SoldatiNegli ultimi tempi le critiche al comportamento dei nostri ministri degli Esteri e degli ambasciatori nelle principali capitali di stati e sedi di organizzazioni internazionali non sono mancate. Una critica particolarmente dura è stata rivolta a Tim Guldimann, ambasciatore a Berlino, che a più riprese, da quell’euroturbo e socialista esagitato che è, ha stigmatizzato la democrazia diretta, responsabile, a suo parere, di compromettere il futuro del paese e di renderci invisi perché inaffidabili a tutti i governanti europei. Critiche che condivido al 101%, motivate dal fatto che la poilitica di neutralità “attiva”, perseguita da Michelina “Si Calmi Lei” e proseguita indefettibilmente da Didier Burkhalter, è in realtà la negazione del concetto di neutralità. Un concetto che per secoli ha salvato il nostro paese permettendogli la sopravvivenza in contesti di immani catastrofi (2 guerre mondiali) e di accesi antagonismi. La situazione si è vieppiù aggravata per il fatto che l’eretistica dama ginevrina nel corso dei suoi anni di governo ha creduto bene di dover scegliere i funzionari a rango ambasciatoriale di rilievo solo e esclusivamente nei ranghi del suo partito.

Chi, come il sottoscritto, credeva o sperava, che con il successore liberale i problemi si sarebbero risolti, deve invece disilludersi, prendendo nota del fatto che a succedere a “Si Calmi Lei” è arrivato  un rappresentante della metà radicale (e socialisteggiante) del partito liberale-radicale.

Resta, fatto politicamente parlando gravissimo, che il nostro, ma non mio, ambasciatore a Berlino mette in discussione la democrazia diretta, che senza ombra di dubbio è la massima conquista che si sia mai concretizzata su questo pianeta in fatto di democrazia.

Il pollice verso alle esternazioni del signor Guldimann resta ben fermo. Ma bisogna onestamente ammettere che attualmente nella nostra democrazia diretta qualcosa non funziona più. E questo qualcosa si chiama politica della concordanza, così come è concepita nel Consiglio federale e nelle due Camere del Parlamento federale.

L’allontanamento, per il fomite di una congiura disgustosa portata a compimento nei corridoi del Palazzo, dell’unico Consigliere federale in cui si riconoscevano ampiamente la stragrande maggioranza degli elettori del maggior partito nazionale (si era nel dicembre 2007, ma l’UDC-SVP rimane tale anche nel 2014), per sostituirla con la rappresentante dei congiurati, di un partitucolo del 5% scarso, costretta a concessioni alla sinistra che ha largamente contribuito alla sua elezione, ha in pratica condotto ad una distorsione gravissima della rappresentanza democratica nel Consiglio  federale. Una distorsione che si sarebbe ulteriormente aggravata nel caso della mancata elezione di Ueli Maurer, evitata per un solo e striminzito voto.

Un partito che raccoglie il voto di un quarto dell’elettorato e le cui proposte raccolgono addirittura più del 50% dei voti in molte occasioni e poco meno del 50% quando va male non può ritenersi adeguatamente rappresentato da un solo ministro, eletto a stento e comunque relegato al Dipartimento che si prende a carico esercito e sport, Dipartimento che ha la sua concreta funzione ma che, dal punto di vista politico e ideologico ha certamente meno peso degli altri 6.

E soprattutto, con un popolo che da più di due decenni ha dimostrato con maggioranze a più riprese qualificate dai risultati usciti dalle urne, non dalla mente di qualche nazionalista esaltato, la sua avversione alla rinuncia della sovranità, indipendenza e neutralità nazionali, non è tollerabile che  alcuni Consiglieri federali e i loro alti burocrati dei partiti borghesi remino, più o meno surrettiziamente, contro la volontà popolare chiaramente espressa per condurci dove non vogliamo andare.

Gianfranco Soldati, presidente onorario UDC Ticino