Avv. Dr. Pietro Crespi, LL.M., notaio

Dr. Alberto Siccardi, presidente del Comitato d’iniziativa per la Civica nelle scuole

Crespi Pietro x

Bellinzona, 2 settembre 2015

Iniziativa popolare legislativa generica “Educhiamo i giovani alla cittadinanza (diritti e do­veri)”

Come d’accordo espongo qui di seguito in termini riassuntivi gli elementi di valutazione essenziali evidenziati nel mio esposto del 18 agosto u.s. sulla presa di posizione 25 marzo 2015 del Consi­glio di Stat alla Commissione speciale scolastica del Gran Consiglio riguardante l’iniziativa popo­lare legislativa generica “Educhiamo i giovani alla cittadinanza (diritti e doveri)”: esposto al quale rimando per quanto concerne le motivazioni e le argomentazioni di dettaglio.

I. PREMESSE
1.
Occorre ricordare che la valutazione giuridica dell’iniziativa contenuta nella presa di posizione 25 marzo del Consiglio di Stato si limita al punto 1 di quel documento (costituito da neppure tre pagi­ne). Per contro i punti 2, 3, 4 e 5 della citata presa di posizione (che si estendono su oltre 9 pagi­ne) trattano questioni di opportunità (ossia questioni politiche e non giuridiche). Ciononostante an­che nella sua valutazione giuridica, il Consiglio di Stato ricorre a più riprese a considerazioni politi­che, che nulla hanno a che fare con la questione della ricevibilità dell’iniziativa e che ostacolano una corretta e serena analisi della tematica.
2.
Da un profilo giuridico, per esplicita precisazione dello stesso Consiglio di Stato, la presa di posi­zione 25 marzo 2015 solleva tre tipi di censure.

• La prima riguarda un’asserita violazione del principio dell’unità della forma;

• la seconda censura riguarda un’asserita violazione del diritto superiore, mentre

• la terza attiene all’asserita inattuabilità dell’iniziativa relativa a quelli che ii Consiglio di Stato qualifica come “vincoli finanziari” che sarebbero posti dall’iniziativa.

Nonostante queste tre censure, il Consiglio di Stato non chiede di dichiarare irricevibile l’iniziativa ma consiglia alla Commissione speciale scolastica di far allestire da un perito esterno un “parere indipendente” sulla ricevibilità dell’iniziativa. Tale consiglio induce a dubitare sia che lo stesso Consiglio creda nelle da lui sollevate censure, sia che la sua valutazione sia indipendente (ciò che – in tema di diritti popolari – dovrebbe essere scontato).

II. L’ASSERITA VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DELL’UNITÀ DELLA FORMA

3. II Consiglio di Stato fonda la sua censura su di un parallelo con l’iniziativa “28 inceneritori basta­no”. Si tratta di un parallelo errato, già perché come noto quell’iniziativa aveva come dichiarato e palese scopo e contenuto di impedire “in zona Cesarini”, attraverso una moratoria, la costruzione del termovalorizzatore per il quale erano già stati compiuti tutti i passi necessari e contro i quali non era più possibile interporre, per esempio, referendum.

Per contro l’iniziativa “Educhiamo i giovani alla cittadinanza (diritti e doveri)” non prevede alcuna moratoria e non formula proposte che sostanzialmente equivalgono ad un puro e semplice divieto, direttamente applicabile. Essa non limita quindi (per usare la terminologia del TF in maniera “uni­voca, indubbia e ineludibile”) l’autonomia del legislatore.
4.
Per quanto attiene al merito si rileva sinteticamente quanto segue.

• Dottrina e giurisprudenza sono unanimi nell’affermare che le iniziative devono essere valu­tate secondo la volontà degli iniziativisti. Nel caso concreto l’iniziativa in questione è espli­citamente qualificata come generica e le precisazioni in essa contenute sono indispensabili per qualificarne i contenuti ed esprimere la volontà di rafforzare le norme oggi esistenti nell’insegnamento della civica.
• Emblematico è ad esempio il fatto che, per quanto concerne la durata delle lezioni, l’inizia­tiva indica solo un minimo di “almeno due ore al mese” (pari a neppure un’ora alla settima­na), lasciando piena libertà al legislatore di concretizzare tale indicazione.

• Contrariamente a quanto asserito dal Consiglio di Stato, non esistono poi neppure temati­che che per principio non possano essere disciplinate in modo generale e astratto dal Par­lamento.
• Il Consiglio di Stato travisa strumentalmente la proposta di ricavare il tempo necessario dalle ore di storia (in modo da evitare un aumento delle ore e dei costi) e, in palese contra­sto con il chiaro tenore dell’iniziativa, la tratta come se sancisse un obbligo.
• L’indicazione dell’art. 23 Legge sulla scuola nel testo dell’iniziativa, espressamente qualifi­cata come generica, indica solo l’articolo di legge su cui certamente occorre intervenire poiché oggi lì è disciplinato l’insegnamento della civica. Pretendere che tale indicazione precluda la facoltà del Gran Consiglio di modificare altre norme è pretestuoso è irrispettoso del ruolo del legislatore.

5.

II Consiglio di Stato non considera (e invero ignora del tutto) i principi unanimemente riconosciuti da dottrina e giurisprudenza e, segnatamente, i principi che sanciscono:

• la preminenza della volontà degli iniziativisti,

• l’esigenza di un’interpretazione coerente con la volontà degli iniziativisti e

• l’esigenza di un’interpretazione rispettosa della proporzionalità.

III. L’ASSERITO CONTRASTO CON IL DIRITTO SUPERIORE
Nel valutare tale infondata censura è d’uopo considerare quanto segue.

• Per quanto concerne la scuola media, ii Consiglio di Stato non indica alcun contrasto con il diritto superiore. Ne consegue che da questo profilo, anche per il Consiglio di Stato l’ inizia­tiva dovrebbe essere ricevibile: cosa che però nella presa di posizione del 25 marzo 2015 non si dice, violando fra altro il principio di proporzionalità.
• Nella sentenza sull’iniziativa “28 inceneritori bastano” il TF ha precisato che: “L’autorità chiamata a esaminare la validità materiale di un’iniziativa deve tuttavia interpretarne i ter­mini nel senso più favorevole agli iniziativisti: quando, applicando i metodi interpretativi ri­conosciuti, il testo di un’iniziativa si presti a un’interpretazione conforme al diritto superiore. essa dev’essere dichiarata valida e sottoposta al voto popolare”. II Consiglio di Stato, che pure ha citato ampiamente quella sentenza (in punti non rilevanti}, ha ignorato questo aspetto.
• L’argomento del Consiglio di Stato sulle ore massime di insegnamento per settimana è in questo contesto capzioso e infondato proprio perché riferito ad una peculiarità del sistema ticinese. Segnatamente, per usare le parole del Consiglio di Stato, tale ragionamento si fonda sul fatto che “il nostro calendario è basato sulle 36.5 settimane di insegnamento, contro le 40 settimane degli altri Cantoni” . E non vi è chi non veda che non si può giustifi­care un’incompatibilità con il diritto federale proprio con una particolarità del sistema ticine­se rispetto ai sistemi vigenti nel resto della Svizzera. Basti pensare che se in Ticino vi fos­sero meno vacanze scolastiche e si seguisse ii calendario valido negli altri Cantoni svizze­ri, le norme sul numero massimo di ore di insegnamento giornaliere non porrebbero alcun problema, così come non lo pongono negli altri Cantoni.

IV. L’ASSERITA INATTUABILITÀ DELL’INIZIATIVA
Questa censura si fonda sull’errato assunto che quella di ricavare dalle ore di storia le ore neces­sarie ad insegnare la civica (onde evitare un aumento delle ore totali e dei relativi costi) sia un’imposizione e non una proposta, quale invece esplicitamente è. Se il testo e chiaro non vi è spa­zio per interpretazione (in claris non fit interpretatio). Qui, come già evidenziato sopra, il testo dell’iniziativa è chiaro ed è solo il Consiglio di Stato che, ancora una volta, ne travisa strumental­mente il contenuto.

Da un profilo generale è poi da considerare che la dottrina è unanime nel riconoscere che la con­dizione dell’inattuabilità può essere ammessa solo con grande cautela e solo nei casi in cui il testo dell’iniziativa contenga condizioni fra loro contraddittorie o che sia formulato in modo incomprensi­bile, rispettivamente che esso risulti altrimenti in contrasto con le regole fondamentali della logica e della natura.

Nella presa di posizione 25 marzo 2015 il Consiglio di Stato, non solo ha ignorato completamente tutti questi criteri e princìpi, ma ha palesemente travisato il senso della frase e del suggerimento, quasi fosse alla ricerca acritica di argomenti per dichiarare irricevibile l’iniziativa e non doversi quindi confrontare con i suoi contenuti di merito.

Resto ovviamente sempre volentieri a disposizione per eventuali domande o chiarimenti.

Cordiali saluti.

Avv. Dr. Pietro Crespi, LL. M.