Settimana scorsa l’agenzia di rating statunitense Fitch ha evocato il rischio dello scoppio di una bolla del credito in Cina, mentre diversi osservatori economici parlano chiaramente di un credit crunch – un calo significativo dell’offerta di credito – nel paese asiatico.

Diversi i fattori che lanciavano l’allarme da alcuni mesi : un’eccessiva crescita dei prestiti bancari accordati al settore privato e sempre più prestiti al di fuori del settore formale e difficili da rimborsare.

Venerdì scorso i tassi interbancari cinesi avevano registrato un netto calo e il tasso di rifinanziamento a sette giorni – riferimento del costo del credito interbancario – scendeva da 11,62% a 8,33%.
Un simile movimento era stato ottenuto grazie alle voci secondo cui la PBOC (la banca centrale cinese) faceva pressione per la liberazione di fondi da parte dei finanziatori e per poter intervenire direttamente.

A fine sessione, secondo l’agenzia Bloomberg, l’equivalente di 6,15 miliardi di euro erano stati iniettati nel mercato dalla banca centrale.

Nelle ultime settimane la situazione è rimasta tesa e gli analisti temono il peggio. Infatti considerano che la banca centrale cinese dovrebbe mantenere la sua politica di forte restrizione dell’accesso al credito per le aziende e i privati. Il motivo è l’alto tasso di crediti a rischio detenuti dalle banche del paese.

Un contesto che fa temere agli investitori che le banche siano confrontate a difficoltà sempre più gravi di rifinanziamento. Nelle due settimane precedenti, in effetti, il tasso di rifinanziamento del paese era salito di molto, quando la banca centrale aveva interrotto l’iniezione di liquidità malgrado un rallentamento dell’economia.

Una misura che aveva causato una forte restrizione dell’accesso al credito, bloccando le piazze borsistiche e la capacità di prestito delle banche.

Le autorità cinesi vogliono fermare la rapida espansione del credito degli ultimi anni. E’ vero che vi è urgenza, a meno che il male non sia già stato fatto. I principali istituti presi di mira sono le piccole banche, che hanno moltiplicato i prestiti speculando massicciamente.

Una situazione che spinge il governo a risanare il mercato bancario, chiudendo il rubinetto agli istituti più a rischio, una politica che in taluni casi può portare al fallimento.

Nel maggio 2015, un rapporto dell’agenzia di rating Moody’s spiegava che i prestiti informali accordati al di fuori del settore bancario in Cina erano progrediti di circa il 70% nel corso degli ultimi due anni. Secondo i calcoli di Moody’s, i prodotti finanziari di questo settore informale ammontavano alla fine del 2012 all’equivalente di 3’600 miliardi di euro.

La crescita dei prestiti informali aumentava i rischi per il sistema bancario e per l’economia cinese nel suo insieme.
“Vista la considerevole dimensione e la crescita delle attività bancarie informali in Cina, dubitiamo della capacità delle banche di premunirsi contro un significativo aumento dei default di pagamento nel settore – metteva in guardia Moody’s.

(Fonte : news360x.fr)