Pereira Mestre (2)Caro lettore, permettimi di raccontarti questa storia. È la vicenda di un lavoratore ticinese che è diventato prima disoccupato e poi di serie B quando lo Stato e l’economia lo hanno abbandonato. Non me ne volere se non parlo di disoccupazione giovanile che è un grosso problema, oppure se non ti riporto dati o statistiche, questo articolo è scritto con il cuore, leggilo così.

Ti racconto la storia di un uomo di 55 anni con alle spalle molte esperienze lavorative. Ha iniziato con un diploma di disegnatore edile con specializzazione di assistente nei cantieri. In seguito ha preso in gestione il ristorante del padre che si era ammalato gravemente, portando avanti una tradizione di famiglia. Questo ristorante lo ha gestito egregiamente sino all’età di 50 anni, quando la crisi e le troppe spese lo hanno sopraffatto e il locale è fallito. Da qui inizia uno dei periodi più duri della sua vita.

Fa diversi lavori saltuari ma inevitabilmente deve ricorrere alla disoccupazione. Ha una figlia piccola, il suo amore, ma anche la sua prima preoccupazione. Non molla, cerca insistentemente lavoro, ogni cosa va bene pur di riprendere la dignità che gli è stata tolta ma la sua età è un limite per chi lo deve assumere. L’Ufficio Regionale di Collocamento non gli propone nemmeno una riqualifica, non si batte per lui, lo abbandona. Allora decide di diventare imprenditore di sé stesso. Ha una esperienza decennale di ristorazione e pensa che forse potrebbe gestire bene una paninoteca ambulante, per farlo bastano 15’000 CHF, prende fiducia ora, può avere una seconda opportunità ripartendo proprio da sé stesso.

Purtroppo però deve ricorrere ad un prestito e si rivolge a tutte le banche. Nessuno lo aiuta, nemmeno Banca Stato che è pubblica e dovrebbe avere sensibilità per persone come lui. La verità, confermata da direttori di banca, è che nel finanziare un capitale così piccolo il margine di guadagno per la banca è minimo e le spese uguali ad un prestito molto più cospicuo, il risultato è che gli chiudono la porta in faccia. Nessuno fa un prestito a un disoccupato. Si rivolge allora ad una Associazione benevola che aiuta a reperire microcrediti ma la risposta è che non si occupano di questo tipo di progetti (e di quali allora?).

Riassumendo dunque, l’economia, rappresentata dalle banche private, non lo finanzia perché i loro interessi sono il profitto. Lo Stato, rappresentato dagli URC e da Banca Stato, lo hanno abbandonato perché è troppo vecchio e perché anche nel pubblico l’interesse economico viene prima della dignità dell’individuo. Le Associazioni di settore lo hanno ignorato, non c’è solidarietà per lui.

Io non ci sto! Penso che se si finisce in disoccupazione dopo aver lavorato oltre 30 anni, qualcosa nella vita si sa fare, e lo Stato ti dovrebbe aiutare ad avere una seconda opportunità. Immagino un microcredito statale che gli permetta di rilanciare la sua attività, magari con l’aiuto di un consulente dello Stato o di una Associazione di settore. Costerebbe molto poco alla società considerato che non finirebbe in assistenza, riavrebbe la sua dignità, potendo guardare sua figlia senza sentire il vuoto dentro che ti lascia il vivere senza lavoro. Per convincere la politica e lo Stato di questo, purtroppo, ci vuole tempo e lui non ce l’ha più.

Da qui il mio appello, all’economia che abbia il coraggio di credere in un ticinese con esperienza, a tu che leggi, di pensare a come lo potresti aiutare: troviamogli insieme un lavoro o un credito e avremo dato un senso alla nostra giornata.

Ricardo Pereira Mestre, medico e Candidato PLR al Gran Consiglio