Canetta boccia a torto – e a sorpresa – l’ultima commedia di Yor Milano (titolo originale)

“Una bela tosa par tri dotòr”, il nuovo lavoro portato in scena dal Teatro popolare della Svizzera italiana (Tepsi), decisamente non piace al direttore della RSI Maurizio Canetta il quale, dall’alto del suo scranno, la giudica, cito: “Non adatta al nostro pubblico”. Pertanto la stessa non andrà in onda sulla nostra emittente di Stato. A dire del direttor Canetta infatti la nuova commedia sarebbe “sessista” e, ancora, viziata da “una scrittura drammaturgica acerba”.

Non voglio qui toccare i gusti estetici e artistici o, ancor meno, entrare nelle discutibili aspirazioni psicoeducative di Canetta che pare avere così tanto a cuore i vissuti emotivi, affettivi e cognitivi dei ticinesi. Voglio qui solo fare alcune considerazioni da cittadino comune che ama tutte le espressioni e declinazioni artistiche intelligenti che – necessariamente – non possono essere dissociate dagli elementi di intrattenimento che fanno spesso la differenza fra ostentazione culturale e una sana quanto genuina fruizione culturale. Ho avuto modo di vedere la commedia in questione e devo decisamente sconfessare la stroncatura di Canetta. Mi spiace doverlo dire ma in questo caso quest’ultimo ha preso una bella cantonata, probabilmente favorita da un suo pregiudizio di fondo rispetto alla cultura popolare e al dialetto. La commedia non ha infatti alcuna connotazione sessista, a meno che si voglio considerare sessista tutta la sana e gioiosa espressività legata alle differenze fra i sessi e ai rimandi che sono naturalmente presenti nella vita di relazione quotidiana di tutti noi e che fanno da spunto al tessuto narrativo che si dipana in modo garbato e brillante da questa commedia.

Detto ciò, la stroncatura di Canetti mi piace ancora meno quando, in modo artificioso e poco elegante, lascia trasparire nel suo dettato ben poca considerazione per la tradizione e la cultura veicolata del teatro popolare della Svizzera italiana. Questo mi disturba, come mi disturba che la RSI si arroghi il diritto di dire che una qualsiasi proposta culturale e/o artistica possa essere o meno adatta al “nostro” (della RSI) pubblico … che siamo poi tutti noi! Ma allora, mi chiedo, dobbiamo credere che lo spettatore, il pubblico, i soggetti che tutti noi siamo o vorremmo essere, sono tutti – ma proprio tutti – dei sudditi della cultura e dello spettacolo che la RSI ci destina? Speriamo vivamente di no, come spero che questa situazione di stallo nel rapporto storico che ha caratterizzato la RSI e la commedia nonché il teatro popolare della svizzera italiana possa ritrovare un sereno rapporto di collaborazione e intesa a tutto vantaggio della cultura, dell’arte, delle tradizioni, della sensibilità e dei gusti del pubblico che siamo tutti noi.

Ah, un’ultima cosa e poi chiudo. Forse sarebbe il caso ogni tanto di porre mente al fatto che il sessismo – e, in generale, ogni altra forma di “inquietudine” – alberga spesso negli occhi di chi guarda piuttosto che sul palcoscenico della vita. Ma questo – per buona pace dei direttori e dei censori – è un fenomeno che riguarda tutti noi: attori, comparse, registi, ideatori, promotori e fruitori.

Dr. med. Orlando Del Don
Medico e psicoanalista