Giorgio Ghiringhelli scrive a Ticinolive.

Ciao Francesco,

visto il tuo interessamento per il caso del centro asilanti di Losone, e le tue domande sull’operato delle autorità comunali, ti invio per conoscenza ed eventuale pubblicazione il ricorso che ho inoltrato ieri al Consiglio di Stato e che ho trasmesso finora solo ai tre principali quotidiani e a nessun altro organo di informazione ( per cui il tuo è il primo sito online a riceverlo).

Non so se avrai voglia e tempo di leggere il ricorso (13 pagine), ma se lo leggerai vedrai che non sono stato molto tenero verso il comportamento piuttosto ambiguo delle autorità comunali losonesi, e che ho documentato anche l’arroganza della Confederazione e la scarsa trasparenza che ha contraddistinto tutta questa operazione. […]

Ormai non è più tanto in discussione l’apertura del centro (la cui apertura è già stata annunciata per il 20 ottobre) quanto la chiarezza sulle competenze a decidere l’avvio di una procedura edilizia in casi del genere. […]

E’ assai probabile che una volta chiuso il centro di Losone se ne dovrà aprire un altro provvisorio per tre anni in altra località del Cantone, e dunque è importante fare chiarezza su questi punti, anche per difendere meglio gli interessi dei cittadini e dei Comuni che saranno toccati da queste decisioni.

 

(francesco de maria) Pubblico integralmente il lungo testo fornitomi da Giorgio Ghiringhelli. Molto più breve sarà il mio commento:

— il lavoro del Ghiro, di cui questo ricorso non è che una piccola parte, appare titanico;

— tuttavia, come anticipato nel titolo, il confronto è impari. Berna vuole il suo centro e lo avrà, di riffa o di raffa. Ghiro o non Ghiro, Losone o non Losone, legge o non legge.

— Su un punto Ghiringhelli conferma esplicitamente la mia impressione: l’autorità comunale non si è impegnata a fondo nella tutela dei suoi cittadini. E adesso… les jeux sont faits.

Mentre il fatidico 20 ottobre si avvicina a grandi passi, eccovi dunque il ricorso “ultima spiaggia” di questo valoroso don Chisciotte (detto con ammirazione!)

davide e golia

 

A L   C O N S I G L I O    D I     S T A T O

R I C O R S O
e
I S T A N Z A    D’ I N T E R V E N T O

16 settembre 2014



presentati da Giorgio Ghiringhelli, Via Ubrio 62, 6616 Losone

contro

la decisione del 29 agosto 2014 emanata da Municipio di Losone sull’istanza dei ricorrenti inviata il 19 agosto 2014 sulla situazione edilizia dell’ex Caserma S. Giorgio di Losone;

e più in generale contro l’agire del Municipio quale autorità edilizia comunale;

Parti da chiamare in causa
– Ufficio domande di costruzione, 6500 Bellinzona
– DDPS, Segreteria generale, 3003 Berna
– UFM, Quellenweg, Wabern

Fatti

L’istoriato apparirà un po’ lungo, tuttavia la controversia è abbastanza complessa e merita un’esposizione complessiva, per evitare di dover spulciare l’incarto

A.
Il 5 settembre 2012 il Municipio di Losone inviò a tutti i fuochi di Losone un volantino con il quale si invitavano i losonesi a sottoscrivere la petizione lanciata da Eros Mellini allo scopo di esortare il Consiglio federale a rinunciare all’idea di installare un centro asilanti all’ex-caserma di Losone. “Nel caso si dovesse optare per l’ex-caserma – scriveva il Municipio – ci si troverebbe in una situazione estremamente controproducente per tutto il Locarnese (…). Più numerose saranno le voci contrarie, maggiori saranno le possibilità che la Confederazione rinuncia a procedere nella direzione temuta”. La petizione venne firmata da circa 6’500 persone e venne consegnata all’Autorità federale nell’ottobre del 2012.

B.
Il 9 giugno 2013 il popolo approvò alcune modifiche urgenti della legge federale sull’asilo (LAsi) fra le quali l’articolo 26 a, che, a determinate condizioni di carattere edilizio, autorizzava la Confederazione ad utilizzare infrastrutture ed edifici di sua proprietà per l’alloggio agli asilanti “per un massimo di tre anni” senza l’autorizzazione dei Cantoni e dei Comuni interessati (ciò a condizione che “il cambiamento di destinazione non richieda provvedimenti edilizi rilevanti” e che “non avvenga nessuna modifica essenziale in relazione all’occupazione dell’infrastruttura o dell’edificio” ) .

C.
Il 7 ottobre 2013 la RSI ( al “Quotidiano”) ha comunicato che l’Ufficio federale della migrazione (UFM) aveva deciso di installare un centro asilanti per tre anni nell’ex-caserma di Losone.

D.
Il 28 ottobre 2013 il Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS) inviò al Municipio di Losone una lettera intitolata “Consultazione riguardante il cambiamento di destinazione di durata determinata della Caserma di Losone come alloggio della Confederazione nel settore dell’asilo” nella quale fra l’altro , senza entrare minimamente nei dettagli sui lavori programmati, si specificava che “non sono previsti provvedimenti edilizi rilevanti ai sensi dell’art.26 a LAsi” e si aggiungeva che “per poter prendere nella dovuta considerazione le loro esigenze particolari o le loro richieste, il Cantone, il Comune interessato e la sua popolazione vengono consultati secondo l’art. 26 a cpv 3 LAsi”.

E.
Con lettera del 31 ottobre 2013 il Municipio di Losone rispose alla consultazione, esprimendo “grandissima delusione e frustrazione” per il fatto che la stessa non aveva soddisfatto le attese in merito alla procedura di vendita dell’ex-caserma, e ribadendo di attendersi una proposta concreta per la vendita della caserma a un prezzo politico. Il Municipio ribadì che la questione della vendita doveva procedere di pari passo con la procedura LAsi e fece la voce grossa dicendosi disposto ad adottare “tutte le misure che riterrà necessarie per tutelare gli interessi del proprio Comune”, ma per quanto riguarda la procedura secondo la LAsi non colse l’occasione per chiedere informazioni sull’entità e il tipo di lavori previsti, ritenendo evidentemente che le assicurazioni date dalla Confederazione sulla loro conformità per rapporto all’art. 26a LAsi fossero sufficienti e che dunque non occorresse avviare una procedura edilizia.

F.
Il 4 novembre 2013, in mancanza di una decisione impugnabile, il ricorrente è insorto contro la decisione comunicata (e verosimilmente emessa) dall’UFM con un ricorso al Tribunale amministrativo federale (TAF) con il quale si chiedeva di annullare la decisione o subordinatamente di rinviare la causa all’UFM o ad altra Autorità competente o, ancora subordinatamente, di imporre oneri ben precisi relativi alla gestione del centro e alle misure di sicurezza. Nel ricorso, in mancanza di informazioni più precise sugli investimenti milionari previsti per l’apertura del centro asilanti, si sollevavano dubbi sul rispetto delle condizioni di tipo edilizio che, secondo l’art. 26 a LAsi , consentivano una procedura accelerata (senza cioè l’avvio di una procedura edilizia) : in particolare si sosteneva che a giudicare dagli investimenti previsti (secondo alcune voci 2,5 milioni e secondo altre voci 5 milioni) i lavori erano “rilevanti”.

G.
Il 5 novembre 2013, quasi in risposta ai dubbi espressi nel ricorso, il quotidiano La Regione pubblicava un articolo (a firma Serse Forni) nel quale si tendeva a sminuire la portata dei lavori. Nell’articolo si riferiva che durante una riunione tenutasi lo scorso 11 ottobre tra l’UFM e rappresentanti del Cantone, del Comune e del Patriziato era emerso che il costo delle opere da eseguire ammontava a 2-2,5 milioni : in particolare si prevedeva di trasformare le sale di teoria del pianterreno in camere (mediante la costruzione di nuove pareti) e di dividere i servizi (uomini-donne) e inoltre di sostituire alcuni serramenti e adattare la sala mensa alle nuove esigenze. Nell’articolo si riferiva inoltre che sarebbe stato utilizzato unicamente il piano terreno dello stabile, e ciò “per evitare enormi spese per la sicurezza in caso di incendio”. Da allora sui lavori previsti all’ex-caserma è calato il più totale silenzio, come se si trattasse di segreti militari. Nessun organo di informazione ne ha più parlato. E solo verso l’agosto scorso, a lavori avviati, ci si è accorti che, contrariamente a quanto si era detto in un primo tempo, i lavori erano stati estesi pure al primo piano.
Al riguardo dei lavori edilizi, si veda ancora la conferenza stampa dell’8 settembre 2014 (punto P).

H.
Con sentenza A-6258 del 28 gennaio 2014 il TAF ha dichiarato inammissibile il ricorso, senza dunque entrare nel merito delle contestazioni ivi contenute, con la motivazione che mancava una decisione impugnabile, visto che la lettera del 28 ottobre (vedi punto D) era solo una “mera consultazione” (…) tesa alla stipulazione di un accordo” e che “solo in seguito verrebbe notificato il cambiamento di destinazione” . A titolo abbondanziale il TAF aggiunse che anche la notifica del cambio di destinazione non avrebbe implicato nel caso in questione una decisione impugnabile, in quanto l’annuncio di tale cambio “è una semplice comunicazione e non una decisione ex art. 5PA”. I giudici specificarono che “solo e soltanto se le condizioni dell’art. 26 a LAsi risultano adempiute non è richiesta alcuna autorizzazione” e visto che nel caso in questione non è prevista l’emanazione di una decisione federale o cantonale o comunale “la Confederazione deve dunque soltanto annunciare al Cantone e ai Comuni interessati – e non ai cittadini – il cambiamento di destinazione, senza ulteriori formalità”.

I.
Contro la sentenza del TAF il ricorrente ha presentato un ricorso al Tribunale federale (TF) in data 10 marzo 2014, chiedendo fra l’altro che allo stesso venisse concesso effetto sospensivo, in modo da evitare che in attesa del giudizio la Confederazione potesse effettuare i previsti lavori rendendo così il ricorso superato dai fatti. Il 5 maggio 2014 , nelle loro osservazioni, sia il DDPS e sia l’UFM si opposero alla richiesta di accordare l’effetto sospensivo al ricorso. L’UFM, in particolare, fece presente che “il divieto di intraprendere dei lavori non farebbe altro che ritardare l’installazione di un alloggio per richiedenti l’asilo (…)”. Il DDPS dal canto suo si premurò di rassicurare che “nessun lavoro di risanamento o di trasformazione è attualmente in corso nella struttura o nei suoi dintorni”.

Epperò, un paio di mesi dopo, e un mese abbondante prima della sentenza del TF, il cantiere venne aperto senza che nessuno, né il Cantone né il Comune, intervenisse per bloccare i lavori. Interpellato dal ricorrente con lettera del 18 luglio 2014, il DDPS, per bocca del capo territorio e ambiente Bruno Locher, si giustificò con lettera del 13 agosto 2014 asserendo che “il vostro ricorso non ha alcun effetto sospensivo, e di conseguenza i lavori iniziati possono proseguire anche se la vostra richiesta su questo punto non è stata ancora trattata (…) .Inoltre i lavori eseguiti per l’utilizzazione dell’edificio quale centro asilanti non portano nessun pregiudizio e il Tribunale federale resta libero nel suo processo decisionale”.

L.
Il 27 maggio 2014, d’intesa con il DDPS, il Municipio emise un comunicato stampa per annunciare con soddisfazione che era stato trovato un accordo con la Confederazione in base al quale il comparto dell’ex-caserma sarebbe passato nelle mani del Comune per una somma di 4,6 milioni di franchi dopo il periodo di tre anni di attività del centro asilanti. Allo stesso tempo il Municipio segnalò che dopo aver ottenuto questa garanzia aveva pure sottoscritto una convenzione con l’UFM concernente l’utilizzazione provvisoria dell’ex-piazza d’armi come centro di accoglienza per richiedenti l’asilo. Dopo aver a più riprese fatto la voce grossa contro il centro asilanti, il Municipio ha insomma raggiunto lo scopo che gli stava più a cuore.

M.
Il Tribunale federale, con sentenza 2C_246/2014 del 7 agosto 2014 (intimata il 18 agosto 2014 ) , ha confermato la sentenza dei giudici federali di primo grado, precisando tuttavia la competenza del Cantone in tali procedure. In particolare il TF , dopo aver ricordato che le autorità competenti a rilasciare un permesso di costruzione per alloggiare in maniera duratura i richiedenti l’asilo sono quelle cantonali , ha specificato che “alle stesse autorità cantonali occorre di principio rivolgersi anche quando si ritenga che i requisiti per applicare l’art. 26 a LAsi non siano adempiuti e che le modifiche previste debbano essere oggetto di una procedura ordinaria”. Quindi la richiesta di un’autorizzazione cantonale o comunale per alloggi provvisori è esclusa solo davanti a provvedimenti edilizi che non siano rilevanti, ma non negli altri casi “che continuano ad essere sottoposti alle autorità amministrative e giudiziarie competenti”.

N.
Onde poter stabilire se i lavori in corso e quelli ancora da effettuare siano o meno rilevanti , dato che finora il progetto completo e definitivo non è mai stato reso noto e dunque i cittadini ne sono all’oscuro , il 19 agosto 2014 il ricorrente ha quindi consegnato un’istanza urgente al Municipio di Losone, quale autorità edilizia competente, per fare le verifiche del caso, in particolare ha chiesto che fosse avviata d’ufficio una procedura ordinaria edilizia mediante pubblicazione all’albo comunale, ingiungendo alle autorità federali di presentare tutti i piani e le fatture di spesa. Contestualmente si è chiesta pure la sospensione immediata dei lavori. Nell’istanza si ricordava pure che il Municipio, quale autorità edilizia, è inoltre tenuto a verificare che le norme di polizia edilizia siano rispettate scrupolosamente, che i lavori siano eseguiti secondo le regole dell’arte, nel rispetto delle norme di sicurezza e della polizia del fuoco.

O.
Con decisione 29 agosto 2014 il Municipio, pur ammettendo di non essere in grado di giudicare in maniera conclusiva la sua competenza o meno ad avviare una procedura edilizia per il caso in questione, ha deciso di respingere l’istanza del ricorrente nel merito con la motivazione che “in base agli elementi in suo possesso, i lavori in corso non sono rilevanti ai sensi dell’art.26a LAsi”. Se il ricorrente sperava di ottenere finalmente maggiori ragguagli sull’entità dei lavori in corso, la sua speranza è andata delusa, in quanto il Municipio si è limitato a dire che “sono previsti interventi elettrici, sanitari e della polizia del fuoco” oltre alla “posa di una recinzione mobile e di container che verranno rimossi una volta terminato l’uso” e si è limitato a ripetere che a più riprese i competenti servizi federali hanno comunicato che non erano previsti interventi edilizi rilevanti, e che in base alla documentazione in suo possesso “si evince come non venga eseguito nessun ampliamento né modifiche della struttura, per cui i lavori in atto vengono considerati normali lavori di manutenzione interna (…)” .

Da notare che a seguito dell’istanza e dei contenuti della sentenza del TF riportati in precedenza (al punto M) il Municipio aveva dei dubbi sull’interpretazione dell’art. 26 a LAsi e sulla sua competenza in materia , per cui aveva consultato il DDPS, il quale , in data 25 agosto 2014 , in evidente contrasto con quanto chiaramente stabilito dai giudici di Losanna, aveva così risposto : “La Confederazione è competente nell’applicazione dell’art. 26 a LAsi. Le incombe in particolare di verificare che le condizioni di applicazione siano date e di assumere la responsabilità di questa conclusione. Di conseguenza non appartiene al Comune di verificare, più specificatamente sul cantiere, se le condizioni di applicazione dell’art. 26 a LAsi sono riunite e non hanno alcun dovere di incaricarsi di questo compito. Il Comune non dispone di nessuna competenza in questo ambito”. Ed ecco perché, posto fra l’incudine e il martello, il Municipio ha scritto di non aver potuto sciogliere il quesito inerente alla sua competenza a statuire nella fattispecie e ha lasciato “ all’Autorità superiore eventualmente adita il compito di determinarsi in merito”

P.
Anche nel corso di una conferenza stampa indetta l’8 settembre 2014 per fare il punto alla situazione in vista dell’apertura del centro (20 ottobre 2014 ), e alla quale hanno presenziato rappresentanti dell’UFM, del Cantone e del Comune, si è persa l’occasione per fare trasparenza sugli interventi edilizi in atto. A quanto risulta il sindaco si sarebbe limitato a dire che i costi sono ammontati a circa 2 milioni di franchi e che, trattandosi di lavori interni, non era stato necessario avviare alcuna procedura edilizia. Sul perché i lavori fossero stati estesi anche al primo piano (compiendo oltretutto il miracolo di spendere solo 2 milioni di franchi anziché i 2-2,5 milioni ventilati un anno prima solo per il pianterreno…) , e sul dettaglio di questi lavori, nulla è emerso.

Diritto

1.
Inoltrato contro una decisione municipale entro il termine legale, il ricorso al Consiglio di Stato è chiaramente ammissibile. Idem per l’istanza d’intervento . Si sottolinea che l’istanza di intervento è giustificata anche per ragioni di ordine generale. Infatti il centro asilanti di Losone sarà il primo in Ticino (ma certamente non l’ultimo) aperto con la procedura d’urgenza sancita nell’art. 26a LAsi (fra tre anni cosa ci attenderà ?) e, considerato che anche il Municipio di Losone non avendo bene in chiaro le sue competenze in materia ha lasciato “all’Autorità superiore eventualmente adita il compito di determinarsi in merito” (Punto O) , è necessario che l’Autorità di vigilanza chiarifichi una volta per tutte la procedura applicabile tenendo conto della sentenza del Tribunale federale no. 2C_246/2014 del 7 agosto 2014.

Partendo dalla seguente affermazione contenuta nella citata sentenza del TF : “alle stesse autorità cantonali occorre di principio rivolgersi anche quando si ritenga che i requisiti per applicare l’art. 26a LAsi non siano adempiuti e che le modifiche previste debbano essere oggetto di una procedura ordinaria” , il Municipio di Losone nella sua risposta del 29 agosto 2014 qui impugnata si è posto il seguente interrogativo cui non ha saputo rispondere :

“Chi dovrebbe rivolgersi alle autorità cantonali : il Comune e/o i cittadini attivamente legittimati a chiedere un intervento dell’Autorità, oppure l’Autorità federale (nella fattispecie DDPS e/o DFGP) che ha deciso la trasformazione dell’ex-caserma in centro provvisorio di accoglienza per richiedenti l’asilo in virtù dell’art. 26a Lasi e che magari, qualora si trovasse nel dubbio circa la portata degli interventi edilizi previsti (saranno rilevanti oppure no?) dovrebbe interpellare l’Autorità cantonale competente in ambito edilizio?”

V’è da dubitare che il Tribunale federale abbia voluto dire che, in caso di dubbi sui requisiti per applicare l’art. 26a Lasi, al committente dei lavori ( cioè all’Autorità federale) era data facoltà di controllare se stesso decidendo se rivolgersi all’Autorità cantonale per chiedere se fosse o meno necessario avviare una procedura edilizia… e quindi resta semmai da chiarire se tale facoltà è data solo al Comune o anche ai cittadini (nella consultazione avviata dal DDPS il 28 ottobre 2013 – punto D – si faceva comunque un esplicito riferimento anche al coinvolgimento della “popolazione”). La risposta facilmente risiede nell’art. 111 LTF, il quale stabilisce le esigenze minime della procedura cantonale, impone ai Cantoni di stabilire la legittimazione ad agire pari almeno a quella del Tribunale federale (art. 89 cpv. 1 LTF), quindi anche ai cittadini lesi e non solo alle autorità.

2.
Quando ormai manca poco più di un mese all’apertura del centro asilanti, programmata per il 20 ottobre, questo ricorso può sembrare tardivo e inutile.

Se esso è tardivo non è certo per colpa del ricorrente, che con il ricorso al TAF del 4 novembre 2013 si era mosso con tempestività nell’intento di far trasparenza sulla reale entità delle trasformazioni edilizie e degli investimenti previsti per la creazione del centro asilanti (vedi considerando no. 8.2 del ricorso al TAF). Ma il TAF ha dichiarato irricevibile il ricorso senza entrare nel merito, lasciando dunque aperti tutti gli interrogativi, e senza precisare, come invece ha fatto successivamente il TF, che in caso di dubbi sui requisiti richiesti dall’art. 26 a LAsi ci si poteva rivolgere alle autorità cantonali e chiedere l’avvio di una procedura ordinaria per gli interventi edilizi previsti. Inoltre non è certo da imputare al ricorrente un ritardo dovuto anche al fatto che la Confederazione ha abusivamente iniziato i lavori quasi un mese e mezzo prima che venisse intimata la sentenza del TF, da cui è scaturita l’istanza al Municipio oggetto della presente vertenza (con i lavori tuttora in corso…) .

Indipendentemente dall’apertura o meno del centro questo ricorso non è inutile perché esso mira a far chiarezza sull’applicazione dell’art. 26 a LAsi sia nel caso concreto di Losone e sia per altri futuri casi che potrebbero riguardare il nostro Cantone. Una chiarezza che oggi , malgrado le cristalline indicazioni contenute nella sentenza del TF, sembrerebbe non essere data, visto che ancora dopo tale sentenza il DDPS ha continuato a sostenere che la Confederazione è l’unica competente nell’applicazione dell’art. 26 a LAsi e che il Comune non dispone di alcuna competenza in questo ambito (Punto O) . Tant’è che perfino il Municipio di Losone, non sapendo più che pesci pigliare, ha rinviato all’Autorità superiore eventualmente adita (cioè proprio al Consiglio di Stato) il compito di decidere se il Comune fosse o meno competente a decidere l’eventuale apertura di una procedura edilizia.

3.
Occorre dunque innanzi tutto stabilire se in materia d’applicazione dell’art. 26 a LAsi il Comune abbia o meno qualche competenza. E allo stesso tempo occorre chiarire se in questo Paese le sentenze del TF riguardo alle interpretazioni di una legge abbiano la preminenza o meno rispetto alle decisioni di qualche funzionario della Confederazione.

Ebbene, la sentenza del Tribunale federale 2C_246/2014 è chiara e dunque la decisione del Municipio di Losone è con ogni evidenza errata. Nella sua sentenza (Punto M) l’Alta Corte, come già ricordato al punto 1, ha affermato che “alle stesse autorità cantonali occorre di principio rivolgersi anche quando si ritenga che i requisiti per applicare l’art. 26 a LAsi non siano adempiuti e che le modifiche previste debbano essere oggetto di una procedura ordinaria”. Il riferimento alle “autorità cantonali” non tragga in inganno : i giudici di Losanna hanno dato un’indicazione generale rispetto al diritto federale, ma nel diritto cantonale ticinese l’autorità edilizia è di principio il Municipio, e solo eccezionalmente il Dipartimento per il cosiddetto fuori zona (in altri Cantoni vi possono essere situazioni differenti). Il Municipio di Losone era ed è pertanto l’autorità competente a dirimere in prima istanza la controversia. Sapere chi sia legittimato ad opporsi è evidente : l’art. 111 LTF , come già ricordato al punto 1, impone ai Cantoni di stabilire la facoltà di ricorso per lo meno pari a quella del Tribunale federale (art. 89 cpv. 1 LTF): ne consegue che i vicini sono legittimati a ricorrere per diritto federale.

4.
Stabilito che il Municipio era ed è l’autorità competente, occorre dunque accertare se esso abbia agito correttamente fin dall’inizio.

4.1
Ancora oggi, benché si sia pronunciato il Tribunale federale, il Municipio di Losone avanza dubbi sulla procedura da seguire. I supremi giudici sono stati chiari. Ogni questione va esaminata nel quadro di una procedura edilizia ordinaria, che nel Cantone Ticino è regolata dalla Legge edilizia. Essa prevede una domanda (art. 4 LE), una pubblicazione (art. 6 LE), con facoltà di opposizione (art. 7 LE). Se del caso la procedura ha luogo a posteriori (art. 46 RLE). Le opere non soggette a licenza necessitano comunque di un’esecuzione secondo le regole di sicurezza e le regole dell’arte (art. 2 cpv. 2 RLE). Ben si vede come la decisione impugnata è priva di valore, perché non è stata resa nel quadro di una procedura edilizia ordinaria. Non solo, il Municipio non ha verificato in alcun modo l’ossequio delle norme di sicurezza e dell’arte, dando fede acriticamente alle opinioni delle autorità amministrative federali.
4.2
Certo, l’avvio della procedura edilizia non significa che automaticamente essa sfoci in una licenza. Difatti, se in base agli accertamenti fatti, il Municipio avesse appurato che i lavori rientravano nelle condizioni previste dall’art. 26a LAsi e che dunque non necessitavano di una licenza edilizia, tale decisione sarebbe stata corretta dal profilo formale ancorché se del caso contestabile nel merito. Ma tale accertamento avrebbe dovuto essere fatto non a due mesi dall’apertura del centro bensì al momento della consultazione effettuata il 28 ottobre 2013 dal DDPS anche per la popolazione (Punto D) , avviando un’istruttoria completa e dettagliata : cosa che però non è avvenuta.

Da un’attenta lettura dei fatti sopra esposti , e in particolare della risposta municipale del 29 agosto 2014 qui impugnata, appare evidente che il Municipio ha sempre dato per scontato che la competenza e la responsabilità in materia fossero solo ed esclusivamente della Confederazione : ad esempio in tale sua risposta si legge che “le verifiche effettuate e comunicate allo scrivente Municipio dal DDPS il 25 agosto 2014 comprovano il rispetto dell’art. 26a LAsi” (quindi il Municipio si è rimesso completamente alle verifiche effettuate direttamente dal Dipartimento federale committente dei lavori , e per di più quando i lavori avviati all’inizio di luglio erano già in corso da un paio di mesi…) . E’ altrettanto evidente che il Municipio, proprio perché convinto dalla Confederazione di non avere alcuna competenza in questo ambito, non ha mai preteso la presentazione di un progetto di dettaglio completo e definitivo , né mai ha effettuato verifiche sul cantiere per controllare che i lavori fossero eseguiti a regola d’arte e corrispondessero a quanto annunciato a spizzichi dai funzionari federali, i quali, nella risposta del 15 agosto 2014 data dal DDPS al Municipio, hanno ribadito senza mezzi termini che “non appartiene al Comune di verificare, più specificatamente sul cantiere, se le condizioni di applicazione dell’art. 26 a LAsi sono riunite”. Insomma, la Confederazione controlla se stessa e nessuno deve metterci il becco ! E la trasparenza sull’applicazione delle leggi e sull’uso dei soldi dei cittadini ? Evidentemente è un “optional”…

Anziché fare valere le sue prerogative quale autorità locale in materia edilizia, il Municipio – forte della massiccia opposizione popolare all’apertura del centro asilanti – ha sfruttato l’occasione per “patteggiare” (do ut des) l’acquisto del comparto ex-caserma, facendo la voce grossa e minacciando di adottare“tutte le misure che riterrà necessarie per tutelare gli interessi del proprio Comune” (Punto E) al solo scopo di legare la procedura LAsi alle trattative per l’acquisto ( a un prezzo politico) del comparto. E’ evidente che in un tale contesto il Municipio non poteva effettuare verifiche e avviare procedure edilizie che avrebbero potuto causare perdite di tempo e indispettire il proprietario dell’oggetto tanto bramato…

5.
5.1
Il ricorrente non ha mai potuto prendere visione del progetto definitivo e completo concernente i lavori in corso all’ex-caserma. Anche la stampa ha riferito con il contagocce e in modo vago su questi lavori. Ad esempio su La Regione del 5 novembre 2013 si era letto che nel corso di una riunione dell’11 ottobre 2013 (un paio di settimane prima della consultazione avviata dal DDPS) i rappresentanti dell’UFM avevano assicurato che “sarebbe stato utilizzato unicamente il piano terreno dello stabile” , e ciò “per evitare enormi spese per la sicurezza in caso di incendio” (Punto G). Nessuno ha mai smentito o corretto successivamente quella notizia, come pure nessuno ha mai spiegato perché invece i lavori si sono estesi al primo piano. Il Municipio ne era stato informato ? Quando ? E se sì, perché ha tenuto per sé la notizia ? In mancanza di un progetto completo e definitivo sottoposto fin dall’inizio per consultazione alle autorità e reso di pubblico dominio, chi può escludere, a questo punto, che adottando la politica delle fette di salame la Confederazione nei prossimi mesi possa procedere alla trasformazione di ulteriori piani ?
5.2
Anche nella sua risposta all’istanza del 19 agosto 2014 presentata dal ricorrente il Municipio ha perso una buona occasione per fare un’esaustiva informazione sui lavori in corso, limitandosi a dire che “ sono previsti interventi elettrici, sanitari e della polizia del fuoco” oltre alla “posa di una recinzione mobile e di container che verranno rimossi una volta terminato l’uso” e rinviando genericamente a dichiarazioni delle autorità amministrative federali date per fededegne e a una non meglio specificata documentazione in suo possesso (Punto O) .

Pure la conferenza stampa svoltasi l’ 8 settembre 2014 per fare il punto alla situazione in vista dell’apertura del centro (fissata al 20 ottobre 2014 ), e alla quale hanno presenziato rappresentanti dell’UFM, del Cantone e del Comune, non ha consentito di fare trasparenza sugli interventi edilizi in atto (Punto P) . A quanto risulta il sindaco si sarebbe limitato a dire che i costi sono ammontati a circa 2 milioni di franchi e che, trattandosi di lavori interni, non era stato necessario avviare alcuna procedura edilizia. Sul perché i lavori fossero stati estesi anche al primo piano, e sul dettaglio di questi lavori, nulla è emerso.

5.3
Il Municipio ha violato il diritto di essere sentiti (art. 29 cpv. 2 Cost.) poiché non ha permesso al ricorrente di esaminare la documentazione. Si chiede quindi di richiamare l’intero incarto e sanare la violazione.

6.
6.1
In base all’art 26a cpv 3 LAsi la Confederazione avrebbe dovuto annunciare il cambiamento di destinazione al Cantone e al Comune al più tardi 60 giorni prima della messa in esercizio dell’alloggio (dato che la stessa è stata annunciata per il prossimo 20 ottobre il cambiamento di destinazione avrebbe dunque dovuto essere notificato al più tardi il 22 agosto 2014 ) . Lo scorso 18 luglio il ricorrente aveva scritto al DDPS chiedendo fra l’altro se il cambiamento di destinazione era già stato notificato e di poterne ricevere una copia (Punto I) . Nella risposta, speditagli il 13 agosto scorso, si assicurò che “l’informazione pubblica e la notifica formale secondo l’art. 26a cpv 3 LAsi verranno effettuati a seconda della progressione dei lavori e al momento opportuno, prima dell’apertura del centro”. Dato che sulla notifica del cambiamento di destinazione non si è più saputo nulla, e che al ricorrente non è giunta alcuna comunicazione al riguardo, sarebbe opportuno verificare se la stessa è avvenuta nel rispetto dei termini previsti dalla legge, e in caso contrario rinviare l’apertura del centro asilanti.

6.2
In base all’art. 26a LAsi le infrastrutture e gli edifici della Confederazione possono essere utilizzati senza autorizzazione cantonale o comunale per l’alloggio di richiedenti per al massimo tre anni “ se il cambiamento di destinazione non richiede provvedimenti edilizi rilevanti e non avviene nessuna modifica essenziale in relazione all’occupazione dell’infrastruttura o dell’edificio” . Qualora dai documenti dovesse risultare che gli interventi edilizi in corso o previsti sono rilevanti o comportano modifiche essenziali in relazione all’occupazione dell’edificio (e non conformi alla zona) – tenendo presente che in base a un considerando ripetitivo del TRAM citato al punto 6.3 il cambio di destinazione dell’ex-caserma rappresenta indubbiamente, dal profilo dell’ identità della costruzione dal punto di vista qualitativo, una modifica essenziale delle condizioni di utilizzazione – allora il cambio di destinazione andrebbe respinto .

6.3
E’ evidente che l’ex-caserma subirà un cambiamento di destinazione, per cui, ciò avrebbe dovuto comportare automaticamente l’avvio della procedura relativa a tale cambiamento. Si cita al riguardo un considerando ripetitivo del TRAM :

Per cambiamento di destinazione rilevante dal profilo del diritto pianificatorio si intende generalmente una modifica delle condizioni di utilizzazione di un edificio o di un impianto esistente, suscettibile di ingenerare ripercussioni diverse e localmente percettibili sull’ordinamento delle utilizzazioni (STA 26 .6.96 in re Chiesa; DFGP; Commento alla LPT, ad art. 22 N. 12; Scolari, Commentario della LE, ad art. 39 N. 16 seg.; Zimmerlin, Baurecht des Kt. Aargau § 150 N. 2 d; Mäder, Das Baubewilligungs-verfahren, Zürcher Schriften zum Verfahrensrecht, N. 209 seg.). Dottrina e giurisprudenza considerano rilevanti e quindi atte ad implicare l’avvio di una procedura di rilascio del permesso di costruzione, sia le modifiche dell’utilizzazione che comportano l’applicazione di norme edilizie diverse da quelle applicabili all’uso preesistente, sia le modifiche che determinano o sono atte a determinare un’intensificazione o comunque un’alterazione apprezzabile delle ripercussioni ambientali (STA 28.2.92 in re comune di Cademario; 27.3.92 in re Beauty Furs SA; 3.1.94 in re comune di Stabio). Sono inoltre da considerare come cambiamento di destinazione anche tutte le modifiche delle condizioni di utilizzazione di un’opera edilizia che incidono in misura non trascurabile sulla sua identità dal profilo qualitativo, scostandosi dagli scopi per i quali è stata autorizzata e realizzata.

La questione a sapere se una determinata modifica delle condizioni di utilizzazione di un’opera edilizia costituisca cambiamento di destinazione va risolta indipendentemente dalla questione a sapere se tale modifica sia ancora conforme alla funzione attribuita alla zona di utilizzazione in cui l’opera è situata. L’esistenza di un cambiamento di destinazione non dipende dalla sua rilevanza dal profilo della funzione assegnata alla zona, ma dall’importanza della modifica delle condizioni di utilizzazione dell’opera edilizia dal profilo della sua identità sotto l’aspetto qualitativo. La trasformazione di un’officina di fabbro in una falegnameria integra quindi gli estremi di un cambiamento di destinazione anche se entrambe le utilizzazioni sono artigianali, rimangono nei limiti della funzione assegnata alla zona in cui l’edificio è situato e non alterano in misura apprezzabile le ripercussioni ambientali. Determinante è la modifica dell’identità della costruzione dal punto di vista qualitativo. Analoghe considerazioni valgono ad esempio per la trasformazione di un albergo in un centro d’accoglienza per profughi (STA 28.2.92 in re comune di Cademario) o nel caso di trasformazione di una residenza primaria in una residenza secondaria.

La trasformazione di un’edificio prima adibito a ospitare militari (tenuti a rispettare la rigida disciplina militare, il raggio d’accantonamento durante la libera uscita ecc.) in un centro asilanti destinato ad accogliere per al massimo tre mesi – e dunque con notevole ricambio che impedisce una qualsiasi forma di integrazione – richiedenti l’asilo appena giunti in Svizzera, rappresenta indubbiamente una modifica essenziale delle condizioni di utilizzazione dell’ex-caserma ( dal profilo dell’ identità della costruzione dal punto di vista qualitativo), e quindi un cambiamento di destinazione ( fra l’altro all’interno del recinto dell’ex-caserma vi è una palestra gestita dal Centro sportivo nazionale di Tenero e molto utilizzata non solo dagli ospiti del Centro sportivo ma anche dalle società della regione, e di cui non si sa – perché nessuno finora l’ha detto e nessuno ha potuto visionare il progetto – se e in che modo verrà isolata dal centro asilanti) .
Ancora oggi non è chiaro se i lavori all’ex-caserma rientrano o no nell’art. 26a LAsi . Tale aspetto va chiarito particolarmente e giova dunque ripetere quanto già esposto ai punti 5.1 e 5.2.

In base all’articolo pubblicato sul quotidiano La Regione del 5 novembre 2013 , nel corso di una riunione svoltasi l’11 ottobre 2001 fra rappresentanti dell’UFM, del Cantone, del Comune e del Patriziato di Losone , la Confederazione avrebbe illustrato per sommi capi i lavori di “ordinaria manutenzione” che si intendeva effettuare all’ex-caserma. Oltre all’assicurazione – rivelatasi fasulla – che i lavori per motivi di costi avrebbero riguardato solo e unicamente il pianterreno (Punti G e P + 5.1), l’elenco di questi lavori comprendeva secondo il giornale : le sale di teoria trasformate in camere con l’erezione di nuove pareti, i servizi divisi per uomini e donne, la sostituzione di alcuni serramenti, l’adattamento della sala mensa alle nuove esigenze. Il tutto per un costo valutato a 2-2,5 milioni di franchi. Nulla si sa sulle motivazioni che hanno portato la Confederazione ad estendere i lavori pure al primo piano, e men che meno si sa quali lavori sono stati eseguiti al primo piano. Né si può escludere – vista la scarsità di informazioni date finora alla stampa e ai cittadini di Losone –- che la Confederazione procederà in un prossimo futuro ad analoghi interventi anche ai piani superiori. Nella risposta che il Municipio ha dato il 29 agosto 2014 all’istanza presentata dal ricorrente, si menzionavano vagamente “interventi elettrici, sanitari e di polizia del fuoco” nonché “una recinzione mobile” e dei “container che verranno rimossi una volta terminato l’uso”. Nessuna informazione più dettagliata è stata data nel corso della conferenza-stampa dell’8 settembre 2014, durante la quale il sindaco si sarebbe limitato a dire che i costi sono ammontati a circa 2 milioni di franchi e che, trattandosi di lavori interni, non era stato necessario avviare alcuna procedura edilizia. Come se la rilevanza dei lavori e l’essenzialità delle modifiche in relazione all’occupazione dell’edificio ai sensi dell’art. 26a LAsi dipendessero solo dal fatto che gli interventi edilizi siano interni o esterni !

Fra l’altro qualcosa non quadra nelle cifre, a dimostrazione della scarsa trasparenza che fin dall’inizio ha contraddistinto l’intera operazione : come è possibile che inizialmente si era ventilato un costo di 2-2,5 milioni di franchi solo per le opere al pianterreno (ciò che secondo il già citato articolo de La Regione del 5 novembre 2013 avrebbe evitato “enormi spese per la sicurezza in caso di incendio” grazie alla chiusura dei piani superiori) e ora si affermi che il tutto è costato 2 milioni ? O erano vistosamente gonfiate le previsioni iniziali, o erano basate su progetti approssimativi o inesistenti , oppure qualcuno non ce la sta raccontando giusta adesso (magari per sminuire la rilevanza dei lavori effettuati) . O forse i lavori – sfuggiti al controllo del Comune – per motivi di risparmio non sono stati eseguiti secondo le regole dell’arte visto che dovranno durare solo tre anni ? Trattandosi di interventi non coperti dal segreto militare, sarebbe giustificato vederci più chiaro e operare un minimo di controllo e di trasparenza sul modo in cui vengono spesi i soldi dei cittadini.

7.
Qualora il Consiglio di Stato stabilisse che i lavori nell’ex-caserma di Losone non siano di rilevante importanza, va comunque accertato formalmente che tali opere non sono soggette a licenza edilizia.

8.
Essendo stato leso il diritto del ricorrente di essere sentito, già ricorrono le condizioni per non prelevare spese. Inoltre non va dimenticato che lo stesso Municipio di Losone si è rimesso “all’Autorità superiore eventualmente adita” per far quella chiarezza sulle competenze in materia che lo stesso Municipio ammette di non essere in grado di giudicare, per cui il ricorso non è certo temerario.

Conclusione

Per questi motivi, si chiede al Consiglio di Stato di decidere

1.
Il Consiglio di Stato procede all’istruttoria completa relativa ai lavori edilizi nell’ex Caserma di Losone.

2.
Il ricorso è accolto.
Di conseguenza:
1.1 la decisione impugnata è annullata;
1.2 il permesso di costruzione per la trasformazione della Caserma di Losone in
centro asilanti è respinta.

3.
Non si prelevano spese nè si assegnano ripetibili.

Seguono alcune richieste in subordine.

In fede: Giorgio Ghiringhelli