Ci stiamo avvicinando al Natale della Patria anche per questo 2014. Nonostante tutte le minacce che arrivano dall’esterno, e che purtroppo subiamo anche dall’interno per mezzo di certi esponenti politici, la Confederazione Elvetica continua il suo cammino di ormai ben 723 anni.

Questo può essere frutto, dal mio punto di vista, di tre importanti fattori:

— il primo è indubbiamente legato ai diritti popolari: La Svizzera vanta una lunga tradizione di partecipazione politica. Nel tardo Medioevo, le Landsgemeinde erano tra le istituzioni politiche più democratiche. Tuttavia, gran parte della popolazione era esclusa dai diritti democratici. Infatti, la Confederazione comprendeva territori soggetti con uno statuto giuridico inferiore e i diritti politici erano accordati unicamente alle persone che avevano ottenuto il diritto di cittadinanza di un Comune a pieno titolo. La Rivoluzione francese influenzò profondamente la struttura politica svizzera. La Repubblica Elvetica, fondata nel 1798 da Napoleone, abolì tutti i rapporti di sudditanza, conferì a tutti i Comuni pari diritti, e introdusse inoltre il diritto di voto e di eleggibilità per tutti gli uomini svizzeri. Con l’entrata in vigore della Costituzione federale nel 1848 venne introdotta la partecipazione diretta a livello nazionale. Oltre a prendere parte alla Landsgemeinde, gli aventi diritto di voto potevano recarsi alle urne per eleggere i loro rappresentanti in Parlamento ed esprimere il proprio parere sui diritti sanciti dalla democrazia diretta.

— Il secondo è legato alle differenze regionali tipicamente Svizzere. Partire dagli stereotipi per definire interi contesti sociali e culturali banalizza e cancella ogni tipo di singolarità. Una cosa è certa: la diversità di cultura all’interno della Confederazione è in stretto rapporto con il suo plurilinguismo; la lingua che uno parla definisce il suo modo di rapportarsi al mondo.

— Il terzo, che non è nient’altro che la combinazione dei primi due, fa capire come noi Svizzeri, da anni, siamo in grado di portare avanti un Paese, uno dei migliori al modo per tanti fattori, con una naturalezza che deriva dalle tradizioni, ovviamente con qualche scaramuccia che fa parte del gioco.

Ora, per questi motivi mi chiedo: ma noi Svizzeri dobbiamo continuare a farci dare lezioni dall’Europa su cosa sia giusto e sbagliato? Dobbiamo vivere repressi da un’Europa che prova a copiare il nostro modello e non riesce ad applicarlo? Dobbiamo dare credibilità a politici Svizzeri (devo purtroppo chiamarli così per statuto, non per essenza), che cercano di svendere il nostro paese a un modello che vorrebbe profilarsi come noi ma non ce la fa? A persone che non hanno rispetto del nostro inno nazionale e che si alzano in piedi quando suona l’inno europeo? È questa la Svizzera che vogliamo? Perdere tutte le tradizioni? Non c’è cosa più bella che tifare nella vita, nello sport, nell’esercito, etc…, su noi stessi, e sapere che le decisioni che prendiamo influenzano chi ha valori come i nostri.

Anche se quando ci sediamo al tavolo uno mangia spaghetti, l’altro crauti ed uno fondue, proprio a quello stesso tavolo ci accomunano valori che portiamo avanti da anni, e che abbiamo sempre difeso a spada tratta. Non svendiamoci, non ne abbiamo bisogno. Anche se siamo piccoli abbiamo un valore aggiunto incredibile. Chi non sa di averlo è purtroppo parte della classe politica, che ha vissuto incassando soldi dalle nostre tasse e che fanno quello che gli fa più comodo. Gente che non si è mai chinata sulle problematiche in azienda, nell’economia, ma che hanno sempre comperato casa, auto, e tanti sfizi, perché il contribuente ha sempre pagato le sue tasse. Finiamola con questa politica pressapochista, diamo accento ancora di più ai valori, all’essere fieri di essere Svizzeri, ad imparare l’inno nazionale capendolo, a dimostrare giorno per giorno attaccamento alla nazione, solo così non avremo paura di nessuno. Anche se lotteremo in 5 contro 100 sappiamo cosa possiamo offrire, ovvero qualcosa che altri sono sempre alla ricerca, il Made in Switzerland, in tutti i sensi.

Sono fiero di essere Svizzero, e lo porterò avanti con orgoglio per tutta la mia vita, ma soprattutto per il bene comune, proprio come fu scritto nel patto del 1291.

AUGURI HELVETIA!

Gianmaria L. Frapolli, economista