Il direttore del Mattino della Domenica mi ha chiesto di commentare, brevemente, il caso, e io l’ho fatto. Pubblicato oggi, con altri.


Non farei un’eccezione per Arlind.

La prima ovvia ragione è che la legge dev’essere rispettata e – molto di più – non dev’essere ridotta a una burla. In certi casi speciali (come questo) un’applicazione della legge “à la carte” appare attraente, ma bisogna resistere alla tentazione.

Poi per un motivo, molto serio, di parità di trattamento. Quante persone – sprovviste di squadra di calcio, tam tam mediatico, socialisti, sindacalisti ed ecclesiastici in corteo – hanno dovuto subire una decisione a loro sfavorevole? È il silenzio che li ha “condannati”? E dunque, l’applicazione della legge dev’essere annullata perché qualcuno scende col megafono in piazza? Io dico di no.

C’è una decisione del Tribunale passata in giudicato. Detto en passant, ho esaminato il Rapporto ufficiale (molto puntiglioso ed esaustivo) pubblicato dal Consiglio di Stato sul caso Arlind Lokaj. Quante pagine! (e non sono tutte): una raffica di ricorsi di ogni genere e ad ogni livello, uno sciame ronzante di avvocati… Sembra il mondo di Grisham! Lo dico senza un briciolo di simpatia.

Infine, l’occasione era ideale per una manifestazione chiassosa. Si esalta il giovane, si impreca contro un potere “freddo, cinico e disumano”, si accarezza l’idea che alla legge… si potrebbe anche disobbedire. Diritto all’illegalità?! Qualche vecchio trombone avrà forse provato un fremito nelle ossa, una struggente nostalgia.