Il Ticino ha bisogno di una nuova economia

La stampa generalista ha dato risalto all’incontro informale tra Mauro Dell’Ambrogio e Robert-Jan Smits, direttore UE alla ricerca e allo sviluppo, riunione durante la quale si è parlato del ruolo della Svizzera nel programma Horizon 2020 con cui la Commissione europea intende, nel periodo 2014-2020, destinare un budget di oltre 70miliardi di euro alla realizzazione di idee e progetti utili ad aumentare la competitività dei Paesi del Vecchio Continente a cospetto dell’economia globalizzata.

Dell’Ambrogio è stato aspramente criticato, vuoi perché “fuco”, vuoi perché l’Europa è stata tutt’altro che ragionevole con la Svizzera del post 9 febbraio, vuoi perché finanziare un programma europeo in un momento tanto delicato suona come una nota stonata. Eppure la Segreteria di Stato per la formazione, la ricerca e l’innovazione – diretta appunto da Mauro Dell’Ambrogio – risulta essere l’istituzione che ha meglio inquadrato la situazione.

Perché serve un’inversione di marcia
La situazione del mercato del lavoro non è rosea e, cosa ancora più preoccupante, manca un programma sul lungo periodo. Il Ticino ha tutti gli elementi necessari per la rinascita dell’economia, per rendersene conto deve però scrivere pagine diverse da quelle odierne: basta banche e segreto bancario, basta lotta ai frontalieri, basta dumping salariale, basta politiche fantasiose.

Piaccia o non piaccia occorre disegnare gli scenari più apocalittici per sapere da quali situazioni fuggire; una delle situazioni più nere è quella che vede le peculiarità del sistema bancario elvetico sgretolarsi e, con esse, una fetta piuttosto consistente del settore terziario. Certo, una simile possibilità suscita ilarità, la stessa che suscitava dieci anni fa chi scriveva che Microsoft non sarebbe più stata l’azienda informatica per antonomasia o chi prevedeva che la capitale mondiale dell’automobile non sarebbe più stata Detroit. E quante risate si sono fatti gli svedesi quando qualcuno ha ipotizzato – in tempi non sospetti – un futuro cinese per la Volvo.

Il terziario così come concepito rischia di essere una vena ormai esaurita; e che senso ha cercare di estrarre oro laddove non ce n’è più? Il futuro è in mano ad altri tipi di servizi, altamente specializzati, che in Ticino troverebbero tutti gli elementi utili per crescere a ritmi sostenuti e darebbero allo Stato la possibilità di risolvere più di un problema, semplicemente mettendosi a disposizione e incentivando l’innovazione. Le cose si stanno muovendo, anche se vanno opportunamente stimolate: la Confederazione ha un’apposita Commissione per il supporto e lo sviluppo delle aziende innovative ad alta vocazione tecnologica, il Ticino è terreno più che fertile grazie anche al supporto – forse poco valorizzato – di USI e SUPSI dai cui laboratori sono usciti progetti interessantissimi da più punti di vista. Uno di questi è SwissLeg, protesi a basso costo destinate ai paesi meno ricchi.

Ci guadagnano tutti
Le aziende ad alto valore produttivo, di norma, non tendono a ridurre i costi del personale, proprio perché hanno bisogno di personale altamente specializzato. Uno Stato forte, previdente e capace, può tessere una matrice di accordi e incentivi a favore di quelle aziende nascenti che si vedrebbero aiutate nel reperimento di capitali e nel trattamento fiscale, solo ed esclusivamente assumendo persone residenti sul territorio.

In Italia funziona
La disoccupazione, in Italia, è del 12,6%. La media nazionale è probabilmente imbellettata, tiene conto del 34,8% di senza lavoro in Sicilia così come tiene conto del 7,4% della Regione Autonoma di Trento, area non certo a favore dello sviluppo economico, considerando la morfologia del territorio, la bassa densità di arterie stradali e ferroviarie e la forte vocazione turistica. Le autorità locali stanno però svolgendo una corposa attività a favore delle aziende innovative, mischiando pubblico e privato, facilitando l’accesso al credito e diffondendo la cultura imprenditoriale. I numeri sono questi, la Regione Autonoma di Trento sta cambiando DNA. E al DNA non si sfugge.

Segnali preoccupanti
La settimana scorsa Google ha annunciato che il proprio programma “Google Ventures”, dedito al finanziamento delle startup, è pronto ad investire 100milioni di dollari nell’innovazione europea. Ha indicato alcune città in cui individua i presupposti per fare nascere una Silicon Valley continentale. Tra queste non ne figura né una italiana né una svizzera. Eppure la Confederazione elvetica ha tutti i numeri per diventare uno dei poli tecnologici europei. Strutture all’avanguardia, capitali, telecomunicazioni di ottima qualità. Il treno sta passando e i vertici istituzionali guardano altrove.

Giuditta Mosca