Treno 4I Verdi si battono alla morte per la loro iniziativa, sostenuti anche dalla Lega. Gli imprenditori non ne vogliono sapere. Il “momento della verità” si avvicina a grandi passi!

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L’ultimo treno per regolare il mercato del lavoro è già sui binari, ma c’è ancora chi indugia a salirvi. All’opposizione di alcune associazioni padronali si affianca quella di alcuni sindacati e dell’estrema sinistra. I primi temono che l’applicazione dell’iniziativa porterà a decretare salari troppo alti, gli altri temono per un’applicazione al ribasso dell’iniziativa, dimenticando che il popolo svizzero ha appena bocciato un’iniziativa federale per un salario di 4000 franchi.

Delcò Petralli 123 (2) xSia gli uni sia gli altri tentano di giustificare la loro posizione sollevando un polverone su una pretesa inapplicabilità dell’iniziativa. I dubbi sono infondati. Intanto è bene ricordare che l’iniziativa è conforme al diritto superiore, in particolare è conforme alla costituzione federale ed anche alla libertà economica, come rammentato dallo stesso Tribunale federale. Se non lo fosse stata il Gran Consiglio l’avrebbe dichiarata irricevibile, invece l’ha approvata nel marzo di quest’anno.

Quanto alla sua applicabilità occorre ricordare che l’iniziativa introduce solo un principio nella costituzione. Sarà poi la legge di applicazione a definirne i criteri di applicazione. L’iniziativa vuole introdurre un diritto sociale nella costituzione, e meglio il diritto per tutte le lavoratrici ed i lavoratori occupati sul suolo cantonale a un salario dignitoso. E questa è la prima parte. Bisognerà quindi stabilire qual è questo salario “dignitoso” minimo, sotto il quale non si potrà più scendere.

In seconda battuta l’iniziativa prevede che, dove un salario minimo non è previsto da contratti collettivi di lavoro (e l’iniziativa non poteva scavalcarli altrimenti avrebbe violato la libertà contrattuale e i diritti sindacali), dovrà essere fissato dallo Stato in base ad una percentuale del salario mediano svizzero per settore economico e per mansione. Semmai sussiste, la difficoltà di applicazione è per questa seconda parte dell’iniziativa, mentre si potrà immeditatamente concretare la prima parte dell’iniziativa.

Il Tribunale federale ha sentenziato che un Cantone può, per motivi di politica sociale, fissare dei salari minimi purché calcolati secondo i criteri delle assicurazioni sociali. Giura e Neuchâtel, dove il popolo si è già pronunciato a favore di un’iniziativa analoga alla nostra, l’hanno già fatto. Avvalendosi dei criteri per il calcolo delle prestazioni complementari AVS/AI, che sono stabiliti a livello federale, i salari minimi decisi in quei due cantoni si situano tra i 19.25 franchi lordi l’ora e i 20 franchi lordi l’ora (salario mensile lordo 3500/3600). Non sono salari da re, ma è indubbio che sono superiori ai salari indignitosi pagati a 7000 residenti. E non sono pochi! Per fare un paragone, è lo stesso numero di persone che oggi deve ricorrere alle prestazioni assistenziali perché non ce la fa ad arrivare a fine mese. La spesa per queste prestazioni, a carico dei contribuenti, ammonta a 113 milioni all’anno. Un costo sociale destinato ad aumentare se non porremo un argine alla compressione dei salari.

E’ chiaro che chi in Parlamento ha votato a favore dell’iniziativa, spingerà per l’applicazione anche della sua seconda parte. A livello federale i Verdi svizzeri hanno depositato un atto parlamentare che chiede più autonomia legislativa ai cantoni per regolare il mondo del lavoro. Prima o poi anche il diritto dovrà adeguarsi alla situazione vissuta da buona parte della popolazione. In 30 anni di attività professionale ho vissuto innumerevoli revisioni legislative (pensiamo solo al diritto di famiglia e a quello del divorzio) e molti travasi di competenze dalla Confederazione ai cantoni e dai cantoni alla Confederazione.

Niente è per sempre, e tutto cambia. Muterà, ne sono sicura, anche il concetto di libertà economica, oggi sbandierato dalle associazioni padronali per opporsi alla nostra iniziativa e a salari minimi differenziati. Perché, è innegabile, la dignità del lavoro è prioritaria rispetto ad ogni altra libertà. Anche la libertà economica non è illimitata. Il suo limite è deciso dallo Stato. Riconoscendo, finalmente, che il mondo del lavoro vive un’emergenza sociale, fatta di disoccupazione, precarietà e dumping salariale, la priorità di tutela sarà spostata sui diritti delle persone che vivono e lavorano in Ticino.

L’iniziativa vuole appunto favorire il riconoscimento di tale priorità. Chi invece si oppone all’iniziativa sperando che arriveranno altri treni di 4000 5000 o 6000 franchi mensili ha sbagliato binario. Infine, chi crede che i contingenti, proposti dall’UDC e votati dal popolo, risolveranno il problema, non ha ancora capito che i contingenti, sempre ammesso e non concesso che arriveranno, non serviranno a nulla senza salari minimi. I circa 80’000 permessi rilasciati in Ticino (più del numero dei frontalieri attivi sul territorio) manterranno la loro validità e quindi sarà ancora possibile speculare sulla concorrenza al ribasso della manodopera d’oltre frontiera e anche sui permessi L di breve durata (esclusi dai contingenti). I costi sociali di questa politica, miope, ricadranno su tutti i cittadini e soprattutto sulla classe media, quella che più di altre sopporta i costi sociali.

Michela Delcò Petralli, in Gran Consiglio per i Verdi