Soldati G 2006 o 7 mesi fa un centinaio di “eminenti ed esimie personalità” di livello nazionale e cantonale (spiccava tra di loro l’ineffabile e inossidabile Paolo Bernasconi) hanno lanciato un appello (frutto, stando alle informazioni trapelate, di accurate ricerche filologiche di Remigio Ratti) in favore di un “dibattito sereno e fattuale” circa le relazioni tra Svizzera e Unione Europea. Non che abbia una qualche dimestichezza con personalità cotalmente eccelse, ma presumo che volessero rimettere in discussione tutte le decisioni prese dal popolo svizzero democraticamente convocato alle urne dal 6 dicembre 1992 in poi. Mi immaginavo che le suddette personalità, tutte dotate di sostanziose pensioni, facilitazioni di trasporto e alloggiamento incluse, avrebbero cominciato a battere il patrio suolo fin nei suoi più reconditi anfratti per propagare il verbo della ragione e della solidarietà. Invece no; soddisfatti dell’entusiastica accoglienza mediale riservata al loro appello, sono ritornati alle loro strameritate pensioni e quiescenze e chi s’è visto s’è visto.

A proposito di dibattito sereno, uno spunto per riprendere il discorso l’ha fornito loro, pochi mesi fa, non so se volontariamente o no, Franco Celio, ricordando in una lettera al CdT la votazione voluta nel 2001 dai “nati il 7 dicembre”, con il disastroso risultato di un 80% di no a quanto da loro ingenuamente auspicato. A differenza delle eminenti ed esimie personalità questi nati in ritardo erano giovani ed inesperti, e perciò più che scusabili. Comunque sia, in analogia alla loro denominazione basata su una data fatidica mi permetto di proporre, in tutta umiltà e solo per facilitare la reciproca comprensione, di dare l’appellativo di “nati il primo aprile” alle nostre eminenti ed esimie personalità, tutte più che esperte e di non lontana senescenza. A condizione, naturalmente e logicamente, che al “dibattito sereno e fattuale” venga sottoposto anche l’esito della votazione dei “nati e subito scomparsi del 7 dicembre 1992”.

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Kurt Schiltknecht è un economista che è stato alto dirigente, ma non presidente, della BNS. Alternandosi con Silvio Borner, professore emerito sulla cattedra di economia di Basilea, conduce la rubrica della “Weltwoche” che si occupa di questa materia. Tutti e due sono convinti sostenitori del libero mercato, con la minor quantità possibile di ingerenze della politica. In un recente articolo Schiltknecht ha posto alcune domande ai suoi lettori, domande a cui ognuno di noi dovrebbe cercare di dare una risposta. E`per questo motivo che le ripropongo qui:

1. Fate il nome di un qualsiasi paese che abbia risolto i problemi degli inquilini a generale soddisfazione con le limitazioni e i controlli degli affitti, con le sovvenzioni o con la costruzione di case ad affitto moderato.

2. Quale paese è riuscito a generare una crescita duratura e una bassa disoccupazione aumentando a dismisura la massa monetaria in circolazione.

3. Date un nome agli stati che grazie ad imposte altissime, a pesanti misure di ridistribuzione e ad un alto livello di appropriazione statale del patrimonio nazionale sia riuscito a produrre un aumento significativo e duraturo dei redditi bassi e medi.

4. In quale paese è stato possibile aumentare sensibilmente la durata media di vita senza un aumento delle spese sanitarie.

5. Quali sono i paesi industriali che grazie a sovvenzioni, a misure protezionistiche o a una moneta debole hanno aumentato la loro concorrenzialità internazionale.

Una risposta l’ha fornita lui stesso, rivolta soprattutto ai giovani che si candidano per la prima volta ad una carica politica: questi paesi non esistono! Risposta che condivido.

E continua, l’economista, con una considerazione che vale la pena di riprendere. I politici non devono necessariamente essere economisti, ma prima di prendere le loro decisioni non dovrebbero mai dimenticare che gli attori del mondo economico non si lasciano manovrare come marionette e non sono sempre disposti ad accettare che si imponga loro quel che devono o possono fare. Normalmente cercano di eludere le misure invise. E, peggio ancora, quando le limitazioni si appesantiscono oltre misura limitando la libertà, sparisce anche la creatività e la volontà di fare, che sono le molle del successo economico.

Personalmente ritengo che le considerazioni di questi due eminenti economisti possano e debbano essere condivise. Ma ritengo anche che molti dei guai e dei problemi che abbiamo attualmente nel nostro paese sono da imputare ai difetti e alle manchevolezze di molti attori del mondo economico, troppo attenti, quando producono ricchezza per tutti noi, a preoccuparsi in primo luogo della propria. Al proposito, qualche domanda agli illustri economisti la saprei porre anch’io.

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Quando il 17 febbraio 2008, a seguito di intensi bombardamenti della Serbia a suon di uranio impoverito, la Nato permise ai ribelli albanesi del Kosovo di autoproclamare la propria indipendenza, che ledeva gravemente il diritto delle nazioni (in questo caso la Serbia) alla propria integrità territoriale, la Francia si distinse riconoscendo il nuovo stato il giorno seguente, la Germania 2 giorni dopo, 19 febbraio. Perché abbiano aspettato così tanto, si fa per dire, non si è mai saputo, anche se si può facilmente capire. La Svizzera, solitamente molto prudente, si decise dopo 10 giorni, sotto l’impulso della ministra degli Esteri d’assalto a nome Michelina Calmy-Rey. L’ultimo stato a riconoscere il Kosovo sono state le Isole Salomone, nel 2014. Numerosi, più di una cinquantina, sono quelli che ancora non riconoscono.

Nel 1937 la Svizzera fu il primo stato a riconoscere l’A.O.I, Africa Orientale Italiana, fresca conquista delle truppe di Mussolini, seguita un anno dopo da Olanda e poi dal Belgio. Non conosco i motivi di tanta fretta, ma mi punge il dubbio che possa esser stata motivata dalla notoria simpatia di Giuseppe Motta per il dittatore-conquistatore. L’offesa fatta al (provvisoriamente) deposto imperatore Hailé Selassié, fuggiasco in Inghilterra, fu tanto grave quanto inutile.

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La Signora Merkel in conferenza stampa con Obama a Washington: “Senza il rispetto dell’integrità territoriale (si riferiva all’Ucraina) è messa in pericolo la pace in Europa”. Un principio sacrosanto, quello dell’integrità territoriale, che più sacrosanto non si può. Per fortuna, quando nel 2008 si trattò di togliere il Kosovo alla Serbia, la Nato (leggi USA) e i suoi servitorelli europei avevano a disposizione un altro articolo del diritto dei popoli, altrettanto sacrosanto di quello che concerne il territorio di uno stato: il diritto dei popoli all’autodeterminazione. Che non vale però per gli ucraini dell’est, per i moldavi, come non vale per i baschi o per gli irlandesi. Giocando sui due articoli in aperto contrasto tra di loro la Nato (leggi sempre USA) e gli accoliti europei mettono in atto le loro prevaricazioni ammantandole (e mascherandole) sotto le candide vesti del diritto dei popoli. Un diritto ad usum delphini che il nostro Consiglio federale vuol fare applicare anche al nostro paese, adoperandolo per annullare le decisioni popolari che non gli piacciono. Per esempio quella del 9 febbraio 2014, che, Sommaruga dixit, non rispetta il principio della proporzionalità.

Gianfranco Soldati, candidato al Gran Consiglio per “la Destra”