Farinelli 2BCQuante volte abbiamo sentito il ritornello “sono stati assunti dei frontalieri perché i nostri non erano pronti”? Decisamente troppe, in particolare in riferimento a settori quali l’insegnamento e il vasto campo sociosanitario. Ambiti lavorativi non scelti a caso, ma che presentano due caratteristiche ben precise: la prima è che si tratta di posti pubblici o coperti da contratti collettivi, la seconda è che tali settori hanno un’evoluzione nel “fabbisogno” di personale prevedibile nel tempo e, in gran parte, indipendente dall’andamento della congiuntura economica. In sostanza già oggi siamo in grado di quantificare approssimativamente quanti nuovi infermieri o assistenti di cura avremo bisogno tra 5 o 10 anni oppure quanti docenti andranno in pensione e saranno da sostituire.

A livello cantonale disponiamo di circa 5’000 posti nell’insegnamento e di circa 12’000 nelle strutture di cura (ospedali, cliniche e case anziani). Complice l’invecchiamento della popolazione è inoltre facile prevedere che per quest’ultimo settore il numero degli addetti nei prossimi anni sarà destinato ad aumentare. La presenza di personale frontaliere nel settore sanitario (pubblico e privato) è considerevole, intorno al 30%. Queste persone oggi sono necessarie per far funzionare le nostre strutture, però non possiamo star fermi a guardare senza interessarci di quelli che saranno gli sviluppi futuri.

La politica deve quindi porsi un semplice obiettivo: mettere in campo tutti gli strumenti per fare in modo che, progressivamente, si riesca a soddisfare il più possibile le necessità di questi settori con personale residente. Alcuni sforzi sono già stati fatti ma si può, e si deve, fare di più .Vanno orientati i ragazzi e, soprattutto, le famiglie, facendo capire quali siano le possibilità di questi sbocchi professionali. Vanno eliminate le strozzature burocratiche e le lungaggini che spesso scoraggiano i giovani ad intraprendere l’abilitazione per diventare docente (ha ancora senso una scuola di due anni per essere abilitati?). Vanno rese più attrattive queste professioni, ad esempio pensando alla possibilità di una maggiore crescita professionale nel corso della carriera evitando che il giovane eviti un percorso professionale per la paura di finire in un vicolo cieco.

Queste misure non sono ovviamente la soluzione di tutte le problematiche e di tutte le distorsioni del mercato del lavoro ticinese. Di panacee e di ricette miracolose però non ce ne sono e da qualche parte bisogna pur cominciare. In particolare nei sattori citati da subito bisogna iniziare a preparare i nostri giovani per rispondere alle esigenze attuali del mercato del lavoro e per subentrare, tra qualche anno, alla generazione precedente. Cogliamo le opportunità del futuro ed evitiamo di dire, per l’ennesima volta, “sono stati assunti dei frontalieri perché i nostri non erano pronti”. Questo deve essere l’obiettivo della politica.

Alex Farinelli, economista, candidato al Consiglio di Stato