Omaggio a Christoph Blocher, da stamani a Lugano. Domani egli parteciperà al pranzo in memoria di Giuliano Bignasca, per ringraziare la Lega del forte appoggio dato alla vittoriosa iniziativa “Contro l’immigrazione di massa” promossa dall’UDC.


Robert Bresson, ripreso da Marlon Brando: “Sono un pessimista fiducioso e un ottimista scettico”.

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I sapientoni e gli intellettualoidi che, fin dalla sera del 9 febbraio 2014 (una data “albo signanda lapillo”, esattamente come il 6 dicembre 1992, una data memorabile, evocatrice di un accadimento altamente positivo), hanno iniziato a vomitar bile frammista ad insulti sui vincitori, non hanno ottenuto altro effetto che quello di esporsi al ridicolo e di dimostrare la propria pochezza etica e intellettuale. Anche nella sconfitta si può e si deve esser capaci di un minimo di eleganza. Nel Ticino, con l’eccezione del Raoul Ghisletta, in parte di Dario Ambrosetti e del NUMES di Jacques Ducry, i recriminanti non hanno perso il controllo del collegamento della lingua e della penna con il cervello. Ma sulle pagine ultramontane ne abbiamo letto di tutti i colori. Qualche esempio? “Spinnerei”, follia, “Verblödung”, incretinimento, “verfassungsmässig garantierter Recht auf Dummheit”, diritto alla stupidità garantito dalla Costituzione.

L’insegnamento sicuro da trarre dall’esito inaspettato della votazione da parte del CF, del Parlamento, dai sindacati (ma questi non capiscono mai, e anche gli altri che qui nomino fanno un gran fatica a capire. Mi onoro però anche di avere un sindacalista come amico, un amico che capisce, e come), dal mondo della scuola (vedi le sciocchezze esalate o emanate da Patrick Aebischer, presidente del EPFL, politecnico di Losanna), da quello del padronato (in Ticino il trombettista, oltre Gottardo il nuovo presidente di EconomieSuisse Heinz Karrer), dai presidenti di tutti i partiti che non siano l’UDC-SVP e in Ticino, ma solo in Ticino, i “verdognoli”, l’insegnamento da trarre, dicevo, è questo: GLI SVIZZERI HANNO CAPITO CHE SE STIAMO MEGLIO DEGLI ALTRI NON E` SOLO MERITO NOSTRO, MA E` ANCHE DOVUTO AL FATTO CHE NON SIAMO MEMBRI DELL’UNIONE EUROPEA. Inutile quindi la politica della “fermezza nel cedimento” nei confronti dell’UE o la genuflessione di fronte ad ogni dettame che ci arriva da Bruxelles o dai suoi potentati tedeschi.

Quando tutti i nostri signori sunnominati si decideranno a far proprio questo semplice ma chiaro insegnamento e ad agire di conseguenza, allora ben difficilmente incapperanno ancora in sconfitte inaspettate e brucianti al pari di quelle del 6 dicembre 1992 e del 9 febbraio 2014.

Facce addolorate, come quella di Didier Burkhalter la fatidica sera, non vorremmo più vederne. Ci commuovono troppo, e le commozioni forti non fanno bene alle coronarie.

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Dobbiamo dare atto ai nostri consiglieri federali più implicati nella sconfitta, il presidente Didier Burkhalter, Simonetta Sommaruga e Johann Schneider-Ammann, di essersi trattenuti. Hanno dichiarato di prender buona nota della decisione popolare, limitandosi a sorrisi tanto verdi da poter fare invidia al nostro Savoia. Non sono esplosi come fece Jean Pascal Delamuraz la sera del 6 dicembre 1992, quando parlò di “giornata nera” per la Svizzera. Giornata che a posteriori possiamo  irrefutabilmente definire luminosa.

Ma a chi osserva da vicino l’attività dei nostri consiglieri federali alcune cose non possono sfuggire.

In primo luogo il presidente del CF, ministro degli esteri, è circondato da capiservizio altamente, anzi altissimamente eurofanatici. Essendo lui stesso  eurofanatico, difficilmente vedremo uscire dal suo dipartimento misure o proposte che rispettino la decisione popolare, la nostra indipendenza e la nostra sovranità assoluta.

La signora Sommaruga, gentile ed affabile, ha ampiamente dimostrato di subito accettare a parole la decisione popolare a lei invisa, per poi fare l’esatto contrario quando si tratta di passare ai fatti, per esempio quando si trattò di tradurre in pratica l’espulsione obbligatoria dei richiedenti l’asilo criminali decisa dal popolo.

Burkhalter non perde occasione per cercare di sminuire il collega (e “amico” di partito Schneider-Ammann. Probabilmente teme (e noi con lui) che dopo le prossime elezioni, non tanto lontane, il suo partito possa ritrovarsi con 1 solo consigliere. Escluderlo dalla delegazione che dovrà negoziare a Bruxelles è quindi nel suo interesse.

Le trattative, comunque si vorrà chiamarle, avranno certamente luogo. A capeggiare la delegazione elvetica ci saranno, prevedo sperando di sbagliarmi, Burkhalter e Sommaruga.

Gianfranco Soldati