GuarinielloNon demorde il procuratore d’assalto   Raffaele Guariniello, vecchio procuratore torinese ammalato di protagonismo palingenetico (che vuole mettere a posto il mondo: la condanna a 16 anni di Stephan Schmidheiny, il miliardario del cemento e dell’Eternit, gli aveva dato la tanto agognata fama, rincorsa in 40 anni di oscura esistenza in oscure sale di oscuri palazzi di giustizia), ammalato, dicevo, di protagonismo e di incipiente Alzheimer (suppongo, altrimenti il suo recente operato non si potrebbe spiegare), ha ricevuto dalla Cassazione una mazzata tra capo e collo da far stramazzare stecchito un mammut congelato. L’atto d’accusa con il quale aveva ottenuto gloria e celebrità in fin di carriera è risultato basato su fatti prescritti prima che iniziasse il processo. Addio sogno di gloria, tutto da rifare. L’insigne procuratore era incorso in una piccola svista: aveva, hanno chiaramente spiegato i giudici di Cassazione, “confuso la permanenza del reato con la permanenza degli effetti del reato”. Agendo come un pugile suonato, che ferma i colpi dell’avversario con la faccia invece di farlo con i guantoni, il nostro esimio esemplare di procuratore è ripartito alla carica, proclamando “urbi et orbi” (alla città, che è Roma, e al mondo, che è l’orbe) che il nuovo processo si farà con l’accusa a Schmidheiny di “omicidio volontario aggravato” di 258 persone tra il 1989 e il 2014.

Che non si possa, nella repubblica che ho definito borbonica, togliere di mezzo una simile calamità (il procuratore, non il miliardario del cemento e dell’Eternit, che almeno gli indennizzi però li dovrebbe pagare senza battere ciglio) è cosa che fa rabbia e pena. Le prime vittime di Guariniello sono proprio quelle persone, morte o morenti per asbestosi, che lui crede di difendere.

Soldati 11Contro l’odiato Mörgeli una turpe congiura   Il GC zurighese ha respinto la richiesta della Procura cantonale, inoltrata dopo che la stessa aveva preso visione dei risultati e delle critiche contenuti in un rapporto della Commissione di vigilanza su educazione e sanità, di togliere l’immunità parlamentare alla consigliera di stato Regine Aeppli, PS, querelata dal Prof. Christoph Mörgeli, consigliere nazionale UDC, licenziato 3 anni fa sulla base di un intrigo motivato da avversione politica. Una persona che, querelata da un’altra, si rifugia dietro l’immunità per evitare di dover render conto di suoi comportamenti, dimostra chiaramente scarsa impalcatura etica e soprattutto la sua cattiva coscienza.

Il GC zurighese, con il suo voto negativo, ha squalificato se stesso: 112 voti contrari, solo 52 in favore della decadenza dell’immunità, 51 UDC e un UDF. Per i PS tutto in ordine, sorprendente sarebbe stato un loro voto favorevole, ma che non si sia trovato un PLR o un PPD per decidere che la giustizia doveva far chiarezza su quel che è stato il più grave scandalo politico dell’Università di Zurigo dal dopoguerra in poi (il Rettore Andreas Fischer, anche lui querelato, è stato costretto alle dimissioni) è indice di un servilismo partitico e di una inconsistenza etica che ridicolizzano il GC zurighese e non possono non preoccupare. Ad appesantire il giudizio sta il fatto che anche granconsiglieri che in commissione avevano firmato il rapporto fortemente critico nei confronti dell’operato della Signora Aeppli hanno poi smentito se stessi nel plenum negando praticamente al querelante il diritto ad una decisione giudiziaria.

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Abate conclude sconsolato: “Margine di manovra nullo”    In un suo articolo sul CdT Fabio Abate parla delle difficoltà nelle trattative con l’UE imposte dall’inaspettato esito della oramai celebre votazione del 9 febbraio 2014, ottenuto contro venti e maree (in pratica : CF, Camere federali, partiti, ancora una volta concordi quando si tratta di osteggiare un’iniziativa dell’UDC, e praticamente tutti gli organi d’informazione, ministeriali, servi e codini, come diceva volontieri Flavio Maspoli). Abate espone, pacato e stringato, tutta una lunga serie di ostacoli all’attuazione del nuovo assunto costituzionale. E termina, sconsolato e affranto, con la constatazione che si tratta di ostacoli insormontabili. Ma qui Abate sbaglia, grossolanamente: che gli ostacoli siano insormontabili può esser dato per certo, ma solo perché a negoziare si mandano persone come la Giuda in gonnella, il Signor Burkhalter o, peggio ancora, la gentile Signora baciata sulla guancia (solo in segno di grande amicizia e rispetto) dal nuovo presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker. Oppure loro alti funzionari come Yves Rossier, tutti patrocinatori dello scioglimento del Gruyère svizzero (leggi: della Svizzera) nella fondue di formaggio in scatola dell’UE.

Stridente il contrasto con le trattative condotte da Tsipras e dal suo impudente e sfottente ministro delle finanze Varoufakis (che tanto somiglia ad un caporione della banda dei Bassotti). Chiedevano un’assurda e improponibile dilazione di 6 mesi dei rimborsi promessi dal precedente governo; dopo un’eroica, anche se solo finta, resistenza del ministro tedesco in sedia a rotelle, la dilazione è stata concessa in 48 ore, ma ridotta per salvare la faccia a 4 mesi. Naturalmente, e vedremo se non sarò buon profeta, rinnovabili su gentile richiesta.

In politica l’unico ostacolo insormontabile è quello della morte. Tutto il resto è contorno, come ben dicono i nostri macellai.

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La “soluzione” socialista (sempre la stessa)   Che il Ticino possa particolarmente soffrire della decisione del 15 gennaio della BNS di abolire il tasso di cambio fisso a 1,20 tra euro e franco è cosa tanto ovvia quanto era prevedibile. I piagnistei sono assordanti, nemmeno attenuati dal fatto che per oltre 3 anni i “geremianti” avevano largamente beneficiato di un tasso fisso contrario alle leggi di una sana (qui sana significa competitiva) economia.

Cessato il pianto che non cessa, bisognerà rimboccarsi le maniche. Primi fra tutti, con largo vantaggio sulla concorrenza, lo hanno fatto Sergio Roic, Emanuele Bertoli e il PS, proponendo con un esauriente articolo sul CdT del 24 febbraio, gratuitamente, urge sottolinearlo, l’”uovo di Colombo”: contratti collettivi di lavoro per tutti e per tutto (tra gli altri vantaggi fanno anche affluire una montagna di soldi nelle casse dei sindacati) e salari minimi garantiti a tutti salvo che agli indipendenti e ai datori di lavoro, tanto quelli guadagnano già abbastanza. Semplice, no? Ma bisognava pensarci.

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Sergi e Pronzini la sanno lunga   Alcune settimane fa avevo sentito alla TV Giuseppe Sergi vantare l’operato del suo piccolo ma rumoroso partito nella lotta, in fatto di pianificazione ospedaliera, in favore del solo settore pubblico, ossia dell’EOC.

La sera del lunedì 23 febbraio ho sentito Matteo Pronzini, per un momento mattatore (qualcosa a che fare con il “matador” delle corride?) del dibattito, gonfiarsi come la rana della favola di La Fontaine al cospetto del bue per esalare lo stesso sproloquio.

Fa veramente pena vedere che persone di indubbia intelligenza, quali sono evidentemente i due esimi sindacalisti summenzionati, possano, sulla sola base di loro pregiudizi, emanare con tanta saccente (che presume di sapere) sicumera (ostentata sicurezza di sapere o di presunta superiorità) giudizi lesivi di legittimi e onestissimi interessi di una quantità di liberi professionisti e dei loro collaboratori. Centinaia di persone che vedono la loro utilissima attività lavorativa messa in grave pericolo da gente dalla paga sicura con disoccupazione riservata agli altri.

Il Ticino ha più cliniche private di qualsiasi altro cantone, cosa che disturba gravemente i sonni dei nostri statalisti radicali e socialisti (zuppa e pan bagnato). Il motivo di questa presenza pronunciata è da ricercare nell’Ottocento, quando il Ticino (sì, proprio quello di Stefano Franscini) si dibatteva in una miseria senza fine. L’assistenza sanitaria della popolazione era praticamente inesistente, gli ordini religiosi provvedevano come potevano, con loro lazzaretti e ricoveri. Da lì sono nate le istituzioni sanitarie private, rimaste per più di un secolo in mano di ordini religiosi e gestite adesso da capaci operatori del ramo e da gruppi di medici.

Nelle cliniche private operano una quantità di liberi professionisti con centinaia di ottimi collaboratori. Sono tutte persone che hanno, forse più dei signori Sergi e Pronzini, l’ambizione di far bene il loro lavoro, e che non sono certo motivate da cupidigia o insana bramosìa di denaro. Ostacolare queste persone nello svolgimento del proprio compito tramite pianificazioni ospedaliere assurde o almeno prevaricanti, basate su stolti pregiudizi (solo il pubblico e i sindacalisti, che tra l’altro sono più privati delle cliniche private, sono buoni, altruisti e onesti, il settore privato non ha altro scopo che quello di ammassar palanche), non può produrre benefici per la popolazione e il paese. Un’espansione illimitata del settore pubblico, come quella già messa in atto dall’ultima pianificazione, che ha demolito una clinica nuovissima ed efficiente come quella di Sementina per sostituirla con un rottame ricevuto in regalo dal Dipartimento militare (ben lieto di potersene sbarazzare a buon mercato) e risanato a fior di milioni in quel di Novaggio, può solo essere nociva oltre che costosa.

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Köppel vuole andare in Parlamento   Da ultimo, per togliermi il retrogusto amaro dalla bocca, una buona notizia. Roger Köppel, caporedattore e editore della “Weltwoche”, il prossimo mese di ottobre sarà candidato al Consiglio nazionale a Zurigo. Un liberal-conservatore di stampo urano, o obvaldese se preferite, scolpito in un legname che si chiama pino cembro. Che venga eletto è praticamente certo, ne beneficeremo tutti.

Gianfranco Soldati