisce la deflazione che ha fatto seguito al 1980 alle politiche monetarie restrittive di Paul Volcker, presidente della Federal Reserve sotto i presidenti Jimmy Carter e Ronald Reagan. Il crash della Borsa del 1987 è stato causato dalle assicurazioni dei portafogli e la crisi asiatica e il crash della Borsa del 1997 sono attribuiti agli stranieri che avevano attaccato il baht (la moneta tailandese). Tuttavia, se si guardano questi eventi più da vicino si vede che la loro causa era ben più complessa e che un carattere inevitabile entrava sempre in gioco.

Prendiamo ad esempio il crash della Borsa del 1987. Nell’estate di quell’anno, il mercato borsistico era diventato estremamente sopravvalutato e una correzione era inevitabile, malgrado il futuro sembrasse assai promettente.
Fra il punto più alto nell’agosto 1987 e il più basso dell’ottobre 1987, il Dow Jones era caduto del 41%. Come tutti sanno, nei 20 anni successivi il Dow Jones non ha mai smesso di crescere, per arrivare a 14 198 nell’ottobre 2007.

Queste variazioni ci ricordano che possiamo subire forti correzioni all’interno anche sul lungo termine.
La crisi asiatica del 1997-1998 è altrettanto interessante perchè si era prodotta dopo l’inizio del degrado dei fondamentali macroeconomici asiatici. Gli analisti, gestori di fondi e osservatori asiatici, eterni ottimisti, erano rimasti positivi sino allo scoppio della catastrofe del 1997.

Sarebbe dovuto apparire evidente che qualcosa non funzionava. L’indice Nikkei e il mercato borsistico di Taiwan avevano raggiunto l’apice nel 1990 e in seguito hanno avuto la tendenza a calare o stagnare, mentre la maggior parte delle altre Borse in Asia avevano raggiunto il culmine nel 1994, mentre la crisi finanziaria asiatica aveva fatto crollare il baht del 50% in pochi mesi. Questo evento aveva fatto uscire dal torpore analisti e media economici perennemente ottimisti.

Sono d’accordo con il compianto Charles Kindleberger, il quale aveva dichiarato che “le crisi finanziarie sono associate ai picchi dei cicli economici. Sono il punto culminante di un periodo di espansione e precedono una fase discendente”.
Tuttavia, sono anche d’accordo con J.R. Hicks, che affermava che “una crisi davvero catastrofica può accadere quando c’è una profonda instabilità monetaria, quando il degrado raggiunge nel profondo il sistema monetario.”

Una crisi finanziaria non succede per caso, ma dopo un lungo periodo di eccessi (politica monetaria espansionistica e/o politiche di bilancio che conducono a una crescita eccessiva del credito e a una eccessiva speculazione).
Il problema risiede nello stato dei fatti al momento dell’inizio della crisi. In generale, come è stato il caso in Asia negli anni 1990, le condizioni macroeconomiche si degradano ben prima dell’inizio della crisi. Tuttavia, le politiche monetarie espansionistiche e una crescita eccessiva del debito possono allungare la durata dello sviluppo economico per un lungo periodo.”