Come pensiero del giorno propongo un frammento, molto significativo, del discorso che il presidente del Consiglio di Stato Norman Gobbi ha rivolto, ieri a Locarno, a una platea di diplomatici.

norman_gobbi-2[…] Le difficoltà del Ticino sono quelle di un territorio che si sente la «zona sacrificale» della Confederazione; una parte di Paese che il Governo federale sembra aver scelto consapevolmente di abbandonare al proprio destino, mettendola nella condizione di pagare – da sola – il prezzo dell’interesse generale elvetico***. «La Svizzera sta bene e si disinteressa di noi», pensano oggi molti dei miei concittadini.

Questa sensazione è diffusa e non si limita al risultato del voto del 9 febbraio 2014, che certamente conoscete. Quel 68% di cittadini che ha votato «sì» ai contingenti sull’immigrazione è solo la punta di un iceberg di malessere; un malessere che – se non dovesse essere riconosciuto e affrontato da parte dell’amministrazione e della politica federale – non potrà che crescere, fino a mettere a rischio la nostra stessa coesione nazionale.

Sono molti i segnali negativi che in questi mesi sono davanti agli occhi dei miei concittadini ticinesi, che cominciano davvero a chiedersi quale sia il posto del Ticino nella Svizzera del XXI secolo.

Cosa pensa il resto della Confederazione – al sicuro e al riparo, dietro la catena delle Alpi – della pressione quotidiana sulla nostra frontiera meridionale? I nostri concittadini confederati sanno che dal Ticino ormai passa la linea di tensione fra l’Europa continentale e i disperati che attraversano il Mediterraneo in cerca di una vita migliore? E se lo sanno, perché sembrano indifferenti? […]

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(***) Non mancherà chi giudicherà esagerate queste parole. Non mi pronuncio, ma dico che può essere pericoloso contrapporre in un modo così netto il solo Ticino a tutti gli altri Cantoni.