Il responsabile di Ticinolive è, con Iris Canonica e altre 8 persone, membro del Comitato d’iniziativa. Egli condivide con Iris l’idea che siano necessarie azioni più incisive e in questo senso rivolge un appello, in particolare al primo firmatario e promotore dottor Alberto Siccardi.

Quello che vuole o non vuole Bertoli in ultima analisi importa poco. Importa di più quel che vorrà il parlamento, e molto di più quel che vorrà il popolo ticinese.

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Lanciata nell’aprile del 2013, l’inizia­tiva popolare legislativa generica, de­nominata “Educhiamo i giovani alla cittadinanza”, con promotore e primo firmatario il dr. Alberto Siccardi, aveva raccolto in brevissimo tempo per la sua riuscita molte più firme di quante richieste (10’000 in una setti­mana, contro le 7’000 necessarie). Un successo davvero insperato per un tema che apparentemente non sem­brava scuotere gli animi e che invece ha dimostrato come i cittadini sentano l’esigenza di conoscere i meccanismi e gli strumenti del nostro sistema po­litico e della nostra democrazia, una conoscenza che rappresenta anche un strumento di libertà, perché sapere è potere.

La richiesta dell’iniziativa

Sulla base di studi e ricerche, condotti fra gli altri anche dalla SUPSI, l’ini­ziativa chiedeva che nelle Scuole Medie, Medie Superiori e Professio­nali venisse introdotta una nuova ma­teria di insegnamento denominata “Educazione Civica, alla Cittadi­nanza e alla Democrazia Diretta” che contemplasse un proprio voto sepa­rato. Tale materia, recitava testual­mente l’iniziativa, “… dovrà essere obbligatoria e dovrà essere insegnata per almeno due ore al mese; onde evitare un aumento delle ore totali di insegnamento, e relativi costi, si pro­pone di ricavare il tempo necessario dalle ore di storia”.

Ira funesta dei docenti

Manco a dirlo, la riuscita dell’inizia­tiva suscitò sin da subito l’ira funesta di parte del corpo insegnante, soprat­tutto di diversi docenti di storia, i quali, risentiti per una sorta di lesa maestà alla categoria, reagirono tal­volta in maniera un po’ veemente.

Ma come si permettevano, a loro dire, certi cittadini di affrontare pubblica­mente, con un’iniziativa, un tema le­gato all’insegnamento nella scuola? Se ne sentirono e se ne lessero dav­vero di tutti i colori: da chi accusava certe cerchie politiche di volersi in­tromettere nei programmi della scuola (fosse venuta da altri, l’inizia­tiva sarebbe allora andata bene?), a chi disquisiva capziosamente sul si­gnificato di Educazione alla cittadi­nanza, proponendo, pretestuosa­mente, che contemplasse anche l’educazione alle norme stradali, alla prevenzione dell’AIDS e via di que­sto fantasioso e bizzarro passo.

No signori! I promotori dell’inizia­tiva hanno chiesto che siano insegnati nelle scuole i meccanismi e gli stru­menti alla base del nostro sistema po­litico e democratico, proponendo, per unità di materia, che il tempo neces­sario (peraltro molto contenuto) sia ricavato dalle ore di storia.

Per la verità, su questo punto non c’è nulla di particolarmente nuovo, se pensiamo che fino a qualche anno fa sui libretti delle scuole dell’obbligo del Canton Ticino compariva in bella mostra la materia denominata “Storia e civica”.

Melina a go-go

Perché insisto su questo? Perché a quasi due anni di distanza – il termine per l’attuazione dell’iniziativa sta, in­fatti, per scadere – si fa melina alla grande, tentando di contrapporre, con un giochetto non molto simpatico, l’insegnamento della civica a quello della futura neonata e sconosciuta “storia delle religioni”, tanto voluta dal consigliere di Stato socialista. Di quest’ultima materia – e parlo a titolo personale e non a nome del comitato promotore dell’insegnamento della civica di cui faccio parte – non vedo assolutamente l’utilità, condividendo il sistema attuale dell’ora di religione “confessionale”, ossia gestita dalla Chiesa cattolica e riformata, facolta­tiva. Perché poi dovremmo azzerare l’importanza delle religioni ricono­sciute nella nostra costituzione? E perché mai dovremmo misconoscere le fondamenta giudaico cristiane della nostra storia, così come il ruolo es­senziale – indipendentemente dalle convinzioni personali di ciascuno ­del cristianesimo nel nostro vivere comune e nella nostra identità, a fa­vore di una non meglio definita storia delle religioni che contempla l’islam, il buddismo e chi più ne ha più ne metta? Perché allora non insegnare storia della marina mercantile, dei continenti, dell’alimentazione e storia del punto croce e del punto erba?

Giochi sulla griglia oraria

Il tentativo, messo in atto dal direttore del DECS, Manuele Bertoli, di gio­care sulla griglia oraria, cercando di contrapporre una materia inesistente (ma che qualcuno vuole fortemente), come storia delle religioni, con l’in­segnamento della civica per far “qua­drare le ore”, togliendola magari all’attuale ora “confessionale”, per quanto mi riguarda è da respingere al mittente, non foss’altro che fra le due non esiste alcuna unità di materia, che invece sussiste con l’insegnamento della storia. Indipendentemente, però, dalla questione dell’unità di materia, è ora di finirla di procrastinare l’at­tuazione di un’iniziativa popolare, prendendo a pretesto griglie orarie, materie inesistenti e altro. A queste continue manovre non ci stiamo e chiediamo che anche i politici rispet­tino il loro mandato, facendo, a loro volta, rispettare le iniziative popolari. Piaccia o meno al consigliere di Stato preposto, piaccia o meno a certe cer­chie politiche e intellettuali!

Il messaggio, ben compreso dai cit­tadini, è sufficientemente chiaro anche per i politici o dobbiamo arri­vare a lanciare un’altra iniziativa po­polare ancora più vincolante?

IRIS CANONICA