Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo brioso e divertente articolo. È chiaro che la “logica” soggiacente all’iniziativa è (ahimè) sempre la stessa: chiediamo di più, sempre di più, allo Stato. Nessuno (ma proprio nessuno) si domanda come possa lo Stato far quadrare i conti. Probabilmente… non è considerato un tema interessante. (fdm)

casetta in canadàFamiglie che fanno fatica a tirare la fine mese pur lavorando in due, famiglie che neanche arrivano a fine mese, famiglie che si disgregano subito dopo il matrimonio, o dopo la nascita di un figlio, o dopo aver costruito una casa, o vai poi a sapere perché; comunque si disgregano o, quando va bene, restano attaccate con lo sputo e non si riesce ad indovinare fino a quando. In fra mezzo a tante copie, parte di variegata umanità in difficoltà, i bambini!

Ci furono tempi in cui i bambini andavano a scuola e poi tornavano in una casa dove c’era una mamma che li aspettava. Le case erano come quella del Pinco Panco in Canadà: avevano il tetto aguzzo, un camino che fumava e la mamma era sull’uscio in attesa. I bambini già dall’asilo la disegnavano così. Anche i bambini dell’asilo del giorno d’oggi, ancora la disegnano così la casa, solo che non c’è più: è diventato un ricordo collettivo che viene riprodotto come ideale impossibile e ormai perso.

Sono circa mille anni che i preti cattolici predicano che la società deve essere basata alla famiglia. Siccome confessano, sanno però bene quanto sia difficile restare felici e fedeli nella coppia… sono circa mille anni che predicano e predicano (dentro e fuori le loro chiese sempre più vuote), ma dallo sposarsi se ne guardano bene: sanno che le insidie sono molte e che a non inciamparci è ben più difficile che predicare. Perciò preferiscono dimenticare che è scritto “è bene che l’uomo non sia solo”; e per carità cristiana preferisco fermarmi qui.

In questa realtà sociale con la famiglia non più definibile come solo vent’anni fa, con l’aggiuntiva di condizioni economiche che obbligano la copia a lavorare in due, non possiamo dimenticare i bisogni affettivi e intellettuali dei bambini, spesso solo vittime, evidentemente innocenti. Chiedono comunque aiuto per crescere: come dimenticarli? Come girarsi da un’altra parte?

L’iniziativa popolare “Aiutiamo le scuole comunali” è solo un primo passo per affrontare una realtà nuova, che ci sta sorprendendo e sommergendo. Con “Aiutiamo le scuole comunali” si dovrebbe intendere “Aiutiamo i bambini”. Come spesso accade, non tutto si risolve mettendo una mano sul cuore, ci vuole anche l’altra sul portafoglio. Spendere non è peccato, spendere per i bambini è sempre un investimento per il futuro. Se per spendere si deve guardare alle priorità, i bambini devono sempre essere la priorità per eccellenza di qualsiasi società civile.

Gianni Delorenzi, municipale di Vacallo