(fdm) Leggevo stamani nell’opuscolo di accompagnamento (argomenti del governo): “L’iniziativa pone il Consiglio federale, il Parlamento e i tribunali di fronte a un dilemma: se fosse accettata, dovrà essere attuata alla lettera, violando il principio di proporzionalità e andando così incontro a problemi giuridici? Oppure, dovrà essere attuata con senso della misura, scostandosi dal suo testo e deludendo in tal modo le aspettative in essa riposte? Il Consiglio federale vuole evitare questo dilemma e respinge pertanto l’iniziativa”. Traduzione: se passerà, realizzeremo la volontà (sovrana) del popolo non applicandola! Spettacolare.

Quanto all’esito, penso che Marioli veda giusto. L’iniziativa passerà alla grande.


Il prossimo 18 maggio saremo chiamati alle urne per votare su diversi temi, tra cui anche per l’iniziativa popolare federale denominata “Affinché i pedofili non lavorino più con i fanciulli”.

La proposta chiede di imporre il divieto di lavorare a contatto con minori o persone dipendenti a coloro che sono stati precedentemente condannati per reati di violenza verso queste categorie di persone. Questa proposta è stata lanciata dal comitato Marche Blanche che da molti anni si mobilita in difesa delle vittime di pedofilia e reati affini (medesimi promotori dell’iniziativa denominata “per l’imprescrittibilità dei reati di pedofilia” , approvata dal popolo l’8 novembre del 2008) e chiaramente sostenuta dagli ambienti di destra.

L’intento dichiarato dell’iniziativa è quello di combattere la recidiva. In primis c’è da chiedersi come questa situazione di incertezza si sia potuta protrarre per un cosi lungo periodo di tempo. E’ da ritenersi semplicemente inaccettabile. Una violenza fatta su un minore e su una persona dipendente causa molti danni psicologici e mentali alla vittima e alla sua famiglia; per cui chi si macchia di questi reati, non deve avere la possibilità di entrare in contatto con un ambiente sensibile che inevitabilmente causerà il rischio di recidiva.

Recentemente il parlamento ha elaborato una modifica di legge (in cui si inasprisce il divieto di esercitare talune professioni da parte di questa tipologia di criminali in maniera molto più blanda) che furbescamente il Consiglio Federale usa come pretesto per respingere l’iniziativa. Infatti la revisione di legge prevede l’esclusione professionale fino a dieci anni, e in casi gravi può essere allungato il termine da un giudice, mentre l’iniziativa vuole l’esclusione definitiva senza particolari eccezioni.

Non si capisce la volontà, da parte delle autorità, di voler a tutti i costi utilizzare il guanto di velluto e non il pugno di ferro verso questa tanto detestata criminalità, invece l’iniziativa popolare vuole agire in maniera più efficace. Inoltre, il fatto che il parlamento non abbia voluto esporre la propria raccomandazione di voto è riconducibile ad un timore per un eventuale approvazione popolare.

Totalmente ridicola è l’argomentazione sulla proporzionalità. Anche coloro che hanno commesso dei reati cosiddetti “meno gravi” sono a rischio di recidiva e quindi mal si comprende perché l’esclusione professionale debba essere proporzionale alla “gravità” del reato.

Bisogna osservare sempre con occhio vigile queste argomentazioni provenienti prevalentemente dalla sinistra, che hanno immancabilmente connotazioni buoniste ed eccessivamente garantiste. Non bisogna cadere nell’errore secondo il quale bisogna concedere a tutti e  indiscriminatamente una seconda opportunità. Chi ha non ha avuto pietà per le proprie vittime, può dispiacere, ma non la merita dalla comunità.

Una cosa è quasi sicura: chi farà la guerra a questa iniziativa verrà sconfessato dal popolo il prossimo 18 maggio.

Nicholas Marioli