La signora Jalkanen accompagna il suo sofferto NO con una riflessione dai toni moderati e persuasivi, la quale non manca tuttavia di suscitare qualche perplessità. “Siamo una cultura cristiana”? Possibile, ma non vorrei presto dover scrivere “eravamo”. “Votare SÌ per diventare, noi, più poveri, onesti e sereni”? Questo anelito alla povertà francescana… glielo diamo generosamente  per buono, non senza farle notare che spesso sono proprio i più piccoli, i più modesti – che lei conosce, forse, di vista o per sentito dire – a mostrare attaccamento a certi valori materiali. Non per riprovevole avidità. Per sopravvivenza. [fdm]


Votare con coscienza non è facile. Quindi mi dispiacciono gli insulti incrociati, tra chi vota SÌ e chi vota NO. Questa volta in merito all’iniziativa sugli stranieri. Quelli che votano come me sono intelligenti, lungimiranti, realisti, onesti, coerenti?  Quelli che non votano come me sono cretini, egoisti, pigri, illusi? Non è così. Non ci sono risposte giuste. Ci sono dei valori che ognuno cerca di preservare e rispettare come può. Siamo una cultura , cristiana, civile. Il Vangelo è esplicito sull’aiuto a chi è nel bisogno. Ci avverte che ammassare vantaggi materiali non porta la felicità sperata. Le ricerche scientifiche concordano. Noi, con uno standard di vita materiale più alto in assoluto, rispetto a altri tempi e altri luoghi, non siamo più felici. Anzi, a sentire le lamentele, si direbbe che siamo i più poveretti.

Economiesuisse vuole la «crescita economica» cioè l’aumento del potere d’acquisto e dei consumi, e per questo vuole la libertà di movimento di risorse umane e materiali. Se limitiamo questa libertà, se votiamo SÌ all’iniziativa UDC, saremo materialmente più poveri.

Sotto questo profilo sarebbe una scelta verde, votare NO [ndR: si lascia il testo originale, che però sembra incoerente con il filo del discorso] per avere più protezionismo, per mercati più piccoli e modesti, meno competitivi, società più serene. Ma come verde, e come cristiana, non riesco a condividere il taglio ostile, denigratorio e menzognero della campagna UDC. Loro non ci dicono di votare SÌ per diventare, noi, più poveri, onesti e sereni. Vivendo del nostro, senza sfruttare gli altri. Ci vogliono far credere che tenendo fuori gli altri, noi saremo più ricchi. Non è vero. Più sereni forse sì, ma più poveri.

Voto NO, per via di questo pasticcio tra valori contrastanti, confusi.

Ma condivido i ragionamenti del mio partito, i Verdi, che per via della nostra situazione a ridosso di una frontiera  hanno raccomandato ai ticinesi di votare SÌ. La decisione del comitato cantonale era “un SÌ senza zelo”. Riconosciamo in Ticino una situazione anomala, ingiusta. Progetti benintenzionati hanno avuto effetti nefasti per tutti. Ovviamente, con onestà storica, non possiamo pretendere che nel 2014 i giovani ticinesi debbano trovare lavoro a casa. Il Ticino ha sempre conosciuto l’emigrazione. La vita è precaria, il nomadismo fa parte dell’esistenza umana, pretendere di non dover emigrare é come pretendere di non morire.

Tutto questo lo sappiamo. Ma possiamo e dobbiamo correggere le regole che distruggono il territorio senza portare vantaggi reali. Possiamo ridurre i danni causati dal pendolarismo (nota bene che il danno non dipende dal fatto se si valica una frontiera, un frontaliere che viene in bicicletta o bus non fa danni, mentre un residente  da solo in auto, ne fa). Possiamo e dobbiamo ricucire il divario tra i reali bisogni della gente e quello che invece succede. La gente deve poter lavorare là dove vive. Far vivere l’economia della quale fa parte. Modestamente. In modo sostenibile. In modo che il pianeta possa permettere anche alle future generazioni una vita vivibile.

Per raggiungere questo obiettivo, ci sarà chi vota SÌ, chi vota NO, il 9 febbraio. In coscienza.

Melitta Jalkanen, Ruvigliana