Se il portale Ticinolive avesse diritto di voto… non mancherebbe di votare un bel NO tondo tondo. Lui (il portale) borbotta, infastidito: domandiamoci sempre per che cosa paghiamo e per che cosa vogliono farci pagare!

Eccellente articolo di Quadri. Viene da chiedersi: se simili articoli non li scrive Quadri, chi li scrive?

Michele e Quadri

Il prossimo 14 giugno i cittadini elvetici saranno chiamati a votare sulla modifica della Legge sulla radiotelevisione che mira a rendere il pagamento del canone obbligatorio per tutti. In concreto ciò significa che si voterà sull’introduzione di una nuova imposta per foraggiare la SSR.

Il “sofisticato” argomento con cui si tenta di giustificare l’ingiustificabile nuova imposta è il seguente: visto che a non possedere apparecchi di ricezione sono in pochi, tassiamo allegramente tutti che è più semplice. Se qualcuno pensa che una simile teoria permetterà di “vincere facile”, forse ha sbagliato i conti.

Obbligo illiberale
Il canone radioTV è proprio il classico esempio di tassa causale. Visto che la radiotelevisione non è di certo un servizio di base ai cittadini, dal momento che si può stare benissimo senza, è ovvio che la deve pagare solo chi ne usufruisce. Invece ecco che ora si tenta di sdoganare la svolta in stile Corea del Nord: uno stato sedicente liberale (non in senso partitico) obbliga i cittadini a pagare per la Tv pubblica anche se non dispongono, né vogliono disporre, di apparecchi di ricezione. Perché, a questo punto, non obbligare tutti ad abbonarsi ad un giornale?

Pagare per non usufruire
Quindi la nuova imposta pro SSR la pagherebbero anche persone anziane o invalide che hanno problemi di vista e/o di udito e pertanto non guardano la televisione né ascoltano la radio; pagherebbe anche chi vive in zone discoste con scarsa o nulla copertura; e pagherebbe anche chi, in tutta legittimità, non ne vuole sapere di acquistare apparecchi di ricezione e di usufruire del servizio proposto perché – ad esempio – non gli sta bene che un ente che dovrebbe, con i nostri soldi, produrre informazione di servizio pubblico, quindi equidistante, non perda occasione per fare sfoggio di partigianeria.

Per non farsi mancare nulla, a pagare la nuova imposta pro SSR saranno chiamate anche le aziende. Perché notoriamente sul posto di lavoro non ci si va per lavorare: ci si va per sollazzarsi davanti al video. Oltretutto, ci troviamo confrontati con un flagrante caso di doppia imposizione: il canone già lo pagano il titolare dell’azienda e i dipendenti (se vivono in Svizzera).

La trappola fiscale
“Ma si pagherà meno” obiettano i fautori della nuova imposta pro SSR. Uno slogan che ricorda la settimana francese di 35 ore: “lavorare meno per lavorare tutti”. Si è visto come è andata a finire. Il “si pagherà meno” è un semplice specchietto per le allodole pre-votazione. Succederà invece proprio il contrario. La nuova imposta viene introdotta senza una base legale sufficiente: servirebbe infatti una modifica costituzionale. Non solo. Anche il “quantum” necessiterebbe di venire iscritto in una legge. Niente di tutto questo accade. Il Consiglio federale, a manina con la SSR, via ordinanza potrà aumentare a piacimento il canone-imposta, senza che nessuno – nemmeno il parlamento – abbia a fare un cip. Tempo qualche anno ed il conto schizzerà verso l’alto. Le prime avvisaglie già ci sono. Ma soprattutto, la storia insegna. E dice che, nel giro di 25 anni, il canone è aumentato del 65%.

La modifica della LRTV sottoposta a votazione è dunque una trappola fiscale: il beneficiario potrà aumentare la pillola a carico del contribuente a proprio piacimento e senza controllo. Con buona pace del principio dell’utilizzo razionale delle risorse!

Tutti possono?
Altro argomento dei fautori della nuova imposta – e quindi del “tutti paghino il canone”: praticamente ogni economia domestica (?) disporrebbe oggi di un computer con collegamento internet o di un tablet o di un telefonino, che permettono di accedere in rete ai programmi televisivi. Questa tesi non solo è arrampicata; è anche falsa. Non è vero che tutti possiedono computer o dispositivi da cui si può accedere ai programmi. E soprattutto, questi apparecchi hanno altre finalità. La scelta dei produttori di farcirli di funzioni accessorie non può essere fatta scontare agli acquirenti.

Servizio pubblico?
“Ma il servizio pubblico…” obiettano ancora i fan della nuova imposta. A parte che il servizio pubblico prima di invocarlo bisognerebbe farlo, e nel caso della SSR – RSI compresa – al proposito si potrebbe discutere a lungo, si rileva che il servizio peggiora. La RSI 2 è destinata a trasformarsi in canale internet (e dove non c’è la banda larga, ti saluto Rosina); Cablecom ha annunciato per luglio la soppressione della diffusione analogica: chi ha un vecchio televisore dovrà cambiarlo. Il servizio peggiora, ma si pretende di introdurre una nuova imposta, aumentabile a discrezione, per finanziarlo. La recente vicenda dell’IVA prelevata illegalmente sul canone dimostra inoltre che esso è troppo caro e calcolato in modo non trasparente.

Chi non paga?
Vale pure la pena ricordare che la nuova imposta servirebbe anche a finanziare gli stipendi da mezzo milione all’anno (più di un consigliere federale) dei manager radiotelevisivi. Che simili stipendi rientrino nel concetto di servizio pubblico è un po’ difficile da sostenere.

E non poteva mancare la ciliegina sulla torta: l’imposta SSR la pagheranno i ciechi, i sordi, chi non ha né radio né televisore. Continueranno a non pagarla, per contro, i dipendenti dell’azienda. Per loro provvederà il datore di lavoro. Con i nostri soldi. Ah, però! Questa sì che è “equità”!

Lorenzo Quadri, consigliere nazionale, Lega dei Ticinesi