“La Merkel equivale a Guglielmo II, o ad Adolf Hitler (sul piano politico)”
“I marines gridavano: ‘Remember Alamo!’, noi gridiamo ‘Remember il Muro di Berlino!”

Vivaldi-Forti 1x2 aIn tutte le grandi crisi della storia si succedono fasi diverse: all’inizio si avviano in modo quasi impercettibile, nessuno se ne accorge, all’infuori degli addetti ai lavori; poi subiscono una progressiva accelerazione, ed è il periodo in cui si scaricano le colpe su Tizio e su Caio, presunti responsabili di quanto accade; infine, gli eventi precipitano, ogni giorno avviene qualcosa di nuovo, il sistema si sfalda come un castello di carte fino alla fine inevitabile. Tale andamento si verifica in ogni circostanza: così crollò l’Austria-Ungheria nella prima guerra mondiale, così implosero Italia e Germania nella seconda, così si svolsero le rivoluzioni francese e russa. Ciò premesso, a che punto ci troviamo oggi in Europa?

La politica di austerità voluta dalla Germania e fatta propria dalla burocrazia di Bruxelles, sempre prona ai potenti che meglio la pagano, ha condotto dapprima alla paralisi l’economia di tutti i Paesi mediterranei, ma adesso sta investendo anche quelli del nord. La Merkel, sul piano finanziario, è l’equivalente di Guglielmo II o di Adolf Hitler sul piano politico. Ella ripete, servendosi degli strumenti moderni, i tradizionali errori del pangermanesimo, nella presunzione che il grande Paese mitteleuropeo, singolarmente considerato il più potente d’Europa, possieda la forza di sottomettere tutti gli altri ai propri interessi. Tale mentalità condusse alla catastrofe il Terzo Reich. Anche nel 1939 la Germania appariva la maggior potenza continentale, e la prima fase del conflitto lo dimostrò ampiamente. La propria forza, però, ha sempre tradito i tedeschi, trasformandoli in megalomani. La loro politica espansiva, all’inizio, intimorisce il mondo intero, che vi si piega nel tentativo di evitare uno scontro.

Questo atteggiamento debole e remissivo esalta l’aspetto più violento e meno nobile della Germania, convincendo quest’ultima della propria onnipotenza. E’ allora che i governanti di Berlino, indipendentemente da come si chiamino, tentano il tutto per tutto, giocando la carta della guerra totale. Ma è proprio in questa fase che i Paesi direttamente o indirettamente minacciati le si rivoltano contro, dando vita a coalizioni difensive. I tedeschi si trovano sempre, a dispetto della loro stessa volontà, a combattere su tutti i fronti, e ciò li conduce alle più catastrofiche disfatte. Non si tratta, purtroppo, di un unicum nella loro storia, ma di una sorta di coazione a ripetere. Qualcuno obietterà che nell’Europa contemporanea la guerra non è praticabile, e dunque la Germania non fa più paura. Conclusione falsa e opportunistica. Le armi della Merkel non sono certo le Panzerdivisioni, la Luftwaffe, le V1 o le V2, bensì la Troika, lo Spread, le Agenzie di rating, che utilizza in modo disinvolto e privo di scrupoli.

Fino ad oggi tale politica ha pagato, per la corruzione, l’insipienza e la malafede di tutti gli altri governanti continentali, ma adesso il fronte si sta rovesciando, similmente a quanto avvenne nel secondo conflitto mondiale dopo Stalingrado ed El Alamein. Per convincersene basta comporre un puzzle di avvenimenti apparentemente scollegati. Iniziamo dal rilevare come l’indice tedesco di povertà sia cresciuto, nel 2014, del 30%. La causa è il rallentamento delle esportazioni verso la zona Euro, per controbilanciare il quale gli alti stipendi all’interno non bastano più. L’aumento della disoccupazione e del conseguente uso degli ammortizzatori sociali minaccia di avviare, anche sulle rive del Reno, quel circolo vizioso fra caduta del PIL, incremento della spesa pubblica e della pressione fiscale che noi italiani ben conosciamo. In altri termini, un processo deflazionistico si annuncia all’orizzonte.

Guglielmo IIGuglielmo II, imperatore di Germania

Restando a nord delle Alpi , la decisione della Banca di Stato elvetica di lasciar fluttuare il Franco rispetto all’Euro ha stupito la maggioranza degli osservatori, ma non il sottoscritto. Tale manovra, infatti, può essere teoricamente spiegata in due modi soltanto: o dobbiamo ipotizzare che gli gnomi di Zurigo siano tutti da psicanalizzare, in quanto affetti da masochismo suicida, oppure che essi, possedendo informazioni riservate, abbiano scelto il male minore, prevenendo il prossimo tracollo dell’Euro, fosse pure nella versione edulcorata della moneta a due velocità. Se tale scenario si verificasse, i cambi tra la valuta svizzera e le singole monete europee diverrebbero imprevedibilmente e disastrosamente alti; nel timore di questa eventualità, la decisione di lasciar fluttuare il Franco oggi, per quanto penalizzante, potrebbe sventare una catastrofe finanziaria domani. In tal caso, gli gnomi di Zurigo non sarebbero folli, bensì previdenti.

A simile provvedimento aggiungasi quello della BCE di liberalizzare l’acquisto dei titoli di Stato nazionali, dopo una guerra pluriennale condotta contro tale ipotesi, ritenuta contraria ai supremi interessi della UE. Cosa si nasconde dietro a ciò? La crisi, si dirà. Conclusione generica e frettolosa, visto che questa esiste da circa un ventennio, mentre si sarebbe potuta arrestare, o almeno mitigare, se quel che Draghi ha deliberato oggi si fosse fatto fin dal suo inizio. La verità è diversa. I potentati finanziari di Bruxelles, contestualmente a quelli di Zurigo, stanno tentando un salvataggio in extremis dell’unione monetaria ma, se questo non dovesse riuscire, l’iniezione di liquidità nei bilanci dei singoli Stati servirebbe ad attutire la fase traumatica del ritorno alle diverse monete. Il segnale, perciò, è tutt’altro che positivo, all’opposto di quanto afferma la maggior parte degli osservatori allineati al sistema.

Infine, le elezioni greche, che hanno segnato per la prima volta il trionfo di partiti assolutamente contrari all’austerità, alla moneta unica, alla mafia finanziaria. Le gran casse della propaganda di regime tentano invano di sottovalutarne la portata. Lo scopo è l’imbonitura dell’opinione pubblica, nel terrore che l’esempio ellenico inneschi un effetto domino simile a quello che pose fine all’impero sovietico. Questo, invece, è prima o poi inevitabile. I greci, infatti, non hanno votato soltanto Syriza, ma anche molti altri movimenti di segno diverso, quali Alba Dorata e To Potami, che pur nelle rispettive differenze ideologiche sono accomunati dalla lotta contro l’austerità e la miseria imposte dalla Troika. In pratica, a favore di quest’ ultima si è espresso uno scarso 25% dell’elettorato.

Ci si deve meravigliare? Assolutamente no. La condizione di indigenza a cui i finanzieri della UE hanno ridotto il popolo ellenico, sprofondandolo nel sottoproletariato, grida vendetta al cospetto di Dio, per cui la rivoluzione di Atene era perfettamente prevedibile. Resterà essa un fatto isolato, come spera il regime pur senza crederci, oppure troverà imitatori in altre contrade europee? E’ questa la prospettiva che adesso si apre all’intero Continente. Per quanto concerne l’Italia, ciò che manca è un grande movimento in grado di catalizzare l’opinione pubblica non necessariamente contraria all’Europa, bensì favorevole a una sua diversa concezione, collegata alle migliori e più nobili tradizioni culturali , intellettuali e spirituali.

Dunque coraggio, l’agonia di questo devastante e sciagurato periodo storico è ormai iniziata e nessuno la fermerà. I marines americani, per prepararsi al combattimento, gridavano: Remember Alamo! Noi, con altrettanta ragione, facciamo loro eco: Ricorda il muro di Berlino!

Carlo Vivaldi-Forti