Un tribunale egiziano ha condannato lunedì a 7 e 10 anni di carcere tre giornalisti di Al Jazeera, accusati di sostegno agli islamisti. Fra di loro c’è l’australiano Peter Greste e il verdetto ha provocato vive reazioni all’estero.

La severa condanna dei tre giornalisti interviene dopo quella di 183 presunti islamisti alla pena capitale.

Peter Greste e l’egiziano-canadese Mohamed Fadel Fahmy, capo ufficio del canale satellitare del Qatar prima che venisse messo fuorilegge in Egitto, sono stati condannati a 7 anni di prigione, mentre l’egiziano Mohamed Baher dovrà scontare una detenzione di 10 anni.
10 anni di carcere anche per due giornalisti britannici e un olandese, che però si trovano già all’estero.

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Al Jazeera ha avuto parole di condanna per il verdetto, mentre il governo australiano ha espresso costernazione per la condanna del suo connazionale. Il governo olandese ha convocato l’ambasciatore egiziano, affermando che la gioralista olandese Rena Netjes non aveva avuto diritto a un processo equo e ha annunciato che la questione sarà discussa a livello di Commissione europea.

L’Egitto considera Al Jazeera come la portavoce del Qatar, paese al quale rimprovera il sostegno ai Fratelli musulmani, mentre il governo del Qatar denuncia apertamente la repressione contro i sostenitori dell’ex presidente egiziano Mohamed Morsi.
“Non c’è nessuna giustificazione alla detenzione dei tre nostri colleghi. Averli tenuti prigionieri per 177 giorni è una vergogna. Condannarli è una sfida alla logica, al buon senso e alla giustizia – ha reagito Al Jazeera dopo l’annuncio del verdetto.

Un responsabile della presidenza egiziana ha dichiarato che nessuna grazia presidenziale può intervenire prima che una corte d’appello abbia statuito sul caso.
Chaabane Saïd, avvocato della difesa ha denunciato un “verdetto politico”.
Il verdetto interviene sul fondo di sanguinose repressioni dei sostenitori dell’ex presidente Morsi e due settimane dopo l’elezione alla presidenza dell’ex capo dell’esercito Abdel Fattah al-Sissi con il 96,9 % dei suffragi.
Al-Sissi di fatto già dirigeva il paese dal luglio 2013, dalla destituzione di Mohamed Morsi, che attualmente si trova in carcere. Da allora, soldati e polizia hanno ucciso centinaia di manifestanti pro-Morsi, arrestato migliaia di persone, delle quali centinaia sono state condannate a morte o all’ergastolo.