Oggi si apre il festival e il Pardo incomincia a ruggire. Il bel quotidiano radico-socialista laRegione – dove per “radicali” si deve intendere una parte del PLR – pubblica un veemente articolo dell’on. Fiorenzo Dadò, capogruppo PPD in Gran Consiglio, sulla scelta (invero infelice) della Direzione di conferire un premio speciale al regista Polanski. Dadò è molto duro e, come sempre, efficace. Ciò corrisponde alla sua sanguigna personalità. Ma il suo destino probabile sarà quello di imbattersi in un muro di gomma.

Lascia esterrefatti il silenzio impenetrabile del presidente del festival. Le possibilità non sono centomila: o egli approva, oppure è totalmente in balìa del suo colonnello (che ha se non altro il genio di farsi pubblicità a buon mercato). (fdm)

 

(passaggi significativi)    “Quali siano le qualità e i difetti di Roman Polanski regista non c’è bisogno di spiegarlo, anche perché non vengono messi in discussione da nessuno. Sembra invece necessario ricordare il crimine odioso di cui si è macchiato, la fuga dalla giustizia e l’attuale latitanza in Francia. Eugene Robinson sul ‘Washington Post’ ne descrive i fatti in modo chiaro per tutti: “Nel 1977 il regista, che allora aveva 43 anni, attirò una tredicenne in una casa di Jack Nicholson sulle colline di Hollywood, la costrinse a trangugiare droga e champagne per poi violentarla”. E come se non bastasse, nel 1979 dichiarò di sentirsi un perseguitato “perché tutti vogliono fare sesso con le ragazzine”.

“Se non si trattasse di un famoso e ricchissimo regista, ben intrallazzato con amici potenti sparsi un po’ ovunque, non ci sarebbe una sola persona sul globo terrestre a cui verrebbe in mente di sminuire o giustificare la schifezza che ha commesso e che non gli augurasse la galera. Ma purtroppo, come si è ancora potuto apprendere nel settembre del 2009 quando venne finalmente arrestato a Zurigo, la macchina dei “senza vergogna” è sempre ben oliata, tanto da arrivare ad affermare candidamente che “il genio di Polanski sorpassa di gran lunga il crimine commesso”. La notizia sbalorditiva dell’avvenuta liberazione del regista (dopo molto tergiversare del Consiglio Federale e qualche immaginabile retroscena…), aveva suscitato il lugubre ghigno di tutti i pedofili e stupratori del mondo, accompagnati dagli starnazzi di una schiera di simpatizzanti (o presunti tali), ben accucciati nei salotti ovattati del potere mediatico”.

“Dopo l’accoglienza lo scorso anno, con tutti gli onori e albergo di lusso, dell’assassino e terrorista mai pentito Giovanni Senzani, che suscitò persino lo sdegno e l’intervento deciso del procuratore antimafia Gian Carlo Caselli, pensavamo che il limite all’indecenza, alla provocazione e alle pessime figure planetarie, fosse ampiamente esaurito e che almeno quest’anno ci si potesse gustare il Festival in pace. Ma è proprio vero che al peggio non c’è mai fine e l’accoglienza del latitante Polanski quale ospite d’onore, ben condita di apposito premio speciale, non può essere né taciuta né tollerata. Voler vedere solo il lato artistico del personaggio o tirare in ballo questioni che c’entrano come i cavoli a merenda, come sembrano fare per comodità, conformismo e difesa d’ufficio alcuni, è un atto di codardia e irresponsabilità inaccettabile (…). L’uomo Polanski, al di là dei suoi meriti artistici che nessuno contesta, che piaccia o no, incarna l’essenza dell’ingiustizia più bieca, proprio per essere riuscito a sfuggire per pusillanimità alla legge e alla galera grazie solo ai suoi soldi e agli amici potenti”.

“Al Festival, a questo punto, se non vuole mettere a repentaglio in modo irrevocabile la sua credibilità di fronte all’opinione pubblica e agli sponsor, non resta che una sola strada percorribile. Revocare il vergognoso premio al regista latitante e, se proprio non si riesce più a farlo rimanere a casa sua, chiedergli ufficialmente che il red carpet lo utilizzi per domandare perdono a tutte le vittime della pedofilia che ha pesantemente offeso con la sua codardia”.

Fiorenzo Dadò