(fdm) Esorto l’amico Sergio, che ci manda questo lucido e preoccupato articolo, a non disperare. Possiamo confidare nella saggezza del popolo (che contrapponiamo alla perversità dei politici). E poi… stamani… c’è una buona notizia. Il governo ridurrà il deficit (a preventivo) di ben 130 milioni. Un’impresa titanica che nemmeno il mago Copperfield. Giornata rosea e piena di speranze, com’è bello leggere il giornale al Grand Café al Porto!


Più che le decisioni e le misure attive di politica economica, spesso sono le decisioni di politica finanziaria ad influenzare nel male l’economia e il benessere dei cittadini. Ebbene, se il 18 maggio prossimo siamo chiamati a votare sì o no al freno ai disavanzi, che è poi l’aumento automatico delle imposte, è perché il Governo all’unanimità e il parlamento a maggioranza hanno deciso che prima devono stare bene le casse dello Stato e non quelle dei cittadini e delle imprese.

Questo è l’ultimo esempio di come si possano annientare in una sola volta molti crediti mirati e piani di sviluppo a favore dell’economia con una misura assurda e suicida di contabilità statalista. Si fa votare un rimedio sbagliato (l’aumento delle imposte) per una malattia seria: l’incapacità di controllare la crescita della spesa. Perché? Perché i politici e i partiti che hanno responsabilità di Governo non riescono a fare rinunce, non riescono a selezionare le spese buone da quelle grame, non vogliono o non possono addentrarsi nella giungla dei piccoli sprechi e delle grandi inefficienze di una macchina che stipendia oltre 10.000 dipendenti (amministrativi e docenti) ogni mese.

L’impotenza della politica è lì tutta da vedere, nessuno vuole iniziare prima dell’altro a potare l’albero e rinuncia perciò a chiedersi per primo se: proprio tutto quello che fa lo Stato è ancora necessario, è indispensabile, è fatto in modo corretto, ha prodotto i risultati sperati. No, assolutamente non c’è risposta a queste domande perché chi osa rispondere è accusato di “rapina e malevolenza” nei confronti dello Stato.

Per un po’ i politici hanno potuto rifugiarsi dietro alla revisione dei compiti che verrà, rimandando l’esercizio analitico di cosa e di come lo Stato deve produrre, di Preventivo in Preventivo. Però ora anche loro l’hanno capita e non ci credono più. Allora siccome sulla spesa che cresce, cresce, cresce più del PIL, più del gettito di imposte, più delle tasse causali non ce la fanno proprio ad intervenire per paura di perdere elettori, clientele, funzionari; ecco che per far quadrare i conti ci propongono un’astuzia. Non lo dicono, ma l’unico scopo è quello di aumentare le imposte senza che nessuno ne abbia la colpa di farlo.

Lo schema è quello di chiedere al popolo se vuole ridurre i deficit dello Stato. Chi direbbe di no, se fosse questo il vero scopo? Nessuno. Ma il trucco è proprio qui: dicendo di SÌ al freno ai disavanzi di dice purtroppo di SÌ al modo per ottenerlo. Non ti dicono di dire di SÌ al taglio delle spese come sarebbe normale, non lo propongono nemmeno, ma ti chiedono di frenare il deficit e con il tuo SÌ decidi di farti aumentare le imposte automaticamente.

Infatti, Governo e Parlamento, con questa legge, se non avranno abbastanza soldi potranno aumentare le imposte a tutti i cittadini e a tutte le imprese con un moltiplicatore per fare in modo che  il  deficit  diminuisca.  Questa  misura va bocciata con un NO. Se passa: la spesa non sarà più controllata, la certezza del diritto tributario salta (di anno in anno cambieranno le imposte a seconda delle spese!), non sarà più possibile fare sgravi fiscali mirati, il classeur dei compiti dello Stato richiuso, le inefficienze e le inefficacie galopperanno indisturbate.

Ecco che una sola decisione sbagliata di politica finanziaria metterebbe in ginocchio economia e cittadini, per nulla.

Sergio Morisoli, Area Liberale