(francesco de maria) Pubblichiamo con piacere questo interessante articolo, che va nettamente contro corrente. Le argomentazioni in esso contenute – e in particolare le critiche mosse a un’informazione unilaterale – non sono prive di fondamento. C’è tuttavia un grave ostacolo che l’autrice, senza alcuna colpa, non è in grado di superare. Ed è questo. Le azioni dell’esercito israeliano – con le perdite enormi che esse causano tra la popolazione civile e, in particolare, l’uccisione di decine e decine di bambini – appaiono agli occhi di molti (e forse, oggi, di una maggioranza di cittadini) come un crimine di guerra.

Saranno morti solo nella faziosa fantasia dei “rossi” di Comano (che ci sono, che diamine)? Sembra estremamente improbabile.

Ticinolive è naturalmente disposto a pubblicare altri contributi pro-israeliani. Il confronto delle “verità”, in queste circostanze tragiche, terribili e disumane, è fondamentale, anche se la speranza che le parti avverse si possano unire su qualche punto appare remota.

 

Quanto sta accadendo in Medio Oriente, fra Israele e la striscia di Gaza, tocca dolorosamente le coscienze di tutti, per le morti di esseri umani e per lo strazio che accompagna un  conflitto che si protrae da troppo tempo.

In tutto questo, c’è  un elemento anomalo e unico che mi colpisce da sempre e che qualcuno continua  a far  finta di non vedere, ossia il non riconoscere, da parte di molti Paesi dell’area, oltre chiaramente agli estremisti islamici di Hamas, il diritto all’esistenza di Israele e il diritto ad avere uno   Stato sovrano di quanti– gli ebrei- su questi territori ci sono da sempre. Diventa allora   difficile, se non impossibile, trovare delle forme di accordo quando qualcuno non riconosce   l’esistenza dell’altro, tanto che per alcuni Paesi arabi -e non-  la cancellazione dello Stato d’Israele, unico Paese democratico di tutta la  regione, resta un obiettivo primario. 

L’uccisione di tre adolescenti

Come sappiamo, l’escalation della tensione nelle ultime settimane è stata innescata dal rapimento e dall’uccisione di tre adolescenti israeliani, a cui ha fatto seguito  il rapimento e l’uccisione di un giovane palestinese ( i cui autori sono già stati arrestati dalle autorità di Gerusalemme). Da molto tempo, però, lo Stato ebraico si trova  sotto il tiro di centinaia   di razzi lanciati da  Hamas, il gruppo estremista  islamico (legato, tra l’altro, al movimento del “Fratelli musulmani”)  che controlla  la striscia di Gaza e che non esita a farsi scudo di donne, bambini e civili per colpire Israele. I mass media europei hanno dato scarso o nessun peso a questi continui e persistenti attacchi, salvo poi indignarsi, fare dell’informazione a senso unico e scrivere talvolta  notizie false    quando Israele ha cominciato a difendersi per proteggere i propri cittadini. 

Israele non ha il diritto di difendersi?

Le reazioni dei media   e della maggioranza di gran parte del mondo politico del Vecchio continente -quel continente che nel ventesimo secolo è riuscito nell’infernale opera di scatenare ben due guerre mondiali con effetti devastanti e con decine di milioni di morti – sono abbastanza chiare e non concedono spazio   alla volontà di difesa di uno Stato che subisce il logoramento dei continui attacchi di chi vorrebbe  annientarlo.

Per molti, Israele  non ha diritto di  difendersi e tutti sappiamo che, se una Nazione sotto attacco non si difende, semplicemente muore.

Dall’inizio dell’escalation della crisi, tutti i santi giorni della settimana, radio, TV e stampa ci  bombardano mediaticamente con bollettini di guerra che sottolineano il riferimento temporale all’inizio dell’escalation e con testimonianze spesso univoche.  Solo nella parte finale dei servizi   viene, magari,   timidamente sussurrato che   il lancio   di  razzi contro le città israeliane continua incessantemente. Per non parlare delle testimonianze taroccate usate all’uopo e  della riproduzione di foto false ( pare sia stato fatto anche capo a fotografie della guerra civile in Iraq, Siria ecc.). 

RSI: alla faccia dell’equidistanza

Un esempio emblematico di quanto affermato ci viene ancora una volta dal servizio pubblico RSI che, alla faccia dell’equidistanza prevista dal suo mandato istituzionale, lunedì 14 luglio 2014, ha pensato bene di mandare in onda al radio giornale  del mattino  un’intervista ad un palestinese che lavora presso un’ONG di Palermo (e su certe organizzazioni non governative c’è da stendere un velo pietoso ),il quale ne ha dette di tutte i colori, arrivando al punto di affermare che l’esercito israeliano spara sistematicamente ai palestinesi che escono dalle case con la bandiera bianca. Ma si possono affermare cose di una simile gravità, senza   nessuna voce a fare da contraltare, quando si sa inoltre che, almeno nella fase iniziale, l’esercito di Gerusalemme ha inviato avvertimenti, SMS , volantini  ecc. prima di colpire posizioni mirate? 

Reazioni degli organi di sorveglianza RSI? Apparentemente nessuna, con buona pace  di chi continua ad operare alla radio  e in TV in modo così fazioso. Si è per contro letta la posizione della presidente del Consiglio del pubblico della RSI, Tiziana Mona, già dipendente dell’ente, che a titolo personale su alcuni giornali  non ha trovato di meglio che criticare un commento, pubblicato dal “Corriere del Ticino”,  di Adrian Weiss, presidente dell’ASI (Associazione Svizzera-Israele). Sulla base delle informazioni di un paio di cosiddetti giornalisti indipendenti (te li raccomando, certuni!), la signora  asserisce che il rapimento e l’uccisione dei tre adolescenti israeliani sarebbero stati astutamente e cinicamente manipolati  dal governo di Gerusalemme. Che pochezza! L’ennesima dimostrazione che anche sulla morte delle persone si può strumentalmente giocare -questa volta sì- in maniera cinica e sprezzante.

Iris Canonica