Oggi è il primo giorno d’autunno, di un autunno elettorale (cui seguirà un caldo inverno) che si preannuncia lungo e terribile come non mai, con mesi e mesi e mesi di balle e controballe a raffica, spese con ogni mezzo e per ogni dove nell’affannoso tentativo di conquistare la vittoria.

Sarà molto difficile, anche per un osservatore esperto (io sono un osservatore antico, non so se esperto) non perdere la trebisonda di fronte allo tsunami di informazioni tendenziose, insinuazioni velenose, fandonie travestite da candide verità, invettive veementi che – com’è vero che esiste Iddio – ci attendono. Uno non regge, non ce la fa, non sopporta queste cose? Prenda il primo aereo e si faccia sei mesi all’isola di Pasqua, poi torni ad aprile a verificare i risultati.

Leggo stamani nel Caffè (non il mio preferito, però ammetto che con gli imbrogliucci della Carità ha piazzato un bel colpo), a firma del giornalista Clemente Mazzetta (colui che si presentò al grande Blocher con queste parole: “Sono frontaliere e di sinistra, quindi non Le sarò molto gradito…”), queste considerazioni:

Dove andranno a finire i voti dei delusi per il  ritiro di Laura Sadis? Sosterranno  Christian Vitta, il candidato politicamente “più attrezzato” per gestire il dipartimento delle Finanze, o si riverseranno su Nicola Pini, che pare destinato a raccogliere il voto sparso degli scontenti dell’ala radicale? Ma soprattutto, reggerà la lista alla lunga campagna elettorale, ben 10 mesi, o rischia qualche “ritiro”?  Dietro le quinte del partito si sussurra di ripensamenti, per lasciar posto a sorpresa ad un nome forte dell’economia da qui ad aprile.

Bizzarro. Questo fu il primo pensiero che mi venne alla mente, quella affollata sera al Capannone. Perché non lo scrissi? Beh, perché un pensiero peregrino… resta quello che è, se non ci sono basi più solide. Poi perché non osavo, non volevo che pensassero male di me. Adesso lo dice Clemente Mazzetta, il frontaliere di sinistra di Blocher. Non io.

Nei miei commenti di campagna intendo focalizzare il massimo di attenzione sul Partito liberale radicale, per tre ragioni:

a) esso rappresenta il Vecchio Potere, che mi ha sempre incuriosito e, se mi si consente, affascinato;

b) sono, praticamente da sempre, liberale (in parte, anche, per “esclusione”: marxista-leninista no, socialista no, democristiano no: i miei cari genitori, loro sì; verde, solo – talvolta – di rabbia);

c) per il PLR si tratta, letteralmente, dell’ultima spiaggia. Una “prova d’appello” finale e drammatica, che a mio avviso giustifica la profusione di ogni possibile sforzo.

Per concludere in fretta (i “pensieri del giorno” sono pensierini snelli e veloci non trattati di filosofia). Ci sarà un colpo di scena in casa liberale radicale? Sarebbe emozionante!

Però, a ben pensarci, Mazzetta. Come possono essere “scontenti” i “radicali” di una situazione in cui l’ala liberale non ha un leader degno di questo nome? Provate a pensarci, frugate nella vostra mente. L’ultimo nome plausibile – nel senso del più recente – è quello di Marina Masoni, la ministra liberale fucilata dal suo stesso partito tra il 2006 e il 2007.

Questa assenza di un leader liberale – oltre che di un candidato luganese di peso – è un pericolo gravissimo per il PLR e potrebbe, da sola, causare la sconfitta.

Lo vedrebbe anche un orbo.