Il caso delle grandi banche
Di chi sono gli yacht ormeggiati a Manhattan?

Come di consueto da un po’ di tempo, dopo i primi due o tre mesi dell’anno si cominciano a leggere sulla stampa e nei notiziari le prime valutazioni su come si è concluso l’anno precedente e – soprattutto – sull’ammontare dei bonus per i dirigenti e i collaboratori, provocando reazioni da parte di lettori indignati.

Lo scopo di questa nota non è entrare a far parte di quel coro. Senza entrare nel merito o esprimerci sul grado di giustificazione di queste lamentele o dei bonus, preferiamo un approccio più analitico. Da qualche anno le due grandi banche CS e UBS – citate in questa nota – pubblicano un rapporto dettagliato sulle compensazioni, perciò i salari e bonus della direzione generale e del consiglio d’amministrazione non costituiscono più nessun mistero; i dettagli si trovano in questi siti:

https://www.credit-suisse.com/publications/annualreporting/en/annual_report.jsp  ,

https://www.ubs.com/global/en/about_ubs/investor_relations/annualreporting/2013.html  .

A questo proposito vale la pena di menzionare semplicemente due punti: (1) a partire dalla crisi iniziata nel 2007, le compensazioni sono state chiaramente ridimensionate: mentre la compensazione totale dell’attuale CEO dell’UBS per l’anno 2013 è stata di 10.7 milioni di CHF, verso la fine del suo mandato l’allora dirigente Marcel Ospel guadagnava più di 26 milioni di CHF all’anno (secondo il libro di Dirk Schütz “Herr der UBS”); (2) nei menzionati rapporti annuali sulle compensazioni, si specifica quale parte della compensazione totale è corrente – ossia viene bonificata durante l’anno o poco dopo – e quale parte è invece differita e viene spalmata su 5 anni, chiarendo anche che la parte differita potrebbe ridursi se i risultati futuri dovessero peggiorare in modo significativo.

Quello che invece non si menziona praticamente mai sono le perdite subite dagli azionisti fra i quali non si trovano soltanto individui della categoria UHNW (= ultra high net wealth), ma anche risparmiatori “minori”, fondi d’investimento e forse anche fondi pensione. Come mostrano i due grafici, l’azione del CS oggi vale quasi un 70% in meno che a metà 2007 e l’azione dell’UBS oggi vale più del 75% in meno che a metà 2007 !

S’impone immediatamente la domanda: ma che cosa è successo con le due grandi banche? Perché di fatto non sembra esserci evidenza di una ripresa delle due azioni bancarie, e questo malgrado tutte le riorganizzazioni interne e tutti i licenziamenti di collaboratori per ridurre i costi. Prima di abbozzare una risposta alla domanda posta, conviene dare un’ulteriore sguardo all’evoluzione delle due azioni bancarie a partire dalla seconda metà degli anni 80 del secolo scorso.

UBS grafico
CS grafico
Come mostrano i due grafici, dopo essere salite molto a partire dalla seconda metà degli anni 90 ed essersi riprese molto dopo la caduta degli anni 2000–2003, le due azioni bancarie sono discese al valore nominale di 20 anni fa! (Per fortuna l’inflazione svizzera è stata bassa in questo periodo e anche considerando che, dal 1993 al 2013, il livello dei prezzi al consumo è aumentato del 15.4 % , non si ottengono risultati molto diversi utilizzando i corrispondenti valori reali.)

Riprendiamo dunque la domanda: ma che cosa è successo alle due grandi banche (e a molte altre grandi banche del mondo)?

Nell’anno 2005, in occasione di una conferenza in onore di Alan Greenspan che stava per ritirarsi come presidente della Federal Reserve, Raghuram Rajan (professore presso la Booth School of Business dell’Università di Chicago, ma in quel momento capo economista del Fondo Monetario Internazionale, attualmente 23.o Governatore della Banca Centrale dell’India) presentò uno studio assai critico sugli sviluppi avvenuti nel settore finanziario. In questo studio, intitolato “Has Financial Development Made the World Riskier?” (“Lo sviluppo finanziario ha reso il mondo più rischioso?”; lo si può leggere in internet, link:  http://www.kc.frb.org/publicat/sympos/2005/ pdf/Rajan2005.pdf ), l’autore argomenta che il progresso tecnico e la deregolamentazione hanno sottoposto le banche a una concorrenza molto più forte nel loro core business. Questi stessi fattori hanno pure agevolato la creazione di tutta una serie di nuove entità all’interno del settore finanziario. Le banche tradizionali hanno risposto a queste sfide scavalcando i limiti del tradizionale banking business. È vero che questi sviluppi permettono di distribuire maggiormente i rischi all’interno dell’economia, ammette Rajan, ma è anche vero che si assumono anche più rischi. Inoltre le relazioni fra i vari mercati finanziari come pure fra i mercati e le istituzioni finanziarie sono diventate più forti. Questo agevola la diversificazione nel caso di piccoli shocks, ma favorisce anche il contagio a livello globale nel caso di grandi shocks.

Un altro fattore che secondo Rajan ha reso il sistema finanziario più vulnerabile, sono gli schemi di rimunerazione basati fortemente su incentivi (bonus legati alla performance). Dato che le performances sono generalmente correlate con i rischi, questo crea dei cosiddetti “incentivi perversi” che portano a prendere più rischi – specialmente quel tipo di rischi (in gergo vengono chiamati “tail risks”) che hanno conseguenze disastrose con una piccola probabilità, ma che offrono una abbondante ricompensa durante la maggior parte del tempo.

Come ci si poteva aspettare, lo studio di Raghuram Rajan è stato duramente criticato durante la conferenza in onore di Alan Greenspan, poiché costituiva una sfida diretta alla cosiddetta “Dottrina Greenspan” che gli altri partecipanti alla conferenza elogiavano. In effetti, Alan Greenspan venne allora considerato fra i maggiori architetti della deregolamentazione e come conseguenza del forte sviluppo del sistema finanziario.

Dopo la crisi economica del 2008, invece, le visioni di Rajan cominciarono ad essere viste come lungimiranti e profetiche ed in gennaio del 2009 il Wall Street Journal proclama che “pochi ormai sono in disaccordo con le sue idee”. Inoltre Rajan è stato lungamente intervistato sulla crisi globale per il film-documentario “Inside Job”, vincitore dell’Oscar al miglior documentario nel 2011 (lo si può vedere su youtube, link: https://www.youtube.com/watch?v=MjvQRKCUidw ).

Naturalmente, il lettore potrebbe controbattere che tutte queste cose si riferiscono agli Stati Uniti, ma per gli sviluppi qui da noi, che si può dire? Il fatto è che la globalizzazione dei mercati ha portato queste stesse tendenze anche qui in Europa. Inoltre, non dimentichiamoci che tutte le grandi banche non-americane hanno succursali importanti negli Stati Uniti.

E che cosa si è fatto dopo la crisi, a parte dei salvataggi delle banche “too big to fail” (fra cui anche l’UBS)? Sono stati alzati i requisiti di capitale, sono stati intensificati i controlli sulle grandi banche, ma tutto sommato si ha l’impressione che non sia stato fatto troppo. Questo significa che, con molta probabilità, non vedremo risultati molto diversi dal passato: probabilmente continueremo a vedere riorganizzazioni e licenziamenti di funzionari delle grandi banche, pagamenti di bonus milionari, ogni tanto una maxi-multa per procedimenti incorretti e periodicamente qualche perdita macroscopica dovuta all’assunzione di rischi sproporzionati… E probabilmente queste aspettative continueranno a riflettersi nelle quotazioni depresse delle azioni bancarie…

Come suggerisce l’analisi appena abbozzata, sulla base dell’importante studio di Raghuram Rajan, la domanda del titolo – “Quando verrà il bonus per gli azionisti?” – sembra per ora rimanere senza risposta in relazione alle grandi banche.

Molte volte si ha l’impressione che, come in altre aree, anche in quest’ambito risulti veramente difficile dire qualcosa di nuovo, di originale.

In effetti, quasi 60 anni fa, Fred Schwed, Jr. pubblicava il suo libro intitolato “Where are the Customers’ Yachts? or A Good Hard Look at Wall Street” (“Dove sono gli yacht dei clienti? ovvero Uno sguardo duro su Wall Street”). Il titolo è stato ispirato da un piccolo aneddoto: Molti anni prima, un turista venuto da fuori città visita New York in un tour organizzato e alla comitiva vengono mostrate anche le meraviglie del distretto finanziario della metropoli. Arrivati alla punta sud di Manhattan, una zona chiamata “The Battery”, una delle guide indica una fila di yacht ancorati e dice: “Guardate, quelli sono gli yacht dei banchieri e dei broker.” A questo punto il nostro turista alquanto ingenuo domanda: “E dove sono gli yacht dei clienti?” – “Ovviamente, i clienti non potevano permettersi degli yacht, pur seguendo diligentemente i consigli dei loro banchieri o broker” (dalla descrizione del libro sul sito della John Wiley & Sons). In effetti, “[g]li yacht dei banchieri e dei broker vengono pagati dall’ignoranza degli investitori” (dal libro di Larry E. Swedroe e Joseph H. Hempen “The Only Guide to a Winning Bond Strategy You’ll Ever Need”, p. 2).

historicus

Piccola nota aritmetica: Quando un’azione ha perso il 75% del suo valore, deve risalire del 300% per tornare al valore iniziale!