Mi trovavo sabato scorso al Padiglione Conza – nella mia abituale qualità di giornalista per hobby ma, anche, di liberale (senza alcuna funzione) – per assistere al congresso dei delegati del PLR-FDP. C’è un breve passaggio oscuro che collega la sala principale con la sala adiacente allestita per l’aperitivo. Lì m’imbatto in un conoscente che, con voce rotta e assai agitata, mi fa: “Sono stato alla presentazione della ‘Scuola che verrà’. Ho sentito cose incredibili, non ho trovato parole (peccato). Volevo parlare, ma mi sono bloccato (peccato)”. Il passaggio era oscuro e non vedevo bene il suo viso. “La scuola che verrà, la dipingevano come un parco giochi!

A questa riunione non sono andato (anche perché non sapevo nemmeno ci fosse). Pare che sia stata molto ben frequentata e che il pubblico mostrasse approvazione. Io non ero stato invitato. Peccato. Avrei scritto volentieri un articolo. Per variare. Non sempre solo Widmer Schlumpf, Savoia-Zali, Tuto Rossi. E ogni volta inventare qualcosa di nuovo. È dura!

Ho ricevuto con piacere questo articolo di Franco Lazzarotto, che cita la Civica, il dottor Siccardi (primo promotore dell’iniziativa che tanto sta sullo stomaco a Bertoli) e Iris Canonica, opinionista di prima linea sempre tesa a incitare i suoi (forse un po’ pigri) compagni d’avventura.

Lazzarotto

Iris Canonica – con la schiettezza e la pragmaticità che la contraddistinguono – è tornata recentemente a dare la sveglia a chi lascia strategicamente da ormai troppo tempo dormire nei classici cassetti l’iniziativa popolare concernente l’introduzione dello studio obbligatorio, ergo notato, della civica. Non ho mai fatto mistero – essendo stato dall’inizio accanto al Dr. Siccardi anche operativamente – di essere fermamente convinto della bontà di questa operazione. Non voglio tuttavia correre il rischio – come spesso si vede mettendo piede in alcune trasmissioni sportive del vicino stivale – dell’ex di turno che, appese le scarpe o gli sci al chiodo, si erge a Solone della causa dispensando ricette da quattro stelle Michelin quando in campo o in pista magari serviva immangiabili brodaglie.

Vorrei dunque semplicemente far rimarcare come mi sta benissimo – sinonimo di parecchio strettina – la “Scuola che verrà” unicamente se pure e anzitutto ci si continua ad occupare di quella che c’è. Usando la lingua che ho cercato di insegnar per quarant’anni, consiglierei dunque di coniugare pure un “futur proche” che sia però “proche” ad una realtà vera – che rima con cruda e correttamente selettiva – e non sognata o sognante e ai cui artefici lascio la rima.

Sono sopravvissuto a ben quattro riforme della scuola media che avrebbero cartaceamente dovuto “implementare” (ogni verbo roboante è inversamente proporzionale alla sua effettiva resa) l’universo scolastico dove però e purtroppo la musica stante sullo spartito spesso non era – e mi prendo ovviamente e per ruolo la mia parte di responsabilità – quella suonata dall’orchestra. Altrimenti detto, alla ticinese, la frase più gettonata suonava : “ti sòna chèl che te vöö, mi bàli un tango”! La scuola – si è sempre sostenuto – è un “cantiere aperto” e mi sta benissimo purché costruisca, come verbo indica, verso l’alto – palazzetto della civica compreso – e non allargando a dismisura il cantiere immettendoci pure e sempre più benne per smaltire la… carta prodotta o i cassetti che la ospitano.

Franco Lazzarotto