È sempre un piacere ospitare un vecchio amico. Conobbi Tullio negli anni Ottanta, frequentando gli ambienti del quotidiano liberale “Gazzetta Ticinese” (lui ne presiedeva il Comitato politico, io mi aggregai con vivo interesse).

L’unico commento che mi sento di fare sul tema dell’articolo – bello, vivace e pungente – è il seguente: se la proposta non fosse stata targata Morisoli, probabilmente sarebbe passata. Ora la parola a Tullio.

TullioSul medesimo argomento ricordo negli anni ottanta una battaglia in Parlamento tra l’allora PSA e alcuni liberali, con chi scrive in prima linea. La proposta fu bocciata, il PLRT era dominato dai radicali che spesso e volentieri votavano coi socialisti. Come in questi giorni, con la differenza che oggi si afferma che l’era radicale sarebbe tramontata e che i liberali avrebbero la meglio, sia per i suoi vertici non certo di sinistra, sia perché nel Paese gli equilibri sembrano essere andati a favore della “elle” e non della “erre”. Gli è che al comando esecutivo, ancorché per pochi mesi ancora, domina la figura della consigliera di Stato che in questi giorni ha definito “un corsetto virtuoso” il freno ai disavanzi e il suo braccio armato: il moltiplicatore cantonale d’imposta. Virtuosa, secondo il nostro parere, la realtà e il buon senso, sarebbe stata la legge al freno della spesa pubblica. Avrebbe permesso di mettere sotto controllo matematico le uscite con il PIL a fare da bilanciere. Messaggio e legge, già pronti, erano  invisi ai socialisti, e di riflesso a chi, al DFE, poteva realizzarli.

Il referendum finanziario obbligatorio è presente nella maggioranza dei Cantoni e rappresenta una forma di “diritto popolare di verifica”, che non richiede di passare dalla raccolta delle firme. Un riconoscimento all’autorità e alla responsabilità di chi vota che è anche chi paga. Nessun timore di troppe chiamate alle urne, studi fatti dimostrano che razionalizzando le date già previste per votazioni federali e cantonali, l’aumento del “disturbo” per i cittadini sarebbe del tutto relativo, non condizionante né impegnativo.

È triste constatare che il referendum finanziario obbligatorio è stato bocciato dai deputati PLR che, come nei lontani anni ottanta hanno fatto comunella con i socialisti. Eppure questa volta la possibilità di vincere c’era. Il PPD schierato in favore e la Lega dei Ticinesi pure. Da quanto è dato sapere nel gruppo molti erano favorevoli, ma solo due vecchi e cari amici di IdeaLiberale, hanno avuto il coraggio delle proprie opinioni. Gli  altri, dai più importanti ai “travetti”, hanno fatto i pecoroni, un atteggiamento ricorrente da sempre nel PLR, figlio della debolezza e della dipendenza dai vertici. Un fatto incredibile per persone maggiorenni e vaccinate. Certo che se già il presidente non ha valutato l’importanza del problema che si presentava al legislativo e non ha dato il suo parere, come sembra proprio essere avvenuto, le prospettive non potevano essere rosee.

Alla fine di una legislatura, con il dichiarato obiettivo di ricuperare il secondo seggio nella prossima, si fanno errori madornali. Senza elencarli tutti, un accenno è dovuto alla sciagurata proposta di una nuova tassa per residenze secondarie e rustici, al prospettato raddoppio delle stime immobiliari, alla tendenza ad introdurre nuove tasse e balzelli, magari con la definizione di “causali” per diminuirne l’impatto psicologico, ma che rappresentano aumenti della pressione fiscale. Sembra proprio che il PLR voglia essere etichettato come il partito delle tasse, rubando la scena alla sinistra.

Ho letto che il referendum finanziario obbligatorio è stato tacciato di “mossa populista”. Il valore del termine non è noto, questo diritto popolare in Svizzera è accordato in ben 19 Cantoni e rappresenta uno strumento di democrazia diretta importante, affidato, al popolo, come l’iniziativa e il referendum facoltativo. Con la differenza che in questo caso è dato d’ufficio, senza il bisogno di raccogliere le firme nel paese. C’è chi ha affermato che già abbiamo la legge sul freno ai disavanzi. Ma è esattamente il contrario del referendum obbligatorio. Se il primo serve all’operazione: spendi e poi incassa quanto ti occorre, il secondo richiede un parere popolare vincolante su una spesa, la sua entità, la necessità e le possibilità delle casse cantonali di farvi fronte senza portare a situazioni sbilanciate e a disavanzi.

Il risultato della votazione in Gran Consiglio, con soli 4 voti di differenza, ha dimostrato che l’approvazione è dietro l’angolo. In Ticino le buone idee impiegano tempo (molto tempo) per farsi strada.

Aspettiamo saggi e tranquilli sulla riva del fiume: anche questa volta qualcosa arriverà galleggiando sulle acque.

Tullio Righinetti

(pubblicato nel Corriere del Ticino)