Il 1. gennaio 2014, la Zona euro ha festeggiato 15 anni accogliendo un 18. membro, la Lettonia. Tutto sommato una buona notizia per un’unione monetaria per la quale tutti prevedono il crollo.
Ma se vogliamo essere oggettivi, va detto che i lettoni non sono per nulla contenti di aver aderito all’euro e non hanno tutti i torti
.

Al di là del timore (giustificato) di un aumento dei prezzi, si trova un altro motivo di inquietudine : la Lettonia non sarebbe ancora abbastanza sviluppata per condividere una moneta con paesi come la Germania, soprattutto ora che l’euro è (troppo?) forte.

Quando l’euro era stato creato si pensava che i paesi più deboli avrebbero progressivamente raggiunto quelli più ricchi. Invece la crisi finanziaria del 2008 e la successiva crisi nella Zona euro hanno mostrato che l’euro non è riuscito ad accelerare le riforma strutturali e la convergenza di tutti i paesi che lo hanno adottato.

Attualmente l’euro si mantiene a 1.38 dollari, un livello che può apparire paradossale, dato che il corso di una moneta dovrebbe riflettere la salute di un’economia.
Nel 2013, secondo l’Ocse, il Pil della Zona euro sarebbe calato dello 0,4% mentre quello degli Stati Uniti sarebbe salito di 1,7% e quello del Giappone di 1,8%.
Fra il 4 dicembre 2012 e il 4 dicembre 2013, secondo i dati della Banca centrale europea, l’euro è salito globalmente del 4,9% : +29,9% nei confronti dello yen, +3,8% nei confronti del dollaro, +2,2% nei confronti della sterlina e +1,6% nei confronti dello yuan.

La solidità dell’euro si spiega in parte con una prestazione migliore del previsto della Zona euro nella competizione internazionale, ma ci si chiede comunque perchè la moneta unica resti a un livello tanto elevato, allorchè non è nell’interesse della maggior parte dei paesi della Zona euro.

Si ha una risposta con la politica condotta in Giappone dal premier Shinzo Abe: raddoppiare la creazione di moneta con lo scopo principale di far uscire il paese dalla deflazione e come effetto secondario – apprezzato da industriali e mercato borsistico – far scendere il corso dello yen, caduto di fronte al dollaro al più basso livello dall’ottobre 2008. E il dollaro, sotto l’effetto della politica accomodante della Federal Reserve, è in calo rispetto all’euro.

La Banca centrale europea deve lanciarsi in questa guerra monetaria? Non sembra sia possibile, né auspicabile, soprattutto in un momento dove gli Stati Uniti iniziano il ritorno verso una politica monetaria meno espansionista. Ma il semplice fatto che ci si ponga la questione mostra in che stato poco soddisfacente si trovi l’economia mondiale.

Di fronte all’irruzione nel commercio mondiale della Cina e altri paesi emergenti, i paesi sviluppati sono incapaci di sostenere la propria attività con i metodi classici e ricorrono a politiche monetarie non convenzionali, che sicuramente permettono il rilancio ma che non possono essere usate a lungo termine.

Anche se l’euro dovesse tornare a un livello più sopportabile per tutti, questo non cambierebbe un punto fondamentale : la Zona euro è una “unione” monetaria che per mantenersi coesa deve rinforzare i legami fra le sue diverse economie.
E’ quanto Angela Merkel ha ricordato lo scorso 19 dicembre : “Senza la necessaria coesione, prima o poi la moneta unica esploderà.”
Resta da sapere se i partner europei hanno della coesione la stessa idea della Cancelliera tedesca.

(Fonte : Slate.fr)