Milano 1Non passa giorno che sui media non passino informazioni di ogni genere sui drammi umani d’intere popolazioni in fuga. Dalle barche affondate a picco alle persone gettate in mare, dai campi profughi ai raggruppamenti in massa sui confini tra uno Stato e l’altro.

Si sono consolidati oramai due flussi ben definiti e di non facile contenimento. Il primo arriva dalle zone di guerra, dove l’ISIS la fa da padrone. Specie dalle regioni curde, siriane, afghane ed irachene. Il secondo proviene dalle aree del Nord Africa e da altri Stati delle regioni subsahariane.

Ebbene, i drammi sono simili, ma non uguali nel contenuto. Da Est le persone scappano per non essere uccise, ree di appartenere ad etnie o religioni “sbagliate”, mentre da Sud la maggior parte scappa più per questioni economiche che per conflitti, anche se alcuni focolai sono accesi da tempo.

Galeazzi 400L’Europa politica e gli Stati Uniti sono in parte complici di questi flussi migratori. Se da una parte l’Ue non ha mai avuto voce in capitolo in politica estera fuori dai confini territoriali, (fa fatica pure in casa propria visti gli eventi di questi giorni) gli USA hanno sempre evitato di regolare, una volta per tutte, le pendenze da loro iniziate, lasciando cosi il lavoro sempre a metà e agli altri. Oggi, purtroppo, ci troviamo al punto che l’Europa continentale sta per esplodere, ma non solo dal punto di vista dell’accoglienza, nelle infrastrutture e negli spazi creati per contenere migliaia di poveri diavoli in fuga, ma anche a causa dell’aumento di rischi di sommosse e rivolte civili. Tutto ciò con forti conseguenze politiche, economiche, sociali e di ordine pubblico.

Ultimamente si sono notati accesi scontri, e non solo verbali, tra frazioni politiche, gruppi estremisti e cittadini comuni in Paesi come Germania, Italia, Francia, Grecia, Spagna e sul confine Serbo-Macedone, a pochi chilometri dall’Ungheria. Paese, quest’ultimo, che fa parte dell’accordo di Schengen, quindi meta di coloro che si mettono in fuga anche per questioni economiche.

La Svizzera si trova al centro del Vecchio Continente e, ovviamente, si trova sollecitata quasi quotidianamente. E’ riconosciuto da tanti che il nostro Paese è sempre stato accogliente (patria della Croce rossa internazionale) e solidale, disposto ad aiutare il prossimo, (in molti casi più dei cittadini elvetici). Oggi, però, abbiamo una politica federale sull’asilo completamente allo sbaraglio e non adatta alla situazione venutasi a creare negli ultimi anni. Le previsioni per l’anno prossimo ci parlano di un flusso di asilanti tra i 30’000 e i 50’000, senza contare coloro che entrano in clandestinità. Il budget 2015 per la Confederazione si aggira intorno a un miliardo di franchi. L’ostinazione della Consigliera federale Simonetta Sommaruga nel non applicare regole più incisive e rigorose, potrebbe portare a manifestazioni tensioni, scontri anche nel nostro Paese. La Svizzera, insieme ad alcuni Stati alleati, dovrebbe immediatamente correggere il tiro e rinegoziare il trattato di Schengen e di Dublino. Troppi si ostinano a non voler vedere e capire quanto sta capitando nei continenti vicino all’Europa. Questo tipo d’immigrazione non è più sporadico, ma sistematico. Non è più una questione di fuga temporanea, bensì di fuga con il solo biglietto di andata. Nessuno (Comunità internazionale) vuole ammetterlo e risolvere il problema a monte, cioè nelle zone di partenza. Questo per impedire che la gente fugga dal proprio Paese. Lo so anch’io che è utopico pensare di bloccare guerre in Medio ed Estremo Oriente, come è utopico pensare di andare in Africa e rimettere tutto a posto con un colpo di spugna. Troppi soldi, troppi interessi bloccano questo genere di riassetto geopolitico ed economico.

Ma se intervenire in loco per fermare l’emorragia risulta utopico, qualcuno potrebbe spiegare fino a quando la situazione attuale sarà tollerata dalle nostre strutture e popolazioni dei Paesi direttamente coinvolti? Se l’Ue fosse meglio organizzata, più credibile e non fosse un bluff patentato, sicuramente potrebbe collaborare meglio con gli USA e la Russia per interventi di contenimento laddove il problema nasce.

Anche la Svizzera potrebbe fare la sua parte, ma con una politica d’asilo di certo non come quella di oggi e possibilmente con un altro Consigliere Federale.

Tiziano Galeazzi, candidato UDC al Consiglio nazionale