Gianella 400Quando in questo Cantone si parla di padroncini e distaccati l’indignazione è sulla bocca di tutti ma le soluzioni politiche scarseggiano. Ma anche quando sono state presentate delle proposte percorribili, e ci sono state, la maggioranza di questo Governo, quella rappresentata dai partiti storici, spesso non è stata in grado di farle sue e di concretizzarle. E il sospetto fondato è che ciò sia avvenuto sulla base di un pregiudizio politico e non, come dovrebbe essere, sulla scorta di valutazioni tecniche sulla bontà o meno della proposta.

In questi giorni vi è un esempio lampante che avvalora la tesi appena esposta. Il compianto Consigliere di Stato Michele Barra aveva, a suo tempo, dato mandato ad un gruppo di lavoro, del quale ho avuto il piacere di fare parte, per trovare delle soluzioni, anche in ambito fiscale, per frenare l’invasione dei padroncini. Una delle proposte frutto di quel lavoro era semplice e di facile applicazione: introdurre lo scambio d’informazioni fiscali spontanee per questi lavoratori di oltre confine. Il meccanismo era il seguente: il Ticino avrebbe dovuto chiedere a Berna di poter inviare di propria iniziativa, spontaneamente insomma, al fisco italiano i dati di padroncini e distaccati presenti sul nostro territorio. In questo modo l’Agenzia delle Entrate avrebbe potuto verificare se il lavoratore italiano dichiarava effettivamente tutto quello che guadagnava in Svizzera.

La “minaccia” di inviare questo genere di dati al fisco italiano sarebbe stato un forte deterrente verso tutti coloro i quali non giocavano “pulito” con la fatturazione. Padroncini e distaccati sarebbero stati costretti a dichiarare quanto guadagnato in Svizzera e a pagarci sopra il 50% di tasse. Questo fattore avrebbe gioco forza influenzato il costo delle prestazioni dei padroncini, i quali avrebbero dovuto adeguare le loro fatture tenendo conto delle imposte.

In chi faceva parte di quel gruppo di lavoro c’era quasi la certezza che il Consiglio di Stato si sarebbe pronunciato favorevolmente su questo provvedimento. Tanto che si pensava di diramare immediatamente un comunicato stampa con la decisione. Le cose però non andarono in questo modo. Il Governo mancò di coraggio e rigettò quella soluzione, dimostrando ancora una volta un’inadeguatezza politica ad affrontare i problemi legati al mondo del lavoro dotandosi di strumenti adeguati al momento da implementare con la dovuta risolutezza.

Fine della storia? No. Dopo quasi due anni infatti, lo stesso Governo, il 5 marzo 2015, ha divulgato un comunicato stampa a proposito dell’accordo fiscale fra Svizzera e Italia: “Il Consiglio di Stato ha chiesto alla Confederazione di inserire nel nuovo accordo sui frontalieri un articolo che prevede lo scambio di informazioni spontaneo sui redditi conseguiti dai  lavoratori indipendenti e dai lavoratori distaccati sul territorio di uno Stato da parte dei residenti nell’altro Stato”. Una frase che riassume in poche righe la proposta portata avanti da Michele Barra.

I partiti storici e i loro rappresentanti in Governo, per sciocche questioni di lotta politica, hanno perso due anni di tempo, facendoli perdere al Ticino e ai ticinesi, evidentemente senza preoccuparsi delle conseguenze. E anche se qualcuno si appella alla scusa che allora non c’era la base legale, tutti sapevano che la stessa sarebbe arrivata ma si è preferito far finta di niente. Il risultato oggi è che molti altri artigiani sono rimasti senza lavoro o rischiano di fallire da un momento all’altro. Chi vuole governare questo Cantone nei prossimi anni non deve più permettersi di ignorare delle proposte concrete, da qualunque parte politica arrivino, trincerandosi dentro il mantra del “Non si può fare”. Si, che si può! E aggiungerei anche: Sì che dobbiamo, per il Ticino e per i ticinesi!

Elisabetta Gianella
Candidata al Gran Consiglio per I Verdi del Ticino