Dopo 50 giorni di combattimenti, Israele e le organizzazioni palestinesi hanno concluso una tregua illimitata. Il cessate il fuoco è iniziato martedì sera. Negoziato dai servizi egiziani, l’accordo prevede una tregua sul terreno di un mese, in cambio di una larga apertura dei punti di passaggio che controllano l’accesso alla Striscia di Gaza e un allargamento della zona di pesca.

Al termine del primo mese senza più combattimenti né lanci di missili inizieranno le discussioni sul futuro della Striscia di Gaza, la ricostruzione del suo aeroporto internazionale, distrutto all’inizio degli anni 2000, la costruzione di un porto marittimo e la creazione di un meccanismo di controllo internazionale delle merci che entrano nell’enclave. Un’esigenza israeliana atta a impedire o a rallentare il riarmo di Hamas e dei suoi alleati.

In questo ambito, l’Autorità palestinese – che era stata espulsa dalla Striscia di Gaza a seguito del golpe di Hamas nel giugno 2007 – avrà un ruolo importante, perchè diverse centinaia di suoi uomini saranno formati in Egitto per garantire la sicurezza nei diversi punti di passaggio verso la Striscia e per impedire ai lanciarazzi di avvicinarsi alla barriera di protezione che costeggia Israele.
Non è dunque un caso che sia stato il presidente dell’Autorità palestinese, Mahmoud Abbas, ad ufficializzare la conclusione del cessate il fuoco, in occasione di una conferenza stampa martedì sera.

I dirigenti israeliani hanno aspettato prima di confermare la tregua. Diversi di loro, fra cui il primo ministro Benyamin Netanyahu, non nascondono il loro malessere, perchè 50 giorni dopo aver scatenato “la guerra di Gaza” i risultati dell’esercito israeliano sono lungi dall’aver ottenuto gli scopi prefissati.
In effetti, all’inizio dell’offensiva lo Stato maggiore di Tsahal prevedeva, attraverso intensi bombardamenti, di distruggere in pochi giorni l’infrastruttura delle brigate palestinesi Ezzedine al-Qassam. Cosa che invece non è accaduta e i guerriglieri palestinesi mantengono intatta la loro forza.

In questi 50 giorni di scontri i morti palestinesi sono stati poco più di 2’000, fra civili e militari. I feriti sono stati quasi 11’000. Migliaia le case e gli edifici rasi al suolo. Una prova alla quale il movimento Hamas era preparato. I suoi guerriglieri non si sono mai arresi e lo Stato ebraico si è fatto trascinare in un lungo conflitto che invece voleva evitare a tutti i costi.