Il troppo stroppia! (titolo originale)

Ad ogni votazione che riguarda l’Unione europea, i sostenitori della nostra sudditanza rispetto a questo gigante dai piedi d’argilla sfoderano le solite tesi minacciando il Popolo svizzero che uno sgarbo nei confronti dell’UE avrebbe conseguenze catastrofiche per il nostro Paese. In fondo, il Consiglio federale e gli avversari dell’iniziativa UDC, ci vogliono convincere che la Svizzera non è in grado di camminare con le proprie gambe e che deve rinunciare a prerogative fondamentali, quali la gestione dei flussi migratori o il controllo delle frontiere, per coccolare e assecondare l’amico europeo.

Personalmente non sono per nulla convinto che la libera circolazione abbia portato quel benessere che molti politici sbandierano a destra e manca. Come pure ritengo, per inciso, che l’accordo di Schengen, colpevole di lasciar sguarniti i nostri confini, abbia diminuito il livello di sicurezza del nostro Paese.

La Svizzera sa superare meglio di altri situazioni economiche critiche perché, da sempre, è rimasta una Nazione libera e indipendente. L’unico Paese dove il parere del Popolo conta davvero, dal momento che è chiamato costantemente a promuovere o bocciare quanto partorito dai suoi rappresentanti. L’unico Paese dove la classe politica può essere sconfessata in ogni momento, grazie a referendum e iniziative popolari.

Non sono contrario a priori agli accordi commerciali tra Stati, ma credo che, per quanto ci concerne, si debba avere il coraggio di dire basta ad accordi che stanno minando alla radice il nostro benessere e la nostra coesione sociale. Ammesso, e non concesso, dunque, che la libera circolazione delle persone abbia messo benzina nel motore della nostra economia, essa ha pure, e questo è evidente, iniettato un potente veleno nella nostra società. Basti pensare al chiaro effetto di sostituzione in atto tra personale svizzero e residente con personale frontaliero. Si tratta di un fenomeno che le santificate misure d’accompagnamento non riescono neppure a scalfire. Tutta la crescita di posti di lavoro disponibili che abbiamo registrato negli ultimi favorevoli anni è stata assorbita da lavoratori d’Oltreconfine lasciando a bocca asciutta chi vive e cresce i propri figli nel Cantone. E le cose non sono destinate ad andar meglio senza una decisa sterzata.

Nel terziario poi gli effetti della libera circolazione sono drammatici. Anche la nostra classe dirigente cantonale sta subendo notevoli preoccupanti trasformazioni. Ne sia la prova il fatto che nell’ambito “dirigenti e quadri superiori” i frontalieri sono più che quadruplicati passando da circa 500 a più di 2’200 unità. Il passaparola, e il gioco delle reti di conoscenze che possono mettere in campo le persone che occupano queste posizioni chiave, fa inoltre sì che altri lavoratori provenienti dallo stesso territorio siano chiamati e favoriti, lasciando in braghe di tela i lavoratori indigeni.

Mi auguro che, dal 9 febbraio, data di questa cruciale votazione, il Consiglio federale riceva il mandato dalle cittadine e dai cittadini svizzeri di riprendere in mano la gestione del flusso migratorio che sciaguratamente oramai non controlliamo più. Un saldo annuale di 80’000 persone che immigrano nel nostro Paese e, negli ultimi 5 anni, un incremento complessivo di 380’000 persone che si stabiliscono a vario titolo in Svizzera, ossia una popolazione maggiore al Canton Ticino, non è sostenibile e deve necessariamente essere moderato. E questo lo dovrebbero capire tutti ma proprio tutti, anche a Bruxelles, anche i burocrati europei che fanno la voce grossa. D’altro canto quest’ultimi sono coscienti che al proprio interno il concetto di libera circolazione non gode di grande e trasversale sostegno, e mentono sapendo di mentire quando minacciano la disdetta del primo pacchetto degli Accordi bilaterali. Un insieme di accordi dai quali l’UE sicuramente trae maggior vantaggio commerciale rispetto alla Svizzera, come dimostrato dal quotidiano economico AGEFI.

È il momento giusto per dire basta, é il momento di ripristinare la preferenza ai lavoratori svizzeri e di mettere un freno all’immigrazione di massa. Altre soluzioni ne ve ne sono. Peccato che le direttive dei partiti PLR e PPD, anche in Ticino, non abbiano avuto il coraggio e la lungimiranza di difendere il nostro territorio, tutelare i nostri lavoratori e ripristinare la nostra sovranità.

Marco Chiesa, capogruppo UDC in Gran Consiglio