“Una sorta d’Unione Sovietica in salsa occidentale”

grecia 400AVVERTENZA. Ticinolive accetta anche contributi a favore dell’UE. Al momento non ne pubblica perché non ne ha. E la Redazione non è in grado di scriverne, proprio non ce la fa.

Il dottor Pio Eugenio Fontana, presidente dell’associazione Libertà e Valori, lucido e severo si esprime sul marasma greco in forma di intervista, conversando con Francesco De Maria.

Pio E Fontana 1 smIn quale misura ha “vinto” la Grecia e “perso” l’Unione Europa?

Pio Eugenio Fontana   Credo che attualmente non abbia senso parlare di vincitori e vinti. Più corretto è riconoscere che il voto greco è un atto, simbolicamente e politicamente molto importante, con il quale un popolo ridotto in miseria dai giochi dell’oligarchia finanziaria europea si ribella alla svendita della sovranità nazionale ed alla condizione di servitù in cui lo si vuole costringere. Esulando dal mare di fandonie che ci vengono propinate dai media asserviti al potere di Bruxelles, i fatti sono distinguibili abbastanza facilmente, purché li si cerchi con un minimo d’onestà e competenza. La Grecia è un paese economicamente assai fragile (in realtà molto simile, per mentalità e dinamiche sociali, al sud d’Italia) che è stato accettato (o, sarebbe forse più appropriato dire, spinto) all’interno dell’Unione Europea nonostante fosse chiarissimo a tutti (a partire dal governanti tedeschi) che mai sarebbe stato in grado di far fronte agli standard economici richiesti. Perché è stato deciso così? Da un lato l’Unione Europea, come tutte le organizzazioni politico-finanziare volte a dominare l’economia ed i mercati, ha la necessità di espandersi continuamente per non implodere (non diversamente da quanto fanno gli Stati Uniti e faceva l’Unione Sovietica). Dall’altro, i soldi prestati dai paesi più ricchi (provenienti dalle tasse pagate dai loro cittadini) ai greci sono stati da questi utilizzati per acquistare beni che non potevano permettersi e che i paesi ricchi stessi gli hanno venduto. Le politiche d’austerità imposte dall’Unione Europea ai paesi più deboli sembrano aver portato a qualche risultato positivo in Spagna, molto meno in Italia ed in Portogallo. In Grecia, invece, sono riuscite a far precipitare la situazione, imponendo sacrifici terribili ad una popolazione che è ormai stremata: dopo 7 anni di penitenza, la disoccupazione è salita al 25% (superiore a quella degli USA della Grande Depressione), gli stipendi e le nascite sono crollate, così come il gettito fiscale. I tagli alla spesa pubblica (sanità, scuole e pensioni), contrariamente a quanto affermato dalle nostre parti, hanno superato ogni record ed hanno ridotto sul lastrico tantissime famiglie. Vi è stata un’impennata dei suicidi, del numero di persone di ogni età che non hanno più la possibilità di nutrirsi a sufficienza e della mortalità infantile. Il premio Nobel Paul Krugman ha affermato che «l’economia greca è crollata, in gran parte a causa di tali misure di austerità, trascinando le entrate dello stato verso il basso». Per il momento è difficile dire se gli oligarchi UE, accecati dal delirio di onnipotenza e d’impunità in cui cadono sempre, prima o poi, i tiranni, hanno solo perso il contatto con la realtà, vogliono veramente scatenare una guerra civile in Grecia od entrambe le cose. Di certo hanno dimenticato che non si può spremere sangue da chi non ne ha più e che la fame spinge anche le pecore a trasformarsi in leoni.

Quali previsioni formula per i prossimi giorni, come reagirà la Merkel e, più in generale, la UE?

PEF   Probabilmente dovranno far buon viso a cattiva sorte e dimostrarsi aperti al proseguimento delle trattative. Anche se, all’interno dell’establishment di Bruxelles, si è dimenticato da molto tempo il vero senso della parola “democrazia”, dovranno simulare comprensione e moderazione. Il voto greco li ha infatti messi al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica europea e mondiale. Con la raccolta di firme in Austria per uscire della UE, le alzate di testa del governo ungherese ed il referendum che Cameron dovrà comunque tenere in Gran Bretagna sullo stesso tema, c’è poco da scherzare: mostrare il loro vero volto potrebbe costargli carissimo.

Quale significato attribuisce alle dimissioni di Varoufakis?

PEF   Probabilmente si tratta di un diktat imposto dalla Troika per poter proseguire i negoziati. Non sappiamo esattamente quanto è costata la sua testa. È però probabile che il nuovo ministro delle finanze, Tsakalotos, non sarà molto più malleabile.

Quali sviluppi della crisi vorrebbe?

PEF   Considero l’Unione Europea, così come è strutturata attualmente, incompatibile con la democrazia e la libertà in Europa, in sostanza una sorta d’Unione Sovietica in salsa occidentale, e non posso che auspicare un effetto domino che porti i popoli d’Europa a riappropriarsi dei loro diritti, in particolare quello alla sovranità, all’identità ed alla autodeterminazione. In realtà è poco probabile che ciò si verifichi in tempi brevi e senza grandi sconvolgimenti a livello sociale, politico, economico e militare. Bernard Wicht, uno dei maggiori esperti svizzeri di politica internazionale e militare, insegnante all’Università di Losanna, ha previsto anni di gravissima crisi, caratterizzati dall’implosione degli stati nazionali e da conflitti tra i governi ed i loro popoli. A questo proposito, vale senza dubbio la pena di leggere il suo saggio “Une nouvelle Guerre de Trente Ans? Réflexion et hypothèse sur la crise actuelle”, pubblicato nel 2013 da Editions Le Polémarque.

L’Exit greco avrà qualche conseguenza per la Svizzera?

PEF   Poiché la sovranità, la democrazia ed il benessere della Svizzera sono attualmente sotto continuo attacco da parte della UE, ogni evento che mini la forza di quest’ultima potrebbe giocare a nostro vantaggio*. Anche se i danni sociali, morali ed economici che abbiamo subito in questi anni, certo anche per colpa della nostra stessa ignavia, sono di portata tale da non essere facilmente riparabili.

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* Sì, Dottore, questa è la nostra speranza! [ndR]