Oggi mi ero ripromesso di scrivere di tutt’altro: di matematica, del partito socialista, nel nuovo super radar giocattolo prediletto di Gobbi, di MolArte… Volevo, sì, ma il web mi ha sommerso, sopraffatto con centinaia, migliaia di immagini raccapriccianti, che testimoniano la ferocia dell’uomo sull’uomo. Mostrarle, non mostrarle? La risposta alla domanda è per così dire automatica, poiché di fatto vengono mostrate a migliaia.

Già, ma è giusto mostrarle?
— Non sconvolgono l’anima delle persone?
— Non diventano uno strumento di propaganda politica?
— Non vengono arbitrariamente selezionate?
— Non innescano una gara del dolore e dell’orrore? (… …)

Poiché mi sento molto in difficoltà, la mia risposta, oggi, non ve la do. Tuttavia vi propongo un pezzo, certo non indiscutibile, come si propone un’opinione. Ne è autore il giornalista Alessandro Aramu, direttore di Spondasud.it

Gaza 11
“Il giornalismo è dunque mostrare e mi hanno insegnato che quando si ha a che fare con la guerra ci sono cose che si possono mostrare e altre che non si possono mostrare per non urtare la sensibilità delle persone più deboli, a partire dai bambini.

E proprio di loro che voglio parlare. Oggi decido che la mia rivista non deve avere paura di mostrare la foto di un bambino morto sotto i bombardamenti israeliani a Gaza. Decido che del giornale che dirigo faccio ciò che voglio, piegandomi a una sola regola: quella della mia coscienza di giornalista e di uomo. Mostro le foto che l’informazione mainstream non vuole e non può mostrare, perché ogni giorno è piegata alle logiche della politica e della menzogna. I bambini italiani devono sapere che ci sono altri bambini che hanno visto morire i propri genitori, fratelli, parenti e amici.

Devono sapere che ci sono altri bambini morti, sepolti sotto le macerie distrutte dalle bombe di Israele. Devono sapere che c’è una logica nazista nell’informazione: 1 bambino ebreo ucciso vale 10 bambini palestinesi morti. Che ci sono morti di serie A e morti di serie B. Morti che nessuno ha il coraggio di mostrare perché c’è il diritto di perseguitare il popolo palestinese senza che nessun organismo internazionale possa reagire.

In questi anni ho criticato Hamas più di una volta. Ritengo che sia un movimento che non ha prospettiva politica e che la Resistenza, legittima davanti alle continue violazioni di Israele nei confronti della Palestina e del suo popolo, a un certo punto debba trovare un punto di svolta. Quel punto di svolta è arrivato con il consenso di tutti: il governo di unità nazionale con al Fatah. Un punto di svolta che non è piaciuto a Israele e al suo premier. Netanyahu, fin dall’inizio, ha deciso che quello storico accordo doveva fallire e ha lavorato affinché si arrivasse a questo punto.” […]

Ripeto, a scanso di equivoci: questo testo è manifestamente di parte. Ma sulla questione cruciale: mostrare le foto terribili? io, tutto sommato, mi trovo d’accordo con l’autore. Che io poi sia o non sia, è del tutto irrilevante. Sono migliaia e migliaia le fotografie che costellano il web.

Permettono di dire: “Questo è stato fatto”. E permetterebbero forse di dire: “Tu hai fatto questo”.