Ticinolive prosegue nella sua “celebrazione” del Quarantesimo, in stile “politicamente s-corretto” (ma un TL “politicamente corretto” ovvero “codino e servo del Potere”, come diceva il Flavio buonanima, a che cosa potrebbe servire? Farebbe proprio schifo…)

Propongo in rivisitazione questo pezzo del prof. Franco Cavallero, apparso sulla Gazzetta Ticinese (che nostalgia!) del 28 novembre 1986. Dopo 28 anni – che non sono uno scherzo, ve l’assicuro; ogni tanto incontro un(a) ex alunno(a) che mi dice con un sorriso: “Sore, lei è rimasto uguale!”, come sono simpatici questi ragazzi – forse anche Cavallero si è reso conto… che non tutte le infatuazioni sono finite.

Certo, ci sono dei punti fissi, baluardi granitici. La Sinistra sosterrà SEMPRE, anche la scuola degli asini. La Destra avverserà SEMPRE, anche una scuola buona, nei limiti della sua filosofia “non competitiva”.

A questo punto vi regalo un aneddoto. Negli anni Ottanta mi ero messo in mente di organizzare nel mio istituto, la Scuola media di Cimalmotto, un piccolo torneo di scacchi. Ne parlo con un dirigente scolastico, con il quale si concretizza, all’incirca, questo dialoghetto:

“I ragazzi disputeranno delle partite di scacchi?”

“Direi di sì, visto che non facciamo un torneo di beach volley

“Alcuni vinceranno”

“Questo è molto probabile”

“Ma allora… i loro avversari perderanno!

“È fatale. A meno che… (idea geniale)”

“?!?!”

“… la partita non finisca in patta!

“Mi spiace, non si farà. NON si può fare. Troppo diseducativo. Uno stress emotivo intollerabile”

Qualcuno ovviamente dirà: sono i soliti aneddoti-balla inventati dal professor De Maria. Ebbene no, è la pura sacrosanta verità.

Nel pungente articolo di Cavallero si cita ampiamente l’on. Giuseppe Buffi. Ho vissuto in prima persona la sequenza Speziali-Buffi-Gendotti-(Bertoli). Metto Bertoli tra parentesi non perché è socialista o perché inonda di dolci musiche i corridoi delle Orsoline, ma perché non è mai stato il mio capo. Buffi era un gigante. E lo scrivo qui anche se una volta (1989) mi buttò fuori dal suo ufficio urlando (lui che non alzava mai la voce) arrabbiatissimo: “Se ne vada! Fuori di qui! Torni a Dalpe, torni nel suo chalet!” Ciò che feci. Andai per funghi e trovai due bei porcini.

Quando morì improvvisamente, il 20 luglio 2000, presi la macchina e scesi a Lugano (su non avevo un vestito, una cravatta nera, niente), poi risalii sino alla piazza del Governo, colma di una folla silenziosa. Alcuni piangevano.

Amavo lo scrittore Buffi.

Buffi era un gigante, il PLR non ha più un uomo così. Dovrebbero pregare in ginocchio Dio che gliene mandasse un altro, ma in primo luogo molti di loro sono Liberi Pensatori miscredenti, in secondo luogo l’Onnipotente non è obbligato a esaudirli.

Parola a Cavallero.

 

Era attesa con trepidazione l’intervista-dibattito che il nuovo Consigliere di Stato on. Giuseppe Buffi avrebbe concesso a un gruppo di genitori la sera di martedì 25 novembre, nell’ambito del “Quotidiano”, e avente come oggetto i problemi della Scuola media. Ora che la stessa è avvenuta, possiamo considerarla come un importante momento della vita civile del nostro Cantone o, per essere maggiormente espliciti, un punto di demarcazione significativo nella prassi instaurata dal Dipartimento in materia di ascolto della pubblica opinione.

A spiegare il concetto basta un semplice ricordo: fino a un anno fa e anche meno, la scena pedagogica cantonale era letteralmente dominata dalla “Nomenklatura” dei docenti-funzionari, dai soliti scagnozzi vociferatori e dagli esperti in scienze dell’educazione, tutta gente che aveva trasformato, in vari lustri di diuturno impegno, quello che doveva essere un eccellente progetto di riforma scolastica in un traballante e fatiscente carrozzone, tanti erano stati i rattoppi, le modifiche, gli interventi da reparto guastatori cui era stato sottoposto.

Che cosa ha detto di finalmente rallegrante, alcune sere fa, l’on. Buffi? A mio parere soprattutto queste tre cose.

  1. Se quando fu avviata la Sm si credeva che il successo o l’insuccesso scolastico fossero dati più da motivi di ordine sociale che da motivi di ordine naturale (e occorresse rimuovere, di conseguenza, ogni ostacolo per mettere tutti sullo stesso piano), oggi si è piuttosto propensi a rivedere questa concezione e ci si rende conto che c’è pure una differenza fra gli individui, fra i “bravi” e i “meno bravi”. Vi è quindi una distinzione che deve essere fatta, da cui nasce un problema di selezione.
  2. Oggi si va verso una società sempre più impegnativa e competitiva, e in tutti i campi si chiede una preparazione maggiore. Le carriere successive alla Sm si fanno sempre più difficili ed è necessario che la scuola tuteli la persona al di là dei bisogni collettivi. Non ci si deve perciò lamentare di un insegnamento più rigoroso se questo è finalizzato ai bisogni dell’individuo.
  3. La scuola non sufficientemente rigorosa nel senso della disciplina, dell’ordine, dell’acquisizione di tecniche elementari, può diventare un impedimento al successo nella vita. Gli allievi deboli, quelli che non hanno assistenza a casa, che tendono a essere disordinati, che non imparano a studiare, sarebbero pesantemente penalizzati da una scuola che non li seguisse adeguatamente. Occorre rilevare che la Sm non rappresenta solo una stagione della vita del ragazzo, ma decide del suo futuro.

Sante parole. Vi è ora da sperare che, dopo gli infiniti arzigogoli e vaneggiamenti cui siamo stati abituati nella puerizia della Sm, esse abbiano a costituire un punto fermo che metta fine all’insania di tante sperimentazioni fasulle e clamorosamente fallite, nonché la condanna definitiva di tutti quei miti assurdi che si sono voluti tenere in piedi anche contro ogni evidenza.

Il catalogo è lungo e comprende le classi eterogenee, nelle quali per legge di natura si diffonde gradatamente il contrario del rigore auspicato dal Direttore del Dipartimento, rigore messo addirittura alla berlina dall’avvenuta abolizione della nota di condotta, che può ben considerarsi la suprema “perla” della Sm. Ma altre vetuste cariatidi stanno crollando, ad esempio la barzelletta di certi metodi per lo studio del francese (lessicalmente e grammaticalmente del tutto vacui) imposti con sottigliezza e giacobino fanatismo, o l’esemplare “conquista” del diritto alla promozione (lungamente predicato fin dai tempi della scuola di Barbiana…) sancito solennemente a norma di regolamento.

La Grande Infatuazione sembra proprio finita, in una serata di tardo autunno, in una bolla di sapone.

Franco Cavallero