La cronaca segnala regolarmente abusi e reati a sfondo sessuale che vedono come vittime bambini o persone particolarmente vulnerabili. Abusi perpetrati non solo da professionisti, o peggio ancora in famiglia, ma anche da parte di volontari che entrano in contatto nel tempo libero con fanciulli e adolescenti. Penso a monitori, allenatori, docenti, istruttori, accompagnatori, ecc.

Le cifre fanno rabbrividire: solo in Svizzera, i reati registrati dalla polizia sono in media quattro ogni giorno. Si tratta unicamente di quelli conosciuti poiché spesso vi è omertà e paura a denunciare. Ci muoviamo in un sottobosco grigio contraddistinto da paure e pressioni. Drammi umani con ripercussioni sull’intera vita della persona colpita. Ogni volta che apprendiamo queste notizie, proviamo un senso di profonda rabbia. A maggior ragione, quando veniamo a sapere che l’autore di questi atti deplorevoli in passato è già stato condannato per reati simili. La recidiva è diffusa e impossibile da eliminare a priori.

Ma come è possibile, ci chiediamo, che abbia avuto ancora l’occasione di ripetere certe oscenità nell’ambito della propria professione o in un’associazione? A chiederselo sono anche le oltre 110 mila persone che hanno sottoscritto l’iniziativa popolare dell’associazione Marche Blanche “Affinché i pedofili non lavorino più con i fanciulli”. Quest’iniziativa, al voto il prossimo 18 maggio, sancisce che una persona condannata per aver leso l’integrità sessuale di un fanciullo o di una persona dipendente (non solo un bambino, ma anche un adulto, un anziano o un disabile) venga definitivamente – per tutta la vita (!) – privata del diritto di esercitare un’attività professionale od onorifica a contatto con essi.

L’iniziativa propone una misura concreta, legittima ed efficace. Non si priva i condannati della possibilità di lavorare in termini generali. Si impedisce “semplicemente” che svolgano una professione a contatto con le vittime di quello per cui sono stati condannati. Ci mancherebbe. Non potranno più fare il docente o l’allenatore, ma potranno senza problemi lavorare nell’edilizia, in una fabbrica o in un’officina. Di fondo, non direttamente con potenziali nuove vittime!

Chi oggi si batte contro l’iniziativa invoca il principio della proporzionalità. Giuridicamente tutto discutibile e opinabile. Se da una parte le norme in vigore sono state migliorate, dall’altra la loro limitazione temporale non permetterà di garantire il livello di sicurezza esteso sancito dal testo dell’iniziativa in votazione. In una società che ha fatto della mobilità un elemento cardine, spostarsi e ricominciare una nuova vita altrove dopo una condanna non è poi così difficile. Non c’è alcuna garanzia che non si ripetano le stesse azioni deplorevoli. Come datori di lavoro, responsabili e membri di associazioni del tempo libero, genitori e figli, o semplicemente come cittadini dobbiamo chiederci quale sia il rischio che siamo disposti a correre e quali misure è necessario mettere in campo per diminuirlo. Vogliamo davvero che i nostri figli o le persone più vulnerabili siano direttamente esposte al rischio di subire quanto altri purtroppo hanno già vissuto magari molti anni prima? Io NO e per questo il 18 maggio voto SÌ all’iniziativa “Affinché i pedofili non lavorino più con i fanciulli”. Solo un divieto assoluto e indeterminato protegge realmente.

Marco Romano, consigliere nazionale PPD/TI