Le guide nepalesi hanno iniziato un movimento di protesta dopo la morte di 13 sherpa venerdì scorso, sotto una valanga sul monte Everest. Chiedono condizioni di lavoro più sicure.

E’ stato il dramma di troppo. All’apertura della stagione delle scalate sull’Himalaya e quattro giorni dopo la morte di 13 sherpa sotto una valanga sul monte Everest, i loro colleghi minacciano di non più scalare la mitica vetta.
Ritengono che i 440 dollari proposti dal governo del Nepal quale indennità alle famiglie delle vittime siano un insulto e chiedono la creazione di un fondo di sostegno.

Il funerale di uno dei sherpa morti venerdì sull'Everest.
Il funerale di uno dei sherpa morti venerdì sull’Everest.

Gli sherpa sono aiuti essenziali per chi scala le vette della catena montuosa dell’Himalaya. Queste guide conoscono perfettamente la montagna e per aiutare gli alpinisti si assumono molti rischi. Trasportano le tende, il materiale e i viveri, riparano le scalette, fissano le corde per un salario che varia da 3’000 a 6’000 dollari a stagione.

“Abbiamo perso cinque membri della nostra squadra. In segno di rispetto non proseguiremo la spedizione – ha dichiarato Lakpa Rita Sherpa, capo dei sherpa dell’agenzia di alpinismo americana Alpine Ascents International. La società ha perso quattro sherpa nella valanga di venerdì ed è senza notizie di un quinto uomo. Anche altre squadre hanno deciso di sospendere le attività per il resto della stagione.

Società come Seven Summit Treks vorrebbero seguire l’esempio ma “abbiamo investito troppo e non possiamo permetterci di sospendere l’attività – ha indicato un membro della squadra. Nella valanga di venerdì, la società ha perso una guida ed è senza notizie di due sherpa.