Vista l’ora tarda, pubblicherò solo poche foto e qualche frase di commento. Vedremo domani, dopo una notte di sonno ristoratore.

4Sala strapiena, clima d’attesa (anche se non può succedere niente). Dopo settimane di passione sembra di scorgere negli occhi del liberali radicali un certo ottimismo. Parlano il presidente, il vice presidente Michele Morisoli, i giovani leader di GLRT Käppeli e Spano. Un piccolo problema sui numeri del referendum (immagino superabile). Cattaneo: abbiamo già 10.000 firme. Spano: con quelle che arriveranno  toccheremo quota 7000. Insomma, speriamo. Il termine di consegna è fissato per lunedì 12 gennaio. Fallire il referendum sarebbe un grosso guaio. Notato in sala il presidente dell’ASSEA Michele Dedini.

Sia chiaro, questa è la sera di Michele Bertini. Eccolo.

2Ha parlato molto bene, con garbo e autorevolezza, senza enfasi retorica. Un talento naturale. Ha ricevuto la sua designazione a candidato del partito da un lungo e caloroso applauso.

Il presidente ha detto che la sera prima la Direttiva cantonale lo aveva plebiscitato con 31 voti su 32. Chi era? Non lo so, e se lo sapessi non ve lo direi.

3Chiudo con tre brevi opinioni personali, nessuna delle quali è un teorema matematico (ne ho dimostrati molti nella mia vita, era il mio mestiere).

— È stata presa, dopo molte incertezze e ambasce, la decisione migliore. Quella che ha soprattutto il pregio di invertire la tendenza psicologica. La psicologia in politica non è tutto, ma è tanto. Molti, dal presidente al semplice militante, incominciano a pensare e a dirsi: possiamo vincere. Forse (prudenza è d’obbligo) vinciamo.

— Lugano liberale è rappresentata dal suo candidato elettoralmente più forte. Come dite, non è un’elezione comunale? Ovvio. Ma il partito non può vincere senza un grosso risultato a Lugano, (che è diventata) la città del sindaco Borradori.

— Il punto più delicato. Bertini, giovane com’è, “intatto” com’è, può forse fungere (ed è un compito alto) da elemento di unione per un partito che ha vissuto anni estremamente tempestosi e deleteri (qui non è il De Maria che è cattivo, ma il destino, o la storia, o la perversità degli uomini). La caduta del partito è un fatto e non è un’opinione.

In termini meno “alati” potrei dire che tutti – liberali, radicali, pro Cattaneo, anti Cattaneo, altre specie e sottospecie diverse – hanno interesse a conseguire una vittoria, che farebbe del 2015 un anno fondamentale, capace di tener testa al fatale 1990. Un quarto di secolo.