Avvocato, municipale PPD di Locarno, finito sui giornali nel ruolo del “cattivo” (per la nota vicenda degli appalti), Giuseppe Cotti tenta oggi l’avventura del Gran Consiglio. L’intervista è bella ma se l’è sudata perché gli impegni sono tanti (famiglia, professione, municipio, campagna elettorale). È arrivata da pochi minuti e già la pubblico.

Un’intervista di Francesco De Maria.

Cotti Giuseppe 380Francesco De Maria   In Municipio ci sono state parecchie scintille. Adesso la situazione è più calma?

Giuseppe Cotti   Potrei rispondere capovolgendo domanda e affermazione: il lavoro tranquillo del Municipio sulla maggior parte dei dossier non è stato ostacolato dalle scintille sugli appalti. In questa Legislatura abbiamo lavorato intensamente ottenendo risultati importanti, e molti dossier che da tempo languivano nei cassetti di Palazzo Marcacci ne sono usciti. È la dimostrazione che le scosse, anche all’interno di una squadra, possono far bene.

L’on. Carla Speziali ha annunciato che non si ricandiderà. Questo annuncio l’ha sorpresa? Quali gli aspetti più positivi del suo sindacato?

GC   Solo in parte. La sindaco ha ritenuto che un ciclo si stia chiudendo e la sua scelta, certamente maturata nel tempo, è responsabile. Veniamo agli aspetti positivi. Non si attenda una risposta analoga a quelle in voga nei periodi di campagna elettorale: io non “farei tutto meglio di lei”. Governare non è facile. Carla Speziali ha saputo dare a Locarno un’identità diversa, sia nel panorama regionale sia in quello cantonale. L’immagine della città in questi undici anni di sindacato è stata difesa tutto sommato bene. Per contro, è stata trascurata la gestione dell’amministrazione, come ormai sappiamo tutti: la scivolata sul delicato tema degli appalti non è ormai più una questione di opinioni. Ma va detto, in proposito, che a scivolare non è stata solo Carla Speziali in quanto persona: è scivolato un intero sistema.

Facciamo un bilancio sulla spinosa questione dei concorsi, che l’ha fatta finire su tutti i giornali. Lei l’ha spuntata? Pensa che la sua azione sia stata di giovamento per il Comune?

GC   Che la mia azione sia stata utile per il Comune lo dicono le cifre. Rispetto alla situazione irregolare che abbiamo ereditato nel 2012, Locarno risparmierà ogni anno centinaia di migliaia di franchi, senza dimenticare che la città ha guadagnato in termini di trasparenza. Non credo ci sia molto da aggiungere, né spazio per interpretazioni.

Parliamo di Locarno. Come vanno le cose nella sua Città? Quanto “morde” la crisi sulle rive del Verbano? Il turismo negli ultimi anni ha retto?

GC   Il discorso sul turismo merita di essere separato dalle considerazioni generali su come sta Locarno (tutto sommato bene, grazie). Il presidente di GastroSuisse qualche giorno fa ha scritto che in Austria la neve è bianca come da noi, ma gli hotel costano il 50% in meno. Credo che a livello locale questa presa di coscienza, e la necessaria conclusione che dobbiamo lavorare per migliorarci, faccia ancora fatica a imporsi. Le cifre sui pernottamenti restano altalenanti, ma ci sono segnali qualitativi chiari – come indica il rapporto dell’Università di San Gallo sul livello dei servizi offerti dalla Navigazione Lago Maggiore – che indicano l’esigenza di tornare a pensare e a investire per rendere il Locarnese un bel posto dove trascorrere una vacanza – e poi magari trasferirsi stabilmente.

Quanti locarnesi (comune) siedono in Gran Consiglio? Lei si è messo in competizione, si sente in forma? Quali sono i suoi avversari più quotati?

GC   La Città di Locarno oggi è rappresentata in Gran Consiglio dal mio collega municipale Silvano Bergonzoli (Lega), da Bruno Cereghetti (PS) e da Francesco Maggi (Verdi). Per quanto riguarda il mio partito, la divisione in Circondari rende la corsa un affare fra i granconsiglieri uscenti della regione e alcuni volti nuovi che, come me, cercano di portare a un nuovo livello l’impegno profuso nella dimensione comunale. Se mi sento in forma? Come non potrei: sono molto felice per l’opportunità di vivere questa esperienza, che affronto con grande entusiasmo.

Il suo partito aveva un avversario “atavico”, che era la principale forza politica del Cantone e in qualche modo “incarnava” il Potere e lo Stato. Oggi la situazione è profondamente mutata; tra i due antichi rivali è sorta un’entità molto ingombrante…

GC   I partiti hanno il compito di interpretare le inquietudini delle persone, e i numeri dicono che i ticinesi negli ultimi 20 anni hanno votato – in particolare su temi federali – quasi in perfetta sintonia con il movimento che oggi detiene la maggioranza relativa. Questo dato non può essere ignorato, e impone ai partiti storici di riconsiderare alcune logiche e alcuni linguaggi che, al giorno d’oggi, non sono più capiti dalla popolazione.

Nel 2011 e nel 2013 le elezioni si giocarono in una “partita a due”, e il danno per le “belle statuine” fu notevole. Come si potrà evitare un simile guaio nel 2015 ?

GC   Per prima cosa, provando a spostare l’attenzione dalle questioni più strettamente elettorali ai veri argomenti di interesse per il Ticino. Il mio partito ha già fornito una prova di maturità scegliendo senza troppi calcoli di mettere in campo alcune tra le proprie figure migliori, senza troppi tatticismi, e archiviando quindi in fretta le scaramucce sulla composizione delle liste. Credo sia il segnale del desiderio di mettere gli argomenti davanti a tutto, e di non volere trattare gli elettori come se fossero stupidi.

I capi del PPD puntano al “raddoppio” in Governo e non ne fanno mistero. Analizzi le forze in campo e le interazioni politico-partitiche e poi mi dica: quali “meccanismi” potrebbero produrre l’evento? (Le faccio presente che il PPD dovrebbe passare da terzo a primo partito, a meno che il PS non perda il seggio, ciò che Pontiggia ed io giudichiamo “altamente improbabile”).

GC   Questi pronostici fanno parte del fascino delle elezioni, e chi non gioca in compagnia rischia sempre di risultare antipatico. Perciò, le dico secondo me che il fattore esperienza potrebbe giocare un ruolo determinante. Non voglio essere frainteso: credo nei giovani, e non potrebbe essere diversamente. Ma stiamo parlando delle elezioni di un Governo cantonale, che si svolgono in un momento storico molto delicato. In questi anni di Municipio ho capito quanto sia difficile governare, anche in una città di appena 16 mila abitanti. Il PPD, da questo punto di vista, ha agito con responsabilità presentando tre persone che portano un bagaglio di esperienza notevole e che – soprattutto – hanno già rischiato del loro in attività imprenditoriali, dimostrando il coraggio di giocarsi la cosiddetta skin in the game. A queste persone sono affiancati due giovani molto dinamici. Questa è la carta che potrebbe rivelarsi vincente.

Parliamo del dottor Denti. Da che cosa è stato determinato il suo passaggio dal PPD ai Verdi Sabaudi? Può essere definito un “voltamarsina”? Non sarebbe in ogni caso l’unico…

GC   I motivi della sua scelta li conosce solo il dott. Denti, ma la domanda che mi rivolge e la scelta del termine “voltamarsina” mi permettono di affrontare uno dei temi che preferisco: il persistere di logiche ottocentesche nella politica ticinese del XXI secolo. Non possiamo continuare per abitudine ad accordare importanza eccessiva all’appartenenza partitica – nel caso di Franco Denti come in quello di Jacques Ducry – rifiutando di accorgerci che non esiste più, o quasi, lo stigma politico-sociale che colpiva solo fino a pochi decenni fa chi osava cambiare casacca. Il mondo non cambia sempre in meglio; in questo caso, però, è bene cogliere l’invito a smettere di parlare delle persone e dei colori, per concentrarci piuttosto sui temi e sulle idee.

Nel suo partito chi è favorevole (per davvero e non per finta) al “9 febbraio”? Lei come ha votato?

GC   Credo che la divisione interna al PPD, su questo argomento, non sia molto diversa da quella che hanno conosciuto gli altri partiti storici, socialisti compresi. L’iniziativa dell’UDC ha riacceso il dibattito fondamentale della democrazia svizzera contemporanea, quello fra chi vorrebbe vedere la Confederazione dissolversi nell’Unione europea, presto o tardi, e chi invece crede che lo Stato nazionale rappresenti la risposta migliore anche per le sfide del futuro. Io ho votato Sì.

Al posto dell’ora di religione cattolica/evangelica Bertoli vorrebbe introdurre la storia delle religioni. Il PPD intende opporsi a tale disegno e, se sì, come si muoverà?

GC   I termini del discorso sono più ampi rispetto al semplice disquisire sull’ora di religione, cattolica o evangelica, e sull’ora di storia delle religioni. In questa proposta mi sembra di scorgere i residui di un certo estremismo laico, il che mi preoccupa. Abbiamo una storia e abbiamo un’identità che dobbiamo difendere. È davvero necessario per l’interesse pubblico limitare la possibilità per gli allievi di seguire l’ora di religione confessionale? La risposta a questa domanda non può che essere un no. Il Dipartimento farebbe meglio a porre l’attenzione sulla civica anziché sulla storia delle religioni, che peraltro dovrebbe trovare uno spazio congruo nel programma generale di storia.

Un consigliere di Stato PPD potrebbe dirigere il DECS? (Ho già posto la stessa domanda all’avv. Sabrina Gendotti…)

GC   Sì. Credo proprio che per nostra fortuna l’epoca dei veti ideologici sia finita. E se così non fosse, sarebbe ora che finisca.

Parliamo di grandi Democristiani. Qual è il più grande ai suoi occhi tra i ticinesi? Tra gli svizzeri? Tra gli italiani?

GC   Per il Ticino e la Svizzera credo che un nome possa bastare: è quello di Giuseppe Motta. Ha vissuto da consigliere federale il periodo più drammatico della Storia contemporanea, ma aveva anche saputo riformare il proprio partito – il mio partito – e invitare la politica ticinese a superare la guerra fra bande. Non da ultimo, ha saputo muoversi con decisione e abilità per rafforzare il legame fra Ticino e Berna, e ha avuto un impatto su alcune scelte cruciali per la politica internazionale del nostro Paese. Cosa potremmo desiderare di più da un politico? A livello internazionale, per completare la risposta, scelgo Alcide De Gasperi.

Nella sua Locarno venne in visita nell’agosto del 2013 Giovanni Senzani, uno dei capi delle Brigate Rosse, colpevole di delitti di sangue, mai pentito. Il suo compagno di partito Fiorenzo Dadò levò alta una voce sdegnata (e io andai in televisione con lui, anche se non aveva certo bisogno d’aiuto). Come visse quella triste giornata il locarnese Giuseppe Cotti?

GC   Da uomo di legge rimango convinto che l’espiazione della pena, determinata equamente da un giudice, esaurisca il debito che una persona ha contratto verso la società per le sue azioni criminali. Questo non significa e non può significare dare agli ex terroristi un palcoscenico per fare propaganda politica, né tantomeno assolvere moralmente Giovanni Senzani – perché l’insieme matematico delle azioni giuste e quello delle azioni legali non coincideranno mai.

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