Durante il luglio terribile (non alludo al tempo che faceva a Dalpe) tenevo sott’occhio, tra l’altro, il Partito socialista (non il mio preferito), che non diceva mai niente mostrando – mi pareva – grande imbarazzo. Trovavo la cosa strana, loro, così prodighi di proclami e così abili nel redigerli (sono quasi tutti intellettuali e per loro questo è un grosso vantaggio).

Sul massacro di Gaza volevo intervistare un esponente socialista e allora ho pensato a un mio buon conoscente, l’on. Carlo Lepori, granconsigliere. Per certi versi siamo simili (magari non nel carattere): abbiamo la stessa età, siamo entrambi di formazione scientifica (benché io giochi a fare il giornalista senza stipendio) e colleghi insegnanti.

La mia è stata certamente un’ottima idea e il lettore apprezzerà la misura e l’equilibrio delle risposte di Lepori (benché egli non conceda spazio al Sionismo). Un’intervista del professor Francesco De Maria.Lepori

Premessa di Carlo Lepori

La creazione dello Stato di Israele è avvenuta contro la popolazione della Palestina, che ha dovuto in massima parte lasciare le terre su cui viveva. La tradizione biblica non può evidentemente dare nessun diritto alla creazione di questo Stato. Ci si può mettere d’accordo per accettare il dato di fatto (nella forma delle risoluzione ONU del 1947 sui confini tra il territorio israeliano e quell palestinese). Resta però sempre aperto il problema dei diritto dei profughi palestinesi a fare ritorno nei territori israeliani.

In questo senso la realizzazione dei due Stati (Palestina e Israele) è la politica di pace più realista. Gli ultimi governi di Israele non vanno però in questa direzione. La politica della colonizzazione della Cisgiordania, condannata dall’ONU e dall’opinione pubblica mondiale, rende difficile ogni passo che si diriga in questo senso. Il conflitto attuale ha come scopo di rendere impossibile la collaborazione Hamas-Autorità palestinese, da poco iniziata.

Da parte dei paesi arabi, che si dicono sostenitori della causa palestinese, è mancata una politica di aiuto ai Palestinesi, per permettere loro di vivere al di fuori dei campi profughi. Il sostegno militare ad Hamas crea solo problemi sempre maggiori. Hamas poi sembra puntare a difendere il suo ruolo di unico oppositore militare a Israele senza curarsi del popolo palestinese.

L’INTERVISTA

Francesco De Maria   I Giovani Comunisti hanno organizzato una manifestazione in favore del popolo palestinese. L’assenza dei socialisti è stata notata (così ho letto). Lei c’era?

Carlo Lepori   Non ci sono andato, ma per questioni contingenti. Mi sarebbe piaciuto partecipare. Non so degli altri socialisti. Ricordo che organizzare una manifestazione con molte persone esige organizzazione e tempo e in estate c’è qualche difficoltà in più.

Israele è stato attaccato. Israele ha il diritto di difendersi. Israele si sta difendendo. Per alcuni simili affermazioni sono indiscutibili. E per lei?

CL   Non credo sia utile disquisire a lungo su chi abbia iniziato questa volta. Mi sembra però assodato che Hamas non sia direttamente responsabile dell’assassinio dei giovani coloni israeliani. La reazione di Israele contro Hamas ha fatto iniziare il lancio di razzi, pretesto per il bombardamento e l’invasione di Gaza. È quindi difficile parlare di difesa in questo caso specifico.

Il diritto di Israele all’autodifesa è illimitato? Può comprendere qualsiasi forma di attacco e di rappresaglia?

CL   Sono pacifista e faccio fatica a concepire l’idea di «guerra giusta». Pur accettando il principio dell’autodifesa, ritengo la rappresaglia un crimine di guerra e l’attacco difensivo ingiustificabile. Anche restando nel campo delle Convenzioni di Ginevra sul come guerreggiare in modo accettabile, la protezione dei civili resta un punto irrinunciabile.

Come si può negare a Israele il diritto di occupare la terra biblica dei suoi padri? E i territori che si sono aggiunti alla configurazione iniziale del 1948 appartengono anch’essi a Israele, per diritto di conquista.

CL   Molti popoli in questi ultimi due millenni si sono spostati o sono stati scacciati dalle loro terre. Le tradizioni storiche o bibliche non hanno nessun validità. E neanche il «diritto di conquista».

A suo avviso una posizione “anti-sionista pura”, che neghi tout court la legittimità dello stato d’Israele è sostenibile?

CL   In linea di principio sarebbe sostenibile: non c’era infatti nessun motivo per creare un nuovo Stato, scacciando le popolazioni che vivevano lì. Il pragmatismo impone però di accettare anche avvenimenti problematici. L’ONU ha accettato la formazione di uno Stato israeliano con confini precisi (ben più ridotti rispetto alle pretese attuali di Israele)

Parliamo di Hamas. Lei pensa che Hamas abbia una strategia oppure si muova seguendo impulsi di pura follia e autodistruzione? Se HA una strategia, qual è?

CL   Hamas vuole mantenere il controllo di Gaza e possibilmente vincere anche in Cisgiordania. Per distinguersi dall’attuale politica moderata dell’Autorità palestinese deve continuare a tener vivo il mito della guerra a Israele. A parte qualche razzo e la minaccia di atti terroristici grazie ai cunicoli scavati sotto il confine, in realtà non rappresenta un rischio militare per lo stato di Israele.

La popolazione di Gaza è complice di Hamas? Oppure schiava di Hamas?

CL   La popolazione ha scelto Hamas perché più credibile dei rappresentanti dell’autorità palestinese, accusati di corruzione e incapaci di fornire prospettive. Anche chi ha ora dubbi su questa scelta, difficilmente farà mancare la sua solidarietà durante un conflitto armato. Anche se Hamas fa poco o nulla per proteggere la popolazione civile.

Mentre i massacri si moltiplicano, si moltiplicano di pari passo anche gli appelli dell’ONU, senza alcun risultato. L’ONU è un perfetto fallimento?Quale parte e quale responsabilità hanno gli USA in questa tragedia infinita?

CL   L’ONU è un entità irrinunciabile, che può vantare molti successi. Nel conflitto con Israele non è però mai riuscito a far rispettare le sue risoluzioni, né a prenderne di decisive. Gli USA sono i principali responsabili di questo stato di cose.

Si sarebbe tentati di dire: “Hanno torto tutti, sono tutti criminali. È la bestia che si annida nell’uomo e vuole il sangue”. Ma poi? Che senso ha una simile “parificazione”?

CL   Hanno torto i guerrafondai: i partiti della destra israeliana che perseguono la creazione di un «Grande Israele» e Hamas che continua credere a un’impossibile sconfitta militare di Israele. In questo momento però, con la politica degli insediamenti abusivi, con il rifiuto di colloqui di pace e con la strage a Gaza, il governo di Israele si trova dalla parte del torto.

Quanto pesano in questo frangente gli israeliani moderati, quelli che NON vogliono la distruzione di Gaza? Sono “quantité négligeable”? Dispongono di uno “spazio d’azione” politico, anche piccolo?

CL   Al momento sembrano essere una minoranza. E l’opinione pubblica israeliana sembra in gran parte a favore del governo guerrafondaio. L’evidenza dell’impossibilità di una soluzione militare, dovrebbe portare a un ruolo maggiore dei moderati, perseguendo la creazione di uno Stato palestinese. Il rischio che dopo un Hamas indebolito appaiano in questo scacchiere le forze del «califfato» dovrebbero far riflettere tutti.

Gli ebrei nei secoli hanno subito persecuzioni terribili. Ciò può avere istillato nel loro animo una particolare durezza e una insensibilità per le sofferenze di altri esseri umani?

CL   Sono convinto di no. Gli Ebrei, proprio per le persecuzioni di cui sono stati vittima hanno un alto senso della giustizia e conoscono la sofferenza causata dall’ingiustizia. Il governo di Israele crede che il pugno di ferro sia utile per proteggere la popolazione dello Stato di Israele. La storia insegna che anche una vittoria militare di solito crea molti problemi. La vera difficoltà è realizzare una pace duratura e nessuno dei due contendenti può seriamente contare di distruggere totalmente l’altra parte.

Se c’è una speranza, in che cosa possiamo sperare?

CL   Possiamo solo sperare che l’islamismo fondamentalista del «califfato» e dei suoi adepti perda terreno. Nel passato il vero Califfato ha realizzato in questa regione secoli di prosperità, arte e cultura. La politica degli USA e dei suoi alleati ha però solo contributo a dare credibilità alle forze più estreme e violente. La situazione in Siria e in Irak lascia ben poche speranza per una soluzione a breve del conflitto israelo-palestinese.

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