Mercoledì 14 gennaio (“The Day Before”), Hotel Dante (uno dei miei preferiti, situato alla partenza della funicolare che non c’è (più), “sotto” casa mia, dislivello 120 metri), arrivo trafelato in forte, incolpevole, ritardo. L’addetto: “Son su. Guardi che è pienissimo”. Ardimentoso, salgo. La gentile signora dello staff: “Le trovo un posto a sedere, per Lei c’è”. Incomincio a sentirmi importante (senza alcun motivo). In effetti c’è un fulmine di gente, dev’essere la presenza dello “sceriffo John”. Caratti? Salmina? Uhm, no. Lo sceriffo John, lui è una vedette. Mi siedo accanto all’avvocatessa Gianella, che conosco. La saluto con un sorriso.

Ticino Sicuro è un’iniziativa di notevole interesse (che il Mattinonline si è affrettato a definire un “flop”), ideata e realizzata dall’on. Giovanna Masoni Brenni. Il suo scopo è messo in evidenza dal suo stesso nome: “Ticino Sicuro”, come rendere più sicuro il nostro Cantone, come proteggerlo dai numerosi pericoli che lo minacciano: criminalità finanziaria, spaccio, immigrazione illegale, propaggini mafiose, ecc.  Consulenti di “Ticino Sicuro” sono l’avv. Natalia Ferrara Micocci e l’avv. Luigi Mattei, entrambi ex procuratori pubblici.

L’avv. Micocci, impegnata in una campagna elettorale ricca di idee, ha scritto questo pezzo per Ticinolive.

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Le approssimazioni non ci rendono sicuri, ci illudono di esserlo e quindi ci fanno più vulnerabili. Il progetto di TICINO SICURO nasce perciò dalla volontà di affrontare con competenza l’ampio tema della sicurezza. TICINO SICURO si snoda attraverso una serie di appuntamenti pubblici, individuando nei maggiori timori dei cittadini e nell’attualità gli aspetti su cui concentrarsi, provando a dare delle risposte attraverso esperti ed ospiti in una discussione aperta però a tutti gli interessati.

Il nostro secondo incontro “Crimine organizzato: i volti delle mafie in Ticino. Bastano le norme attuali?” ha avuto luogo lo scorso 14 gennaio a Lugano e ha attirato oltre 200 persone. La domanda posta era “bastano le regole attuali per la lotta alla criminalità organizzata?” e alla stessa, abilmente moderati dal direttore de La Regione Matteo Caratti, hanno risposto il Procuratore Generale John Noseda, ma anche l’avv. Edy Salmina e l’avv. Luigi Mattei, consulente, assieme alla sottoscritta, del progetto TICINO SICURO.

Per lo più in sintonia, si sono espressi nel dire che non servono tanto nuove norme specifiche antimafia, piuttosto sono necessari ripensamenti procedurali e, soprattutto, nuovi strumenti concreti e ancora maggiore efficienza operativa. In particolare, ritiene il Procuratore Generale, deleteria è l’impossibilità secondo il nuovo Codice di procedura penale svizzero (entrato in vigore il 1. gennaio 2011), di svolgere attività di indagine discrete, di raccogliere informazioni preliminari senza informare gli imputati e i loro difensori. Un semplice esempio? Se vi è il sospetto di associazione mafiosa da parte di dieci persone, il Magistrato, di principio, dovrebbe interrogare ognuno degli imputati alla presenza non solo del suo legale ma anche degli avvocati di tutti gli altri. E non si tratta di storie lontane, ma di fatti del nostro Cantone.

Purtroppo alcuni fatti di cronaca degli ultimi mesi, dal “banchiere” della criminalità organizzata arrestato a Vacallo, l’acquisto di un immobile a Chiasso da parte di pregiudicati, l’incendio doloso di un esercizio pubblico di Agno per pizzo non pagato ma anche l’arresto di un ex dipendente delle Officine di Bellinzona, costituiscono la prova – per chi ancora ne avesse bisogno – delle crescenti ed insidiose infiltrazioni mafiose in Ticino.

Concordo con il Procuratore Generale quando mette in guardia circa il fatto che nuove leggi significano anche nuovi modi di aggirarle. Tuttavia, quanto a strumenti d’intervento e norme di accompagnamento e di controllo, siamo arretrati rispetto ad altri Paesi. È evidente, ad esempio, che l’autocertificazione non basta più, che sono indispensabili controlli approfonditi per chi chiede un permesso in Svizzera o per il suo rinnovo. Credo inoltre imprescindibile mettere in rete tutti gli attori sulla scena, dalla Polizia alla Magistratura agli enti in materia di lotta al riciclaggio. Su quest’ultimo punto apro la discussione sulle norme penali elvetiche, secondo cui è il Procuratore Pubblico a dover dimostrare l’origini illecita degli averi per poter ordinare prima il sequestro e poi la confisca. In Italia, consapevoli della difficoltà di lottare contro i mafiosi e vincere, hanno adeguato la legislazione in materia di misure patrimoniali e iniziato ad aggredire i patrimoni. Ebbene, invertito l’onere della prova, nelle inchieste italiane per mafia, è l’imputato che deve dimostrare di avere acquisito legalmente questi beni e che gli stessi non sono a disposizione di un’organizzazione criminale.

Mi auguro che in Svizzera non si debba arrivare a tanto, perché come dichiarato dall’avv. Edy Salmina, anche nel procedimento penale, anzi, soprattutto nel procedimento penale, non bisogna dimenticare l’equilibrio tra le ragioni della sicurezza e quelle della libertà. Vi è sicurezza non solo grazie alla giustizia, ma anche soltanto nella giustizia.

Natalia Ferrara Micocci, avvocato, già Procuratrice Pubblica, Consulente di TICINO SICURO