Tullio 1

Il titolo, da me scelto, dev’essere interpretato. Il dottor Righinetti intende: errori recenti perché altrimenti sarebbero di più.

Qualche tempo fa ho ricevuto a casa un fascicolo intitolato “Storia di un’Associazione: Idea Liberale (2009-…)” che illustra in modo approfondito le vicende politiche, in ambito liberale-radicale, tra il 2009 e il 2011, anno che segna la fine (forse provvisoria) della maggioranza PLR in Governo. Ho pensato che valesse la pena di parlarne con colui che è stato la vera anima dell’Associazione, Tullio Righinetti, un vecchio e caro amico che conosco non “da sempre” ma dagli anni Ottanta, quando egli presiedeva il Comitato politico di Gazzetta Ticinese. Che bei ricordi: il direttor Casella, Marina Masoni, Gianfranco Soldati… Beh, c’ero anch’io.

Tullio rievoca anni difficili, dopo la vittoria radicale del 2007, che fu salutata (stoltamente: parola mia) come un trionfo ma che conteneva in sé il germe di amarissimi sviluppi (persino un minus habens l’avrebbe visto). “Idea Liberale” – la parola stessa lo dice – fu un tentativo di salvare ciò che, obiettivamente, era minacciato; non certo nel mondo, intangibile e incorruttibile, delle idee bensì nella realtà politica concreta.

Tullio parla del ruolo di Marina (che non ci fu) e di Giorgio (che fu altalenante), delle speranze e delle delusioni, di un presidente ostile e di uno inefficace, della caduta del 2011 e del “colpo di mano” immediatamente susseguente.

Ad alcune mie domande (lo ammetto: veramente impossibili, ma io sono impossibile!) Tullio non ha risposto ed io questo l’ho accettato di buon grado. Lui, che ha più anni di me, è più saggio di me.

Un’intervista di Francesco De Maria.

 

Francesco De Maria   Perché ricordare oggi la (breve) storia di Idea Liberale? C’è un interesse che va al di là del puro atto documentale? Ci potrebbe magari essere una volontà (e la possibilità!) di influenzare l’elezione, cruciale, del 19 aprile 2015 ?

Tullio Righinetti   L’idea della pubblicazione è nata da chi scrive ed Edo Bobbià, in occasione dei tanti scambi di opinione che abbiamo, facilitati dalla profonda amicizia e fondamentale condivisione delle idee politiche. Non c’è stata la volontà di influenzare le prossime elezioni cantonali. Lo scopo era e rimane quello di mettere nero su bianco quanto avvenuto nel Partito e nel Paese in un periodo a noi ben noto. La storia dell’azione di un gruppo di politici attivi nel PLRT, e più in generale nel Cantone, di fronte al deteriorarsi dei metodi e dei contenuti dell’azione politica, ma anche istituzionale nel Partito e nel Ticino. Abbiamo ritenuto interessante e importante, lasciare qualcosa di documentato per il futuro. Si sa che oggi gli studenti della USI e della SUPSI fanno ricerche per tesi o libri su quanto è avvenuto nel Paese e perché è avvenuto. La presenza di un libello costituito nella sua massima parte da documenti ufficiali del gruppo e non da opinioni personali, costituisce una base seria e importante. La pubblicazione è stata depositata all’Archivio Storico Cantonale e rappresenta un punto di riferimento non di parte.

Come nacque “Idea Liberale”, e perché?

TR   La nascita di Idea Liberale è ben descritta nella pubblicazione. In poche parole è stata indotta dalla rottura degli equilibri nel Partito con la presa del potere da parte dell’ala radicale, avvenuta in concomitanza con l’arrivo in Governo di Laura Sadis. Arrivo come si sa, propiziato dal sostegno della sinistra, e non solo a parole, e la messa da parte di coloro che si identificavano nel pensiero così detto moderato, i liberali luganesi, o la destra del partito che dir si voglia. Anzi, direi che la verve egemonica dell’area radicale ha radici ben più profonde.

È ipotizzabile un rapporto tra la fondazione di IL e la “caduta” della ministra liberale Marina Masoni, nell’aprile 2007 ? Marina ebbe un ruolo nella creazione di IL, eventualmente dietro le quinte?

TR   Marina Masoni non ebbe alcun ruolo nella nascita del movimento, né esplicito né dietro le quinte. Anzi non dimostrò mai un particolare interesse alla cosa. Forse, ma il dubbio è d’obbligo, attendeva una chiamata ufficiale, cosa mai avvenuta per decisione del gruppo dei fondatori. IL non era un fans club di una singola persona, ma molto di più. La nascita di IL e la caduta della ministra liberale non sono direttamente legati, essi tuttavia fanno parte di quella situazione cantonale venutasi a creare con la presa del potere all’interno del Partito da parte dei radicali e il conseguente isolamento, se non addirittura la messa al bando, dei liberali.

Leggendo il fascicolo, ed è una lettura interessante, si ha la sensazione che, dopo una promettente partenza, qualcosa si sia rotto nel progetto di “Idea liberale”. Che cosa accadde esattamente?

TR   La lettera del 17 febbraio 2009 indirizzata a Giovanni Merlini, allora presidente, e firmata da venti persone, è stata di fatto la pietra miliare di fondazione di Idea Liberale. Non a caso dalla stampa il gruppo venne chiamato “La rosa dei venti”. Di questi colleghi, targati PLRT, 11 erano deputati in Parlamento, sei sindaci, uno presidente distrettuale, tutti comunque con funzioni importanti nelle strutture partitiche, qualcuno, forse dopo una tiratina d’orecchi, rifiutò la propria firma ancora bagnata, qualche altro pur confermando l’adesione non partecipò mai. Ma nel frattempo nuove forze si erano aggiunte e il gruppo dirigente poteva contare su 25-30 persone attive. Poi gli aderenti furono diverse centinaia. In prosieguo qualcosa si era effettivamente rotto perché i vertici del Partito non furono teneri e usarono anche mezzi intimidatori di dissuasione, minacciando pure l’espulsione dal Partito. Non avevano capito, o forse non avevano voluto capire, che Idea Liberale stava tendendo una mano per risollevare le sorti di un PLR in piena crisi. In fondo la richiesta era semplice e chiara: maggior rispetto per l’ala liberale (da qualcuno detta anche luganese) e maggiori equilibri, anche numerici, nei poteri delle strutture partitiche, nelle quali oramai dominava la componente radicale che tendeva sempre più ad isolare quella liberale se non addirittura ad eliminarla dalle posizioni che contano.

Il nome più vistoso che appare nei documenti è quello dell’allora sindaco di Lugano Giorgio Giudici. Quale fu il suo ruolo? Giudici sostenne realmente Idea Liberale, era convinto?

TR   Giorgio Giudici, allora sindaco di Lugano, ha fatto parte del ristretto gruppo dei promotori e fondatori di Idea Liberale. Soprattutto all’inizio era un membro presente, molto convinto e naturalmente autorevole. Ha partecipato attivamente alla preparazione del nostro programma e in particolare alla redazione di “Principi e Valori” nonché di “Proposte d’Azione” che rappresentano la sostanza sulla quale il movimento basava il suo lavoro per un Canton Ticino più liberale. Non a caso le prime discussioni, le più accese, con l’Ufficio presidenziale del Partito, furono condotte da me, Edo Bobbià e Giorgio Giudici. Poi subentrarono alcuni malintesi, peraltro banali, che lo portarono ad allontanarsi, in seguito a riavvicinarsi con rinnovato entusiasmo in una storica riunione al Coronado di Mendrisio e infine ad allontanarsi di nuovo, questa volta definitivamente. Sempre tuttavia in maniera molto civile e mantenendo ottimi rapporti con tutti e in particolare con chi, come il sottoscritto, ha continuato ad operare con convinzione e impegno per Idea Liberale.

Pochi giorni dopo le cantonali del 2011 e la perdita traumatica della maggioranza PLR in governo – precisamente il 21 aprile – all’improvviso… fu decretato lo scioglimento di Idea Liberale. Come andarono per davvero le cose? Qualcuno si oppose? Fu un colpo di mano?

TR   Idea Liberale non è mai stata sciolta. Durante un Comitato Cantonale, sotto la presidenza di Walter Gianora, un membro di IL si è fatto promotore di contatti telefonici e tramite sms con diversi membri dell’associazione. Raggiunto un numero che ritenne di maggioranza, ha annunciato, seduta stante, lo scioglimento di IL al Comitato PLRT riunito in seduta… Un atto del tutto abusivo e illegale, una specie di golpe, senza coinvolgere un numero rilevante di membri dirigenti attivi, tra i quali chi scrive, Edo Bobbià, Giovanna de Ambrogi, Enrico Iten (Presidente) ed altri ancora. Un gesto di inqualificabile arroganza che ha lasciato indifferenti chi non era stato contattato, ma che venne propagandato da certa stampa interessata. L’associazione è andata avanti come se nulla fosse avvenuto, perché nulla era avvenuto, ovviamente senza quelle persone che si erano arrogate il diritto di decretarne la morte.

Subito dopo la votazione Morisoli, eletto in Gran Consiglio, lasciò il partito. Agì bene?

TR   Sergio Morisoli durante la campagna elettorale dovette subire una serie di attacchi da parte di rappresentanti della corrente radicale che di certo non fecero onore a un partito che si diceva liberale, a parole ma non nei fatti. La dirigenza, pur sollecitata, non intervenne, e neppure invitò a quel minimo di rispetto che è dovuto alle persone al di là della corrente e delle idee che rappresentano. Un fatto molto grave. Se poi Morisoli abbia fatto bene a lasciare il partito in quel momento non tocca a me giudicare. Di certo è stato maltrattato ed era esasperato.

Nell’aprile 2011, in particolare a Lugano, ci furono liberali che votarono Lega?

TR   Sicuramente si. Alla domanda non sono io a rispondere ma i numeri usciti dalle urne. D’altronde che la Lega sia una costola del PLRT a Lugano, lo hanno dimostrato anni di accordi a livello di Municipio i due massimi esponenti di allora: Giorgio Giudici e Giuliano Bignasca.

Idea Liberale ebbe a che fare con due presidenti: Merlini e Gianora. Mi parli dell’uno e dell’altro: delle loro personalità (in senso psicologico e politico) e delle decisioni che concretamente presero.

TR   Giovanni Merlini era presidente quando il 17 febbraio 2009 venti suoi colleghi, perché tutti erano liberali-radicali attivi a diversi e importanti livelli nel campo istituzionale politico e partitico ticinese, gli scrissero la lettera che di fatto costituì la nascita di Idea Liberale. Lo scritto, proprio per i rapporti che esistevano tra firmatari e destinatario, era “confidenziale e personale”. Si trattava di un vero invito a nozze. Dopo avere ricordato il disagio che i firmatari provavano nella loro azione all’interno del Partito, dopo avere richiamate le inutili polemiche di Mendrisio innescate da Ducry e Marty, nonché l’infelice e imprudente frase di Gendotti che in sostanza diceva… o con noi o fuori! Le domande erano articolate. Segnatamente chiedevano a Merlini di intervenire pubblicamente per chiarire i rapporti oramai troppo tesi. Gli domandavano se, quale Presidente, si rendesse conto di cosa potrebbe succedere e in particolare cosa intendesse chiedere a chi ha offeso una larga fascia di liberali. Giovanni Merlini ha perso l’occasione per aprire la discussione. Si è chiuso dietro il paravento di Statuti e Regolamenti e pur concedendo un paio di incontri a Camorino non ha mostrato alcuna volontà di colloquio. Ma, forse, era illusorio credere il contrario. Certamente la vicenda di IL ha fatto cadere completamente la sua maschera. Non è mai stato un presidente super partes. Una vera delusione che i soci fondatori hanno identificato nell’alterigia dell’uomo e nella mancanza di volontà di fare delle aperture a una minoranza che tale era solo perché così ridotta dalla prepotenza dell’ala radicale, ma che nel Paese era fortemente viva e rappresentata, se non addirittura maggioritaria. Gianora ha goduto del sostegno dell’associazione grazie soprattutto alla presenza in IL di Giorgio Giudici, suo sponsor principale. Così al Congresso di investitura i diversi interventi, tra i quali il mio a nome ufficiale del gruppo, erano stati positivi, con speranza e auguri. Altra delusione perchè alle altisonanti promesse d’intervento, supportate anche dall’autorevole (a quel momento) vice presidente Franco Lazzarotto, non ci fu seguito. Anzi la debolezza del nuovo numero uno e del suo staff fu evidente a tutti e portò alla fine del suo mandato in tempi brevi. Gianora non era in grado di dominare quella situazione. Fu l’ennesimo fallimento del partito.

Come vede la battaglia strategica del PLR per riconquistare il secondo seggio? Le sembra ben impostata? Come giudica l’improvvisa rinuncia di Antonini, che costringe il partito a prendere una decisione in tempi brevi (non è poi detto che sia un male). Che cosa farebbe lei? Che cosa prevede che il partito farà?

TR   Premesso che il solo vero giudizio sarà quello delle urne il prossimo mese di aprile, vedo nella strategia del PLR per la riconquista del secondo seggio almeno due errori. Il primo è l’avere voluto ad ogni costo preparare la lista già in giugno. Oggi si vive in tempo reale e quanto è avvenuto l’altro ieri è già superato per non dire dimenticato. Il secondo è la composizione della lista del CdS. Con tutto il rispetto per i singoli candidati e per le loro capacità, si tratta di una lista debole. Il Partito Liberale Radicale, interclassista ma pure ben classificato nell’opinione popolare, avrebbe dovuto proporre anche qualche persona dell’economia, dell’artigianato, della libera professione e non solo e soprattutto persone legate al carro dello Stato. Per quanto concerne Mauro Antonini, io credo a quanto egli ha affermato al piccolo schermo, e cioè che non conosceva l’ambiente e che dopo qualche mese si è reso conto che non andava bene per lui. La correzione che ora si impone è difficile e insidiosa. Ma, fondamentalmente, mi rimane un dubbio. L’assenza dell’uscente di fronte all’obiettivo del raddoppio è certamente un limite. Ma l’uscente Laura Sadis non era più proponibile per l’attuale PLR. Azzardo: e se, alla fine, il ragionamento di Cattaneo e dei suoi fosse: meglio uno solo senza Sadis che due con Sadis?

(Finale sentimentale) Non ha mai nostalgia dei vecchi tempi, ad esempio degli anni Ottanta, quando la Gazzetta duellava con il Dovere? Eravamo giovani allora!

TR   Nostalgia no perché ritengo che ogni cosa vada vissuta, goduta o sofferta, nel momento in cui avviene. Auspicarne il replay è solo banale. Ho invece ricordi, tanti e belli, di quel periodo. Di Gazzetta Ticinese sono stato responsabile della parte politica per diversi anni e ho collaborato con l’allora Direttore Giovanni Casella che nel giornale ha lasciato, oltre alla sua fortuna, anche la sua giovinezza. Il batti e ribatti con il Dovere era la regola, ma al di là e indipendentemente dalla competizione, certamente appassionante, c’era la ricerca della promozione dell’idea e della filosofia liberale. I temi erano quelli di fondo: scuola pubblica e scuola privata, freno alla medicina di Stato che premeva per la generalizzazione dei poliambulatori, sistemi elettorali, solidarietà mirata da sostituire a quella che la sinistra sosteneva a pioggia, più in generale il più Stato e il meno Stato. Argomenti ancora attuali oggi ma trattati in maniera diversa. Ricordo in particolare la grande diatriba a sapersi se i partiti devono ascoltare e operare secondo il volere popolare (io ero di questo parere) o se il popolo, qualcuno dice il popolino, deve invece ascoltare i partiti che con le loro strutture e le loro menti pensanti saprebbero meglio di altri quale sia la giusta via. E di questa opinione erano i vertici PLR e un po’ di tutte le formazioni partitiche che volevano quello che oggi è chiamato: “politicamente corretto”. Come dire: niente di nuovo sotto il sole!

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