Tullio (3)Archiviate le elezioni cantonali e in attesa che il Parlamento si costituisca, l’Esecutivo è già al lavoro. Dell’ultima chiamata alle urne si è già detto tutto o quasi. Questa tornata, attesa perché in preparazione da almeno dodici mesi, se non da quattro anni come qualcuno afferma con sicuro realismo, sarà ricordata per alcuni risultati particolari che cercherò di esaminare da quanto uscito dallo scrutinio, con qualche logica deduzione circa le intenzioni degli elettori e le conseguenze nel futuro.

Anzitutto per la prima volta il Ticino ha votato per corrispondenza in una elezione cantonale. Un successo enorme, con l’utilizzo della nuova possibilità da parte dell’83% degli elettori. Questa facilitazione ha avuto come conseguenza un incremento della partecipazione alle urne ad oltre il 62%, una percentuale di tutto rispetto, al primo posto in Svizzera: una vittoria della democrazia. Il voto da casa non può considerarsi inficiato da un paio di squallidi casi di tentato broglio elettorale. Quello della vendita di schede tramite Facebook è dovuto a motivi finalizzati al guadagno di qualche franco, in totale disprezzo del valore dei diritti civici e della dignità del cittadino elettore. L’altro è, a mio giudizio, ancor più grave, perché perpetrato da un consigliere comunale attivo in politica. La dichiarata ignoranza della legge e delle sue conseguenze non fa che aumentare la gravità dell’atto irresponsabile.

Legittimo il rammarico, è anche il mio, per la mancanza di donne nell’esecutivo. Qualcuno però ha definito la nuova situazione con parole esagerate: “una catastrofe”, ha detto una candidata al Consiglio di Stato. È il caso di aggiungere: “Non esageriamo!”. Sulle liste per il Governo non c’era una presenza femminile in grado di aspirare seriamente a un posto di ministro. È ben vero che oggi ci sono stati casi nei quali si è passati dalla totale inesperienza politica all’assunzione di importanti responsabilità nella gestione della cosa pubblica. Ma non è la regola e il voto del 19 aprile lo ha confermato. La mancanza di gentilsesso nel Governo è peraltro riequilibrata dall’aumento, da 14 a 22, delle donne in Parlamento.

I numeri della conta delle schede e dei voti è eloquente. La Lega ha vinto perché ha mantenuto il secondo seggio e ha progredito in Gran Consiglio. Il PLR ha perso perché non ha raggiunto l’obiettivo dichiarato. Si consola con due buone votazioni, con l’aumento di un seggio nel Legislativo e soprattutto ha invertito il trend al ribasso che durava da tante legislature, e che sembrava irreversibile. PPD e PS, dei partiti storici, sono i grandi perdenti, forse ai primi manca oramai il vecchio e consolidato referente cattolico, ai secondi manca la vicinanza della gente, che crede sempre meno nell’utopia di sinistra e guarda ai fatti concreti, non alle teorie. Sono state bruciate le aspirazioni dei Verdi che forse avevano posto l’asticella troppo in alto. Da parte sua l’UDC ha fatto flop con La Destra. La mancanza di candidati capaci di coinvolgere l’elettorato è evidente, né il cambiamento di intestazione della lista ha sortito miracoli. Su cinque eletti due sono di AreaLiberale, un movimento che, al momento, non può certo vantare particolari credenziali di seguito elettorale.

Un altro dato di fatto, oltre al successo di Montagna Viva e dei comunisti che peraltro rimangono in pochi, è il grande uso che è stato fatto del panachage, usato generosamente un po’ da tutti. Sancisce il tramonto del “voto secco” tanto apprezzato in passato. È la dimostrazione che si guarda sempre più alla persona che al colore della sua casacca. Da ultimo, ma non per importanza, la scheda senza intestazione. Sia a livello di Governo che di Gran Consiglio ha raggiunto percentuali che superano quelle di PPD e di PS. In teoria avrebbe fatto un ministro e 18 o 19 deputati. Questo atteggiamento dell’elettorato è anche una palese critica al nostro sistema di voto. Personalmente lo interpreto come una gran voglia di maggioritario. Di questo i partiti dovranno prendere nota e adeguarsi nei prossimi anni.

TULLIO RIGHINETTI – già Presidente del Gran Consiglio

(pubblicato nel CdT e riproposto con il consenso dell’Autore)