16 agosto 2014. Stamattina mi sono alzato alle 4, buio pesto, un freddo fuori stagione aggravato da una brezza noiosa. Leggo i notiziari, sono scomparsi in un solo giorno 3 personaggi del mio gruppo degli ottantenni:

Padre Callisto Caldelari: mi ha invitato più volte a dibattiti a “Spazio aperto”. Ero sempre destinato al ruolo del “cattivo politicamente scorretto”, di fronte ad un pubblico ingenuo e credulone, ma sincero nei suoi sentimenti che non condividevo. Ricordo un dibattito particolarmente acceso sulla pena di morte, che difendevo, come la difendo ancora per delitti particolarmente atroci. Alla fine si era tutti d’accordo: tutti contrari alla pena di morte, padre Callisto, che fungeva da moderatore, il mio antagonista e il pubblico ingenuo contrari a quella degli assassini, io a quella delle vittime.

“De mortuis nihil nisi bonum”, non ho niente da aggiungere. Ad elogiare i grandi meriti dello scomparso hanno già provveduto persone molto autorevoli.

Ettore Monzeglio: un’amicizia nata da un rapporto professionale, rimasta a livello di scambio di lettere o telefonate, ma comunque gradita e proficua. Un self made man di alto livello, che mai mi lasciò mancare il sostegno quando si trattò di consigliarmi ed aiutarmi per dibattiti in vista di votazioni popolari concernenti l’esercito e la sua aviazione in particolare. Una perdita dolorosa.

Ferdinando Riva, indimenticabile Riva IV, idolo della mia adolescenza, quando non mancavo una partita del Chiasso allo stadio di via Comacini, sede delle esibizioni dei vari Francesco Bianchi, “Mucho” Frigerio e Francesco Chiesa, con il quale, qualche anno prima, avevo giocato al pallone sul bellissimo campo delle scuole comunali, e molti altri che non ricordo così bene. Ma il “Pucci” stava un gradino sopra tutti, idolo di tutta una generazione, in particolar modo per noi giovincelli del suo periodo d’oro. La carriera nella nazionale gli fu parziamente bloccata da un altro “idolo” del calcio svizzero, il ginevrino Jacques Fatton. Una stranezza, le due più grandi ale sinistre del calcio svizzero in una breve parentesi dei 110 anni di storia della nazionale. Un’altra perdita dolorosa.

Gianfranco Soldati