Oggi Ticinolive offre ai suoi lettori questo bell’articolo a… Forti tinte.

Uno dei principali problemi, secondo me, sta nel fatto che molti (talvolta anche noi!) hanno l’abitudine di chiamare “destra” ciò che destra non è. Con riferimento alla Svizzera, per fare un esempio eclatante, definire “di centro-destra” il governo Burkhaltèr/Schneider-Ammann/Leuthard/EWS/Maurer è un atto di pura follia o, forse meglio, di perfetta disonestà intellettuale.

Vivaldi-Forti 1x2 aLo sbandamento e la virtuale fine della destra è di sicuro, come molti sostengono, l’effetto prossimo del colpo di Stato del novembre 2011 e della scomparsa del Cavaliere dalla scena politica. Tale evento, pur deprecabilissimo per il vulnus inferto alla Costituzione e alla legge, ha tuttavia evidenziato una crisi d’identità e di valori già in atto da anni, in pratica dal crollo del Muro di Berlino e dalla scomparsa dell’eterno nemico. Esso ha posto in risalto i limiti e le contraddizioni di una forma – pensiero che non si è saputa rinnovare, adeguandosi al rapido e quasi incredibile cambiamento del quadro politico mondiale.

Questi aspetti sono richiamati in un bell’articolo di Marcello Veneziani su il Giornale dello scorso 17 febbraio, dal titolo Il pensiero di destra faccia autocritica. L’autore sottolinea la diaspora e l’eccessiva parcellizzazione di coloro che si riconoscono in quest’area, dove si trovano accomunati pensieri e autori conservatori e liberali, tradizionalisti e protofascisti, moderati e radicali, cattolici e laici. I limiti maggiori , tuttavia, Veneziani li scorge nella incapacità, di questo emisfero, a concepire un progetto di società che non si arrocchi nello sterile rimpianto di un passato ormai irrecuperabile o si perda in fughe in avanti prive di realismo.

Veneziani 2Si può nutrire un pensiero critico del presente eppure un pensiero tragico sulla condizione umana, lacerata tra l’imperfezione del reale e l’aspirazione all’assoluto, sospesa tra il cielo e la terra. Ma senza commettere l’errore di relegare il paradiso nel passato; errore speculare all’utopia, in rovina, di chi immagina futuri paradisi in terra. Crogiolandosi nella decadenza, quel pensiero si è fatto dolente, risentito e inoperoso come davanti a una clessidra in cui stanno cadendo gli ultimi granelli. Per rendere incisivo quel pensiero bisogna rovesciare la clessidra, perché la vita è cosparsa di nascite e morti ed è scandita da clessidre che si vuotano e si riempiono. Non siamo alla fine del mondo ma di un ciclo, non sta finendo la storia ma una storia. E dopo ogni fine c’è un inizio. Rovesciare la clessidra.

A queste sagge raccomandazioni potremmo aggiungere che fu proprio il Cavaliere a tentare una nuova strada, cercando di unire le diverse componenti della destra, fin dal 1994, nei due schieramenti che vedevano alleate Forza Italia e la Lega al nord, Forza Italia e Alleanza Nazionale al sud. Tale convivenza, precaria fin dall’inizio, fu comunque spazzata via dal primo colpo di Stato anti-berlusconiano, quello ordito da Scalfaro e Bossi, che aprì le porte alla sinistra nelle elezioni di due anni dopo. L’intenzione, però, era giusta, e Berlusconi ha tentato più volte di ricompattare il fronte. Purtroppo gli è mancato il coraggio di andare fino in fondo e di sfidare a viso aperto i poteri forti, realizzando a loro sommo dispetto quella rivoluzione liberale che il popolo italiano si aspettava e in nome della quale lo aveva votato. Ben sappiamo che è sciocco piangere sul latte versato, e Veneziani ce lo ricorderebbe autorevolmente, ma non possiamo fare a meno di rammaricarci che Silvio non possedesse una statura storica simile a quella di Charles de Gaulle, nel qual caso avrebbe condotto il Paese alle urne a fine 2011, denunciando pubblicamente il tentativo di eversione in atto e stravincendo le elezioni, anche con la sola componente forzista. Resta apparentemente inspiegabile perché non lo abbia fatto, e spetterà agli storici , se mai vi riusciranno, arrivare a capo di questa assurda vicenda.

Adesso, però, il problema non è ricostruire una destra purchessia. L’impressionante degenerazione della politica ha consegnato il Paese nelle mani di una Banda Bassotti, la cui sola specialità è il saccheggio sistematico di ogni residua e sempre più scarna ricchezza prodotta dai cittadini onesti, né tanto meno possiamo attenderci la salvezza dal modesto affabulatore valdarnese. I fiorentini che lo hanno dovuto sopportare cinque anni come sindaco, ne sanno qualcosa. Quando Napolitano lo chiamò a Roma, essi se ne rallegrarono unanimemente, pronunciando una frase riecheggiata di bocca in bocca: per fortuna ha cessato di far danni a Firenze. Adesso se lo spupazzeranno tutti gli italiani.

La battaglia che oggi dobbiamo prepararci a sostenere, come bene afferma Veneziani, non passa attraverso la rifondazione di una destra classica, dai nomi e dai sapori arcaici, e non è neppure detto che debba trattarsi di una destra. Ciò di cui necessita la nostra povera Patria, schiacciata dall’arbitrio e dalle soperchierie del potere, è un nuovo, grande movimento di popolo, il cui obiettivo primario sia la riconquista delle libertà fondamentali: il rispetto dei diritti dell’uomo, l’inviolabilità del domicilio, la segretezza della corrispondenza, la presunzione d’innocenza fino al terzo grado di giudizio, la sicurezza per strada e nelle case, un fisco equo , compatibile con lo sviluppo, una effettiva libertà religiosa e di coscienza, la tutela della proprietà privata, della salute e dell’ambiente. Tutti diritti solennemente riconosciuti dalla nostra Costituzione, che però sembra divenuta oggi carta straccia.

Se ci chiediamo quali siano i motivi di tale degenerazione , la risposta non può che essere una: il vigente modello sociale , di sviluppo e di crescita è totalmente superato e non permette una effettiva governabilità del sistema. Ciò provoca l’esplodere di una completa anarchia, che col tempo conduce inevitabilmente alla disgregazione del corpo sociale; a questa si risponde con una proliferazione legislativa abnorme e con l’assunzione di atteggiamenti autoritari che però rasentano il ridicolo, come quelli esibiti dall’ineffabile Renzi, personaggio da operetta buffa che minaccia tuttavia di trasformarsi in tragedia. La situazione sembra dar ragione a Carlo Marx: la storia si ripete, la prima volta in chiave di dramma, la seconda in chiave di farsa.

La nostra epoca richiama, mutatis mutandis, la fine della seconda guerra mondiale, caratterizzata dalla nascita dei cosiddetti Comitati di Liberazione, insalate russe di partiti spesso distantissimi fra loro, ma uniti dal comune intento di scacciare i fascisti dal governo e sostituirsi a loro. Le scelte che oggi siamo chiamati a compiere ci conducono a conclusioni analoghe. I diversi movimenti di popolo che si sviluppano un po’ in tutta Europa, quali Syriza in Grecia, Podemos in Spagna, il Lepenismo in Francia, e simili, secondo la catalogazione tradizionale appartengono sia alla destra che alla sinistra, ma tali distinzioni perdono di valore tenendo conto che l’obiettivo comune è la lotta contro i poteri criminali, finanziari e bancari, il cui unico scopo è l’asservimento degli Stati nazionali ai loro bassi interessi. L’esempio greco dimostra che se la destra e la sinistra si alleano contro la nuova tirannide mafiosa, questa può essere vinta.

Tornando al ragionamento di Veneziani, concludiamo quindi che il nuovo movimento di popolo che sorgerà a difesa della libertà e dei suoi valori, se vorrà prevalere non dovrà identificarsi con la toponomastica tradizionale della politica, risalente alla Rivoluzione francese, bensì dotarsi di un progetto di società nuovo e coerente, all’altezza dei gravissimi problemi , interni e internazionali, del mondo di oggi. Esso trarrà ispirazione da istanze di tutte le parti interessate alla salvaguardia dei diritti umani.

Le mie conclusioni oltrepassano perciò quelle stesse suggerite dal pregevolissimo articolo di Marcello. Egli raccomanda infatti alla destra di fare autocritica per rinnovarsi. A mio parere questa dovrebbe ancor meglio cessare di definirsi tale, per assumere una veste più onnicomprensiva e chiara. Sull’eventuale nome preferisco non esprimermi, ritenendo che la sua scelta necessiti di ben maggiore approfondimento e condivisione. Qualunque sia, però, dovrà richiamare i valori della libertà, della dignità umana, della partecipazione e del vero progresso, contrapposto all’oscurantismo reazionario, cieco e ipocritamente bigotto di chi si bea della propria millantata superiorità morale, mentre farebbe meglio a nascondersi per la vergogna, dovuta alla disonestà, ottusità e piccineria mentale da cui si mostra affetto.

Carlo Vivaldi-Forti